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GIAN LORENZO BERNINI
"Pochi dati sono necessari per delineare la biografia del massimo genio del barocco italiano. Bernini nacque a Napoli il 7 dicembre 1598, figlio di madre napoletana e padre fiorentino. Abbiamo visto che suo padre, Pietro, fu uno scultore di talento superiore alla media e che si trasferì a Roma con la sua famiglia intorno al 1605. Fino alla sua morte, settantacinque anni dopo, Gianlorenzo lasciò la città solo una volta per un periodo un po' lungo, quando nel 1665, al culmine della fama, fu chiamato da Luigi XIV a Parigi. Con brevi interruzioni, la sua carriera lo portò di successo in successo e per più di cinquant'anni, volenti o nolenti, gli artisti romani dovettero inchinarsi alla sua superiorità. Solo Michelangelo, prima di lui, fu tenuto in tale considerazione dai papi, dai grandi e dagli artisti del suo tempo. Come Michelangelo egli considerava la scultura la sua vocazione e fu, allo stesso tempo, architetto."
Pittore e poeta, come Michelangelo era un artigiano nato e il marmo fu il suo vero elemento; come Michelangelo era capace di una concentrazione e una sincerità quasi sovrumana nell'adempiere un dato compito. Ma a differenza del terribile e solitario gigante del XVI secolo, egli fu un uomo di grande fascino, un parlatore brillante e spiritoso, socievole, aristocratico nel comportamento, buon marito e buon padre, un organizzatore di prim'ordine, dotato di un talento straordinario per creare rapidamente e con facilità. L'attività di suo padre nella cappella di Paolo V in Santa Maria Maggiore fissò l'inizio della sua carriera. Fu così che l'attenzione del papa e del cardinale Scipione Borghese fu attratta verso il giovane prodigio e il ragazzo diciannovenne entrò nell'orbita del più prodigo patrono del periodo. Fino al 1624 egli rimase al servizio del cardinale creando, con brevi interruzioni, le statue e i gruppi che
Sono tuttora alla Villa Borghese. Dopo l'ascesa di Urbano VIII al trono papale, la sua posizione preminente nella vita artistica di Roma fu assicurata. Ben presto le imprese più importanti furono concentrate nelle sue mani e dal 1624 alla fine dei suoi giorni fu quasi esclusivamente occupato in opere religiose. Nel febbraio 1629, dopo la morte del Maderno, egli fu nominato "architetto di San Pietro" e, benché la sua attività in quella chiesa fosse incominciata già fin dal 1624 con la commissione del Baldacchino, la parte maggiore della sua collaborazione scultorea, decorativa e architettonica sta fra il 1630 e la morte. Al principio degli anni venti egli fu uno dei più ricercati scultori di ritratti, ma con l'aumento di incarichi monumentali su una scala senza precedenti, gli rimase sempre meno tempo per distrazioni di questo genere. Alla fine degli anni venti e negli anni trenta egli dovette assumere degli assistenti.
Queste commissioni secondarie e degli ultimi trentacinque anni della sua vita esiste solo una mezzadozzina di ritratti a mezzo busto fatti di sua mano. Le opere più vaste - tombe, statue, cappelle, chiese, fontane, monumenti e Piazza San Pietro - sono tutte comprese nei tre pontificati di Urbano VIII, Innocenzo X e Alessandro VII. Nonostante egli fosse attivo proprio fino alla fine, solo durante gli ultimi anni le commissioni diminuirono. Per quanto se ne può sapere, ciò fu dovuto alla generale scarsità di attività artistica piuttosto che a un declino delle sue capacità creative in età avanzata. La sua opera pittorica è contenuta soprattutto negli anni venti; più tardi egli difficilmente toccò un pennello e preferì valersi di pittori professionisti per esprimere le sue idee. La maggior parte dei suoi più importanti progetti architettonici, d'altra parte, appartiene agli ultimi anni della sua vita, particolarmenteAl periodo del pontificato di Alessandro VII" (Wittkower 1993 [1958]).
Pietro Bernini, Madonna con bambino e San Giovannino, 1596-98, Napoli, Certosa di San Martino + Pietro e Gianlorenzo Bernini, Satiro che scherza con due putti (Fauno molestato da putti). 1615 ca. New York, The Metropolitan Museum
La ricostruzione degli inizi di Bernini junior all'ombra del senior è quindi sostanzialmente il frutto di ricerche condotte solo negli ultimi cinquant'anni, a partire da una geniale acquisizione di Federico Zeri, che riconobbe in quattro statue da giardino già credute ottocentesche un'opera di collaborazione tra padre e figlio. Non è facile raggiungere un accordo in merito al ruolo giocato da Gian Lorenzo in opere in gran parte riconducibili al pensiero e alla mano del padre, ed altrettanto difficile è ricostruire la seriazione cronologica di queste, compresa però in un lasso di tempo circoscrivibile con una certa precisione tra il
1615 ed il 1618 [...] primadella fine del secondo decennio del secolo, Bernini junior era già riuscito ad emanciparsicompletamente dall'influenza del padre.Il pezzo senz'altro più spettacolare tra quelli uscitidalla bottega Bernini che sembrano recare traccia dell'intervento tanto del padre quanto delfiglio è il gruppo del Fauno molestato da putti, oggi al Metropolitan Museum di New York, dariferirsi proprio al 1615 circa" (Bacchi in Bernini 2017)➔ dell'epidermide(gradina a vista)che ci fa credere nell'intervento del figlioparticolarità❖ Gianlorenzo Bernini, La capra Amaltea. ante 1615. Roma, Galleria Borghese.➢ "È un tema difficile, appartenente in realtà al dominio della pittura, ad essere quitrasposto nel campo della scultura: il tema dei cinque sensi. Qui, nel difficile mediumdella scultura, si allude nientemeno che a quattro di essi: alla vista negli sguardi e nelleocchiate che si scambiano"
Le figure; al tatto nel motivo della mungitura; all'udito che viene evocato soprattutto attraverso la bocca aperta della capra e la campanella; al gusto, che viene trasmesso con grande chiarezza nel gesto di bere il latte" (R.Preimesberger in Bernini scultore 1998)
"In casa Borghese il 18 agosto 1615 venne pagato il basamento ligneo "per mettere sopra capretta et baco". Il piccolo gruppo marmoreo sarebbe stato meglio descritto nell'inventario della collezione del 1650 ("la capra Amalthea con Giove bambino e con un satiretto che beve senza però che si facesse menzione dell'autore. Taciuta dal latte dentro una tazza") Domenico Bernini e Filippo Baldinucci, biografi di Gian Lorenzo, l'opera era stata attribuita al grande scultore già dal pittore tedesco Joachim von Sandrart, che fu a Roma nel 1629. Nonostante ciò il gruppo, sebbene da sempre conservato nella Galleria Borghese, accanto al nucleo più celebre di
Capolavori berniniani, è stato scambiato per un marmo antico fino al 1926, quando Roberto Longhi portò all'attenzione degli studiosi il passo del Sandrart. La capra Amaltea costituisce l'esordio di uno scultore che si era formato accanto a un esperto restauratore di marmi antichi quale era Pietro Bernini e dimostra "fino a qual punto il giovane Bernini abbia potuto addentrarsi nei segreti dell'antico [...]. Ora è un trattare più grezzo e raspato che dà al vello caprino il sudicio, l'incatricchiato, il compatto; ora una zannatura maggiore che dà alle membra infantili questa carnosa lustra sodezza, incisa di cercini precisi; se n'accerti-finché, in una furia di politura, il latte nella ciotola del satiretto -ognuno è denso, cagliato e bianco" (Roberto Longhi). Oltre che per la resa straordinaria degli effetti epidermici, La capra Amaltea si impone anche per la capacità del giovanissimo
Artista di orchestrare un quello dell'infanzia di Giove, episodio mitologico preciso, in un gruppo dalle dimensioni assai ridotte. La zampa della capra che fuoriesce dalla base è già un sintomo inequivocabile del carattere prorompente del giovane scultore, che alla sua prima prova completamente autonoma non tradisce per nulla la timidezza dell'esordiente. È possibile che l'opera sia stata offerta da Pietro al cardinale Scipione come saggio delle straordinarie potenzialità del figlio: nei puntuali registri di casa Borghese non è stato infatti individuato nessun pagamento relativo a questo gruppo" (Pierguidi in Bacchi-Pierguidi 2008)
Gianlorenzo Bernini, San Sebastiano, 1617. Madrid, collezione Thyssen-Bornemisza.
"Il San Sebastiano occupa un posto di centrale importanza nell'opera giovanile di Bernini e viene concordemente collocato subito dopo il San Lorenzo [coll. Contini Bonacossi agli Uffizi] e prima dell'Enea e Anchise.
Sebastiano siede su uno stretto masso ed è appoggiato ad un tronco d'albero che si erge dietro di lui. La testa è reclinata all'indietro, le palpebre sono serrate, la bocca socchiusa. Il braccio destro è poggiato su un ramo spezzato sporgente dilato, e sembra quasi casualmente legato ad esso con un drappo. È questo braccio che garantisce un sostegno al corpo, dal quale la vita sembra dileguarsi e che minaccia di scivolare giù dalla roccia. Il braccio sinistro pende abbandonato e poggia sulla coscia con la mano aperta; la gamba destra cade all'indietro priva di forze, mentre la sinistra è portata in avanti e sembra ancora sostenere il corpo. Motivi che esprimono rispettivamente sostegno e gravità sono mirabilmente intrecciati gli uni con gli altri, facendo così percepire la labilità dell'equilibrio e il carattere transitorio del momento e suscitando in chi osserva il timore che la figura stia per scivolare.
giù dal masso da un istante all'altro" (S. Schütze in Bernini scultore 1998) -> momenti transitori tipici di Bernini, Ut poesis sculptura "La scelta di un tema tratto da Virgilio, il più grande poeta dell'antichità classica, la cui poesia era stata paragonata alla pittura, la particolare difficoltà di riuscire a rendere nel medium riluttante di un blocco di marmo, adatto alla rappresentazione della simultaneità, la descrizione poetica della fuga da Troia, che è invece articolata in più episodi successivi, indica che il committente o i committenti avevano in mente un paragone fra la scultura moderna e la poesia antica, un "ut poesis sculptura". Il proposito di stabilire un paragone diverrà ancora più chiaro poco più tardi, quando con la commissione dello spettacolare gruppo di Apollo e Dafne verrà richiesto a Bernini di mettersi in competizione con Ovidio e di affrontare, nelmediumsimultaneo della scultura, un tema essenzialmente e dimostrativamente poetico, cioè articolato in momenti successivi, che comprendono mutamenti del luogo, degli affetti e addirittura della co