vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
DESIGN
Il modello in questione prescinde dalla struttura e dalle unità organizzative esistenti nell’impresa e propone una ricostruzione
dell’organizzazione proprio partendo dalle attività di base (ATTIVITÀ ELEMENTARI = insieme di compiti omogenei tecnicamente non
separabili): selezioni le attività di base, le confronti e decido quali aggregare e quali no. —> approccio bottom-up. Di solito non viene
applicato all’azienda intera.
Segue logiche esclusivamente economiche —> CRITERIO GUIDA:
- massimizzare economie di scala, di scopo, di specializzazione
- ridurre costi di controllo delle attività
ATTENZIONE: ZBR fa solo differenziazione orizzontale, con l’obiettivo di aggregare attività al primo livello. Non dice nulla sulla DV o
sulla necessità di coordinamento.
FASI DELLO ZBR
1. COSTRUZIONE DELLA MATRICE DELLE ATTIVITÀ —> MATRICE QUADRATA Aj * Ai, prendiamo in considerazioni le attività su
cui dobbiamo ragionare.
/ A1 A2 A3 A4 A5
A1 /
A2 /
A3 /
A4 /
A5 /
Si compila solo la parte sopra la diagonale. Lungo la diagonale vediamo in seguito cosa possiamo scrivere.
Verrà utilizzata sia come matrice delle interdipendenze che come matrice delle affinità.
2. ANALISI DELLE INTERDIPENDENZE, cioè delle relazioni di scambio di beni e informazioni tra le attività aziendali.
Le diverse tipologie di interdipendenze sono:
0 = INTERDIPENDENZE GENERICHE: le due attività in analisi non scambiano in modo diretto beni o informazioni, ma esiste un
legame solo perché entrambe fanno parte dello stesso sistema organizzativo.
S (1-2) INTERDIPENDENZE SEQUENZIALI, cioè l’output di A1 è input di A2 (esempio pre-montaggio e montaggio).
1 è in STOCK: tra A1 e A2 c’è un magazzino
2 è JUST IN TIME: A2 non può iniziare il suo lavoro se A1 non ha finito (non c’è un magazzino)
R (3-4) INTERDIPENDENZE RECIPROCHE, cioè l’output di A1 è input di A2 e l’output di A2 è input di A1 in una relazione circolate.
Tale relazione, però, non dice il numero di scambi che devono essere fatti tra le due attività prima di giungere all’output finale.
Ad esempio l’attività progettazione progetta Alfa, il quale viene prodotto dall’attività produzione; quest’ultima si accorge che il prodotto
ha dei problemi e viene chiesto alla progettazione di riprogettare; l’attività di progettazione riprogetta Alfa,…
3 è DELAYED (tra ogni passaggio vi è un magazzino
4 è JUST IN TIME
Compiliamo la matrice delle interdipendenze: inserisci 0,1,2,3,4 a seconda della relazione che vi è tra le attività. Se invece non ti
vengono date informazioni sull’esistenza o meno dei magazzini scrivi S(1-2) oppure R(3-4) a seconda della relazione che vi è tra le
attività.
3. 1° REGOLA DI PROGETTAZIONE: aggrego nella stessa unità organizzativa le attività più intensamente interdipendenti. Viene a
formarsi così l’organigramma delle interdipendenze. Se non ci sono legami di interdipendenza l’attività non va proprio inserita
nell’organigramma.
La regola generale che governa al relazione tra interdipendenza e fabbisogno di coordinamento è che la crescita dell’intensità e della
forza che lega due attività deve trovare una corrispondente risposta nell’investimento in coordinamento.
- Meccanismi di coordinamento deboli (programmazione, regole, standardizzazione,…) di fronte ad interdipendenze intense
(RECIPROCHE) —> riduzione della capacità di generare valore dell’organizzazione.
- Meccanismi di coordinamento forti (team, organi di integrazione,…) di fronte ad interdipendenze deboli (SEQUENZIALI o
GENERICHE) rappresentano un errore molto comune di progettazione organizzativa —> eccessivi costi di funzionamento (inutili).
Legge economica dietro questo principio: RIDURRE I COSTI DI COORDINAMENTO —> aumento e miglioro il controllo.
Può essere che tra due attività che abbiamo collocato in due diverse unità organizzativa ci sia un qualche legame debole. Questa
relazione debole la indichiamo come RESIDUA e la scriviamo in calce all’organigramma.
4. ANALISI DELLE AFFINITÀ:
Le AFFINITÀ TECNICHE possono essere
- DI COMPETENZA: insieme delle conoscenze, competenze necessarie per svolgere l’attività, anche con riferimento alla conoscenza
degli strumenti impiegati.
- DI ORIENTAMENTO: insieme degli atteggiamenti e dei comportamenti necessari per svolgere quell’attività.
Compiliamo la MATRICE DELLE AFFINITÀ: se vi è AFFINITÀ TECNICA tra due attività la indichiamo scrivendo 1 altrimenti 0 —> creo
un’altra tabella delle attività e la compilo.
Legge economica dietro questo principio: RIDURRE I COSTI DI PRODUZIONE, aumentando la specializzazione all’interno delle
unità.
Per ogni coppia di attività al posto di scrivere 1 o 0; è poi possibile calcolare per essere più precisi
INDICE DI SIMILARITÀ = N° DI COMPETENZE COMUNI / N° DI COMPETENZE RICHIESTE NELL’ATTIVITÀ CHE NE PRESENTA
DI PIÙ
5. 2° REGOLA DI PROGETTAZIONE:
Aggrego nella stessa unità organizzativa le attività tecnicamente affini. Lo scopo è quello di ridurre i costi di produzione, (minima
differenziazione). Viene a formarsi così l’organigramma delle affinità. Se non ci sono legami di affinità l’attività non va proprio
inserita nell’organigramma.
