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NAPOLI
Ancora più controversa e difficile fu la storia del giornalismo del Sud d’Italia, con un malcontento
particolarmente diffuso soprattutto nelle campagne. Furono anni di grandi crisi che alimentarono
processi municipalisti, separatisti. Vedono la convergenza tra sentimenti filoborbonici, condivisa dai
settori della piccola borghesia e protesta temporalista che voleva il ritorno del papa a Roma. Questi
giornali sono altamente sostenuti dagli aristocratici legati ai Borboni che vogliono il loro ritorno. I
grandi intellettuali di Napoli come Bonghi, De Santis, Spaventa non si trovano a Napoli in questi anni
bensì a Roma. Napoli viene abbandonata a se stessa. La stampa che comprare sarà ‘Il Piccolo’ o e
‘Roma’ 1874 e che forgeranno il modello della stampa quotidiana romana recuperata poi dal Mattino.
Il giornalismo napoletano perde le sue ideologiche colonne portanti e l’intelligentia.
IL Piccolo nato nel 1868 fino al 1888, quasi interamente redatto da Rocco De Zerbi, (divenne poi nel
1874 deputato della Destra storica); si caratterizzò per uno stile molto brillante,polemico,
vivace,colorito. Si caratterizzò per una deteriore napoletalismo, aveva una venatura particolarmente
locale e dal punto di vista politico un esempio di conformismo politico. Esasperato colonialismo e
antiparlamentarismo (fattore di politica interna ed estera che si legavano in una tipica caratteristica
fisionomica e politica tipica di Napoli durante il 1800). È considerato un giornale molto sensibile agli
umori della piccola-media borghesia di Napoli e condividendone i valori.
Roma fondato nell’agosto del 1862, da Pietro Sterbini. Era un giornale di ispirazione garibaldina e
iniziò successivamente a sentire le accese posizioni politiche locali di Napoli e delle rivalità cittadine
(legate anche alla Camorra), da qui i toni molto accesi del giornale. Generico populismo, fiammate
demagogiche, la retorica. Il giornale fece molto successo a Napoli, tirava 10 mila copie ed era diffuso
tra la piccola borghesia napoletana. I suoi punti di forza erano la cronaca locale e l’appendice
letteraria (molto diversi dai giornali come ‘Il Secolo’ che era aperto verso la nazione e tutta l’Europa).
Il Roma era un giornale molto locale, infatti la cronaca riguardava solo la cronaca napoletana, le
appendici letterarie proponevano principalmente i romanzi napoletani.
PALERMO
La stampa palermitana si pose su posizioni di forte critica rispetto al governo centrale e anche di
opposizione autonomistica della Sicilia (che continueranno fino al dopoguerra). Il timore che la Sicilia
potesse fare da sé, infatti, era ben viva nel governo centrale. L’unico personaggio con radici nella
cultura siciliana ad essere un uomo politico nazionale era Francesco Crispi. Era molto forte in Sicilia
(come a Napoli), la stampa legata all’aristocrazia agraria. Moltissimi giornali erano finanziati da questi
ceti conservatori. Il governo centrale si pose il problema di creare un giornale che rappresentasse il
governo centrale e pose gli occhi sul giornale più importante di Palermo: il ‘Giornale di Sicilia’, che
iniziò ad essere finanziato dal governo centrale. Era stato fondato da Girolamo Ardizzone nel 1860,
inizialmente schierato a favore del partito Crispino, cambiò verso nel 1866 (quando ci fu la
sollevazione palermitana), in quell’anno il governo decise di comprare il giornale Edoardo, deputato
toscano. Da quel momento in poi il Giornale di Sicilia divenne un fedele sostenitore di tutti i governi
che si susseguirono in Italia. In questo modo il governo centrale riuscì a un organo di opinione che
mise in contatto la Sicilia con il potere centrale.
CONTROLLO DELLA LIBERTÀ DI STAMPA
La Destra inizialmente partì con posizioni liberali nei confronti liberali, posizioni che rispecchiavano
l’idea di Cavour. Quest’ultimo riteneva che l’arma da usare per pressare la stampa fosse da usare con
cautela e parsimonia. Era un’arma da abbandonare non appena si trasformasse in un effettivo
controllo a discapito della libertà di stampa. La Destra e la Sinistra storica erano preoccupate che
avvenisse un disfacimento della Naizone e iniziarono a svolgere un controllo sulla stampa. La stampa
periferica fu facilmente distorta, la stampa provinciale era anche la stampa più vulnerabile e povera di
mezzi, mercato, risorse che si poteva prestare alle pressioni governative. In questi anni post-unitari la
stampa provinciale finì per adagiarsi su modelli standard, facendo prevalere istanze municipaliste.
Erano giornali che si limitavano alle 4 facciate. Questi giornali utilizzavano le notizie distribuite
dall'agenzia Stefani, priva di alcun tipo di rielaborazione. La pubblicità era pressoché assente e
paradossalmente i giornali provinciali per essere stampati necessitano di almeno una decina di operai
(poiché non potevano permettersi una rotatoria). I costi di produzione erano fissi ed è per questo che
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il loro prezzo non poteva essere basso. Questi giornali erano distribuiti agli abbonati e solo tra i
notabili locali. I giornali per sostenersi erano venduti ad un prezzo ma pur di diffondersi c’era una
riduzione del prezzo e il ricavato non contribuiva molto ai bilanci. In questa situazione fu
fondamentale il ruolo dei prefetti, che assicurava il controllo dei territori per mano del governo
centrale. I prefetti controllavano la stampa locale ed erano in grado di riservarsi ampi margini di
intervento attraverso due strumenti:
1. La censura repressiva, un giornale che sgarrava veniva messo di fronte ad un processo.
2. Finanziare in modi diversi un giornale o più che potesse assicurare nel territorio un fervore nei
confronti del governo centrale. Il Ministero dell’interno cercava di attingere a fondi neri per
finanziare la stampa (non erano grandi fondi). Il finanziamento indiretto avveniva attraverso
la somministrazione degli sconti sulla carte, sul costo delle spedizioni postali o sul telegrafo.
L’appalto della pubblicazione di annunci ufficiali, legali, delle amministrazioni pubbliche. Il
prefetto di una zona raccoglieva informazioni sulla stampa del territorio, poneva sotto la sua
protezione un giornale che era vicino alla linea governativa, e faceva in modo che diventasse il
giornale del governo centrale e che venissero pubblicati gli atti ufficiali. Il governo pagava per
la pubblicazione di atti ufficiali, solo su quel giornale si potevano leggere gli atti ufficiali.
Questi giornali molto spesso venivano presi in abbonamento solo perché possedevano al loro
interno gli atti ufficiali.
A volte esistevano dei giornalisti vicini al governo oppure ad un particolare gruppo do esponente
politico. Ciò si affermò molto gradualmente nei primi anni postunitari e l’attenzione del governo si
concentrò solo sulla stampa provinciale. Il lato positivo era la costruzione di uno Stato unitario: prassi
di mediazione tra il governo centrale e l’articolazione della vita politica della Penisola.
Questi metodi vennero condannati sistematicamente dai giornali dell’opposizione, da una parte vi
erano i cattolici dall’altra i repubblicani proto socialisti.
LA STAMPA CATTOLICA
Anche negli anni della Destra storica ci fu una stampa di questi due gruppi di opposizione. Il
panorama della stampa cattolica è estremamente articolato e complesso: avvenne che gradualmente i
giornali cattolici nacquero soprattutto in provincia, legati al territorio locale (Prassi della Chiesa di
servirsi della rete territoriale fittissima delle Parrocchie). Era infatti molto più diffusa nelle zone
provinciali piuttosto che nelle città. È più fitta la rete della stampa cattolica al nord piuttosto che al
Sud. Si può individuare una divisione: giornali intransigenti e giornali transigenti che costituivano la
grande divisione tra i cattolici successivamente all’unità. I giornali intransigenti erano contrari alla
coesistenza dello Stato e della Chiesa sullo stesso territorio, erano contrari alla partecipazione alla vita
del Paese dei cattolici. Condannavano lo Stato Unitario attraverso una forte opposizione, sperando nel
suo sfaldamento.
I giornali transigenti accettavano l'ordine costituito ed erano favorevoli ad una cooperazione con lo
Stato Unitario. Erano rarissimi i casi di stampa cattolica transigente, l’aumento del numero di questi
giornali fino a raggiungere la prevalenza avvenne solo durante l’era giolittiana.
La stampa intransigente era l’unica stampa che si radicava nei centri urbani ed ebbe i suoi principali
centri a Torino, con L’Armonia e a Milano ‘l’Osservatore Cattolico’ 1864 fondato da un prete Don
Enrico Massara, venne guidato 5 anni dopo da Davide Albertario, fino alla sua chiusura alla fine del
secolo quando quest’ultimo finì in galera (era un giornale cattolico nazionale intransigente, ambiva a
coprire tutto il territorio nazionale e non solo un giornale Milanese). Fu un punto di riferimento per
tutti i giornali cattolici che nacquero successivamente. Anche ‘La Civiltà cattolica’ (giornale dei
gesuiti). Questi tre giornali guidarono un’opposizione durissima contro il governo centrale e allo stato
post-unitario. Associazione nata nel 1865 ‘Associazione nazionale Per La Difesa Della Chiesa’ che
diede forte impulso alla stampa cattolica attraversò una grande coordinazione. Grazie ad essa i
giornali cattolici nel Regno si moltiplicarono. Nel 1860 c’erano 7 giornali cattolici in italia, nel 1864 i
giornali quotidiani cattolici erano già saliti alla quota di 18. Fino all’inizio degli anni 80 i giornali
transigenti tacciono, e ciò cambia a partire dal 1879 quando nasce a Firenze un’importantissima
rivista politico-culturale ‘La Rassegna Naizonale’ il suo slogan era ‘Siamo cattolici ed italiani’, uno
slogan dei cattolici transigenti. Questa rivista fece un enorme lavoro graduale, imponendosi poi negli
anni 80-90 come la voce più autorevole ed elevata del cosiddetto Cattolicesimo moderato, