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PICCOLA, MEDIA E GRANDE IMPRESA

Nel capitalismo esistono molteplici forme di impresa, rispetto sia alla dimensione sia all'organizzazione interna e dunque diversi sistemi di impresa. Chandler sostiene che la grande impresa sia divenuta nel corso del 900 l'elemento portante dei sistemi produttivi americano e tedesco, mentre quello britannico sarebbe rimasto a lungo condizionato da un pregiudizio in favore delle operazioni su scala limitata e della conduzione personale da parte dei proprietari. Quanto alla tendenza alle fusioni e all'integrazione verticale e orizzontale, più evidente in Germania e Stati Uniti, riguardò principalmente settori specifici e modificò solo parzialmente la struttura economica nel suo complesso.

I dati di Hannah sulla consistenza delle prime 100 aziende nei primi due decenni del 900, oltre a mostrare una divergenza non significativa tra le esperienze dei vari paesi occidentali, non permettono di valutare il peso delle varie.

importante per le imprese che operano in settori ad alta specializzazione o che si concentrano su mercati di nicchia.

classi dimensionali. Un indicatore utile in tal senso è la quota occupazionale assorbita da ciascuna impresa; con esso si dimostra come gli occupati delle prime 100 imprese non siano neanche un terzo del totale. In particolare, mentre in Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna la classe più importante è quella della media impresa, in Italia, Francia e Giappone sono le piccole imprese a fare la parte del leone con quote di occupazione superiori al 50% del totale.

Due dati di fatto: la tendenza alla crescita dimensionale delle imprese ed il permanere di diverse forme d'impresa. Del resto, la dimensione dell'impresa può rappresentare un aspetto essenziale della strategia di riduzione dei costi: un'attività che impone economie di scala richiede un'organizzazione della produzione e della vendita in grado di servire un mercato di massa e quindi un'impresa di grandi dimensioni. La piccola o media dimensione è di solito più importante per le imprese che operano in settori ad alta specializzazione o che si concentrano su mercati di nicchia.

Adeguata alla produzione specializzata o di nicchia, che invece richiede di concentrare lo sforzo competitivo in mercati più ristretti. La struttura dimensionale delle imprese dipende anche dalla storia e dalla specificità del contesto istituzionale di ogni singolo paese: la maggiore frammentazione delle imprese in Italia e Giappone si spiega col radicamento dell'industria diffusa e dei distretti nel caso italiano, con la struttura piramidale dei gruppi di imprese nel caso giapponese.

1.2 DUE INDICATORI DI PERFORMANCE: LONGEVITÀ E REDDITIVITÀ

Nell'espressione performance dell'impresa, confluiscono valutazioni di carattere contabile relative all'efficienza nel produrre beni e servizi, che assumono la forma di indici specifici (ROI ROS ROE); valutazioni di carattere patrimoniale relative alla solidità dell'impresa nonché valutazioni di performance finanziarie. Sono queste stime riconducibili al mainstream della microeconomia.

In quanto traggono ispirazione dall'assunzione di fondo di questo approccio, la massimizzazione del profitto. Nella corrente istituzionalista, invece, l'efficacia dell'impresa viene valutata in base alla sua capacità di ridurre i costi di transazione e di minimizzare i conflitti principale/agente, ovvero di posizionarsi efficacemente all'interno del continuum gerarchie-mercati, dotandosi di una struttura organizzativa adeguata alle condizioni del mercato e alla sua specializzazione produttiva. Nell'approccio evolutivo l'enfasi è posta sulla sopravvivenza dell'impresa; infine, nell'indirizzo del management strategico che si riconosce nel paradigma struttura-condotta-performance la performance dipende in primo luogo da condizioni esogene, quali la struttura del settore nel quale l'impresa si trova a operare, e dalla sua capacità di interagire con esso. Non esiste, in definitiva, alcun criterio universale di valutazione.

dello stesso settore) e sostenibilità (che tiene conto degli impatti sociali, ambientali ed economici dell'impresa nel lungo termine). Secondo Cassis, la dimensione dell'impresa è un indicatore di performance in quanto la crescita dimensionale è spesso associata a strategie competitive di successo. Il rendimento, calcolato sulla base degli indici di redditività, può essere un criterio di valutazione ma può essere poco attendibile nel lungo periodo. La sopravvivenza o longevità dell'impresa è un criterio ambiguo, poiché la cessazione di un'azienda può essere vantaggiosa per gli stakeholder, oltre alla mera sopravvivenza dell'impresa stessa. La competitività dell'impresa va valutata soprattutto in relazione alle altre imprese operanti nello stesso settore. Infine, la sostenibilità è un criterio che tiene conto degli impatti sociali, ambientali ed economici dell'impresa nel lungo termine. In conclusione, la valutazione della performance di un'impresa dipende da diversi fattori, tra cui la dimensione, il rendimento, la sopravvivenza, la competitività e la sostenibilità.nello stesso settore) e reputazione (serie di valutazioni di carattere qualitativo, ad es. l'impatto ambientale). Pochi sono quindi gli studi sulla performance, ad oggi basati solo su aziende di grandi dimensioni e considerati i due soli indicatori attendibili per il lungo periodo: sopravvivenza e profittabilità. Lo spunto è venuto ancora una volta da Chandler, che in "Scale and scope", nel confrontare la dinamica delle 200 maggiori imprese di Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna, sostiene che la grande industriale moderna abbia continuato a dominare per tutto il 900 i settori ad alta intensità di capitale ed osserva che mentre negli Stati Uniti e in Germania vi è stato scarso ricambio tra le prime 200, in Gran Bretagna il ricambio è stato maggiore. A suo parere, i migliori indicatori per valutare il successo di un'impresa sono la sua longevità e la sua permanenza ai vertici del sistema economico, del quale sono gli agenti di.

Sviluppo fondamentali. Lo studio di Chandler è stato oggetto di approfondimenti in merito alla fondatezza dell'ipotesi della permanenza in cima al ranking dimensionale di un ristretto gruppo di grandi imprese negli Stati Uniti, e alla supremazia delle imprese statunitensi e tedesche su quelle britanniche. Quanto al primo punto, uno studio recente effettuato sullo stesso campione di Chandler, le 200 maggiori imprese americane, ha mostrato che ciò che caratterizza maggiormente il campione nella lunga durata è la turbolenza piuttosto che la continuità: il cambiamento appare l'elemento dominante della grande impresa americana e la ragione di ciò va individuata nell'azione dei regimi tecnologici. Nemmeno l'ipotesi dell'inferiorità delle imprese britanniche rispetto a quelle di Stati Uniti e Germania sembra tenere (l'indagine condotta da Hannah mostra un tasso di sopravvivenza per il periodo 1912-95 molto più marcato.

per le imprese britanniche comprese tra le prime 100 che per quelle degli altri due paesi). Il confronto della redditività delle imprese a livello comparato è stato ancora più problematico. Lo storico d'impresa si trova di fronte alla difficoltà di ricostruire serie omogenee comparabili tra i diversi paesi, dato che la determinazione dei profitti delle imprese è soggetta a consuetudini e normative spesso molto diverse. Inoltre, lo storico può quasi sempre esercitare una scelta molto limitata, dato che è molto raro rinvenire nelle raccolte di documenti contabili voci di bilancio disaggregate con criteri omogenei per lunghi periodi: così mentre le informazioni sul capitale sono quasi sempre riportate, quelle sugli investimenti non lo sono quasi mai, nonostante siano fondamentali per determinare le strategie industriali delle imprese e per effettuare confronti intersettoriali e internazionali, mediante l'impiego del ROI. Per questomotivo le ricerche fino adora effettuate hanno usato il ROE, cioè un indice di redditività del capitale più generico che risulta molto sensibile alle strategie fiscali e alla politica dei dividendi nei confronti degli azionisti, poco dinamico in quanto stabilizzato a valori predeterminati. Non si deve trascurare il fatto che i profitti denunciati siano spesso ben diversi da quelli reali: quella che è stata definita "finanza creativa". Tuttavia, questo tipo di analisi rimane fondamentale per spiegare l'evoluzione e la dinamica di lungo periodo delle economie, anche se la ridotta evidenza empirica finora prodotta dalla storiografia è stata stimolata dai propositi di verificare alcune delle ipotesi di Chandler, con risultati in definitiva contrastanti. 2. L'IMPRESA FAMIGLIARE L'impresa famigliare non ha attratto l'attenzione di una specifica letteratura economica o manageriale, considerata solo come il primo stadio del ciclo di

vita delle imprese e caratterizzata da: dimensione ridotta e lento tasso di crescita (conseguenza di una scarsa politica di investimenti), ricorso precipuo all'autofinanziamento; scarsa propensione alle fusioni o ai takeovers; precipuo affidamento sui componenti della famiglia, con il conseguente mantenimento di strutture organizzative arretrate. Visione, questa, condivisa dalla scuola chandleriana.

In realtà, recenti approfondimenti hanno dimostrato come questa impresa sembra adattarsi meglio a condizioni di elevata incertezza, limitando i costi di transazione e i rischi connessi alla sostituzione della leadership. Tendono ad affermarsi nei settori con ridotte economie di scala, competenze artigianali e forme organizzative semplici.

Le esperienze di diversi paesi europei (dove l'impresa famigliare mantiene ancora una discreta vitalità) dimostrano altresì che le caratteristiche tradizionali del capitalismo famigliare non di rado si mischiano con successo ad

Aspetti moderni del mercato dei capitali come l'internazionalizzazione (non solo in Europa, ma anche in Corea del Sud, Taiwan, Cile e negli Stati Uniti). Di fronte a questi dati, la discussione sul ruolo delle imprese famigliari nella crescita non è affatto conclusa, ma appare superata l'idea che quest'impresa si debba considerare un'organizzazione economica alternativa all'impresa manageriale; piuttosto, l'impresa famigliare va considerata come una fra le molte forme d'impresa che si pongono nel continuum williamsoniano di gerarchie e mercati.

3. LA GRANDE IMPRESA MANAGERIALE

Sia negli Stati Uniti che in Europa all'origine della grande impresa moderna vi è stata la costruzione delle infrastrutture, canali e reti ferroviarie. In particolare, la costruzione di queste ultime, comportando l'impiego di enormi quantità di ferro, acciaio, cemento e legno, stimolò lo sviluppo delle attività industriali a monte;

o luogo, le ferrovie hanno avuto un impatto significativo sull'urbanizzazione, consentendo la creazione di nuove città e lo sviluppo di quelle esistenti. Inoltre, hanno contribuito alla diffusione della cultura e dell'istruzione, permettendo alle persone di viaggiare più facilmente e di accedere a nuove opportunità. Le ferrovie hanno anche avuto un ruolo importante nello sviluppo dell'industria e dell'economia. Hanno favorito la nascita di nuove industrie, come quelle legate alla produzione di locomotive e vagoni, e hanno facilitato il trasporto di materie prime e prodotti finiti. In conclusione, le ferrovie hanno avuto un impatto profondo sulla società e sull'economia, trasformando il modo in cui le persone si spostano, lavorano e vivono.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
68 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vale1801 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia d'impresa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Siena o del prof Piluso Giandomenico.