In questo caso NON ESISTONO RESIDUI.
FINE FASE DI PROGETTAZIONE - INIZIO FASE DI CONTROLLO
CASO 1 - ORGANIGRAMMA DELLE INTERDIPENDENZE = ORGANIGRAMMA DELLE AFFINITÀ
L’esercizio finisce qui
CASO 2 - ORGANIGRAMMA DELLE INTERDIPENDENZE ≠ ORGANIGRAMMA DELLE AFFINITÀ
Se i due organigrammi risultano essere differenti è necessario individuare i trade-off, cioè le attività aggregate in modo diverso nei due
organigrammi e attuare le FASI DI CONTROLLO per ciascuno di essi .
I controlli avvengono:
A) ANALIZZANDO I TRADE-OFF NEL CASO IN CUI CI SONO INFORMAZIONI SULLA STRATEGIA DELL’AZIENDA:
- STRATEGIA DI COSTO —> si sceglie l’organigramma delle affinità
- STRATEGIA DI PREZZO —> si sceglie l’organigramma delle interdipendenze.
B) TENENDO CONTO DELLE INCERTEZZE E DELL’INCERTEZZA CRITICA (IK)
Creo una scala di incertezza (SCALA DI LICKERT) e per ogni attività ragiono su tre punti:
- numero di eccezioni per svolgere l’attività (numero di procedure fuori dagli schemi standard, scala da 1 a 7)
- difficoltà di misurazione dell’output (scala da 1 a 7)
- tempo di feedback (cioè quanto tempo passa prima che io possa vedere realizzato l’output, scala da 1 a 7)
Trascrivo le informazioni ottenute per ogni attività sul grado di incertezza (un valore che va da 3 a 21) all’interno della diagonale di una
delle due matrici e aggrego le attività che presentano incertezza omogenea all’interno dell’organigramma. In pratica metto insieme
tutte quelle a bassa incertezza (7), poi insieme quella e media incertezza (15) e poi insieme quelle ad alta (vicino a 21).
Nel caso di incertezza critica (IK) (incertezza elevata che influenza in modo negativo tutte le altre attività) aggrego le attività in modo
da renderla più visibile. Cioè separo l’attività che presenta incertezza critica o l’aggrego ad un numero minimo di attività.
C) CONTROLLANDO LA PRESENZA O MENO DI CONFLITTI D’INTERESSE
Preferisco l’organigramma in cui le attività nell’unità organizzativa non sono in conflitto d’interesse (esempio produzione e controllo
qualità in cui controllore e controllato sono insieme).
D) CONTROLLANDO IL DIMENSIONAMENTO DELL’UNITÀ ORGANIZZATIVA: se l’organigramma presenta unità organizzative
sovradimensionate non deve essere scelto poiché andrebbe ad aumentare i costi di controllo; se l’organigramma presenta unità
sottodimensionate (ad esempio con una sola attività) non deve essere scelto in quanto potrebbe aumentare i costi di struttura e di
coordinamento. Bisogna quindi scegliere l’organigramma con unità dimensionalmente bilanciate.
E) Infine, se io ho un’attività che non è interdipendente o affine con nessun’altra (cioè un’attività che non è proprio presente
nell’organigramma), posso inserirla in qualsiasi unità organizzativa poiché in ogni caso non mi aumenteranno i costi (né di struttura né
di coordinamento) -> CRITERIO DI AGGREGAZIONE LIBERO.
LIMITI DEL MODELLO ZBR
1) Lo ZBR non si preoccupa del coordinamento tra le unità organizzative, cioè non ci da degli strumenti per gestire le relazioni
residue. Queste sono comunque scambi che avvengono tra le unità e anzi, più sono numerose tanto più elevato sarà il fabbisogno di
coordinamento e di integrazione (come abbiamo visto sopra) —> SOLUZIONE DATA DAL MODELLO COMPARATIVO (vedi di
seguito).
2) Lo ZBR effettua la progettazione solo sulla base dei costi di coordinamento e di produzione. Non considera, invece, altri costi come
quelli di cambiamento o innovazione.
3) Lo ZBR lavora solo sul primo livello: non ci dà informazioni sull’articolazione verticale dell’organigramma (non si possono disegnare
le sotto-unità).
MODELLO COMPARATIVO
Riassumendo brevemente:
PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA INTERNA:
1) MODELLO CONTINGENTE: cornice entro cui progettiamo
2) ZBR: bottom-up, dalle attività all’organigramma, attraverso l’analisi delle interdipendenze e delle affinità.
3) MODELLO COMPARATIVO: top-down, dall’organigramma iniziale per arrivare ad un altro organigramma ≠.
La quinta dimensione organizzativa: criterio di specializzazione delle unità di primo livello.
FASI:
1. DESCRIZIONE DEGLI ARCHETIPI STRUTTURALI
Ci muoveremo tra la STRUTTURA FUNZIONALE e quella DIVISIONALE.
2. CRITERI DI SCELTA:
Dopo essere venuti a conoscenza di tutte le opzioni di scelta devo usare dei criteri che mi porteranno o verso una struttura funzionale
o verso una divisionale.
- DI BASE
Scelgo la STRUTTURA FUNZIONALE se:
• voglio sfruttare ECONOMIE DI SCALA
Scelgo la STRUTTURA DIVISIONALE se:
• varietà + numerosità dei PDT e MKT,
• dimensione dell’azienda,
• dinamicità del mercato.
- STRATEGICI
Scelgo la STRUTTURA FUNZIONALE se:
• mi concentro su innovazioni di processo, radicali —> ho bisogno di specializzazione elevata;
Scelgo la STRUTTURA DIVISIONALE se:
• mi concentro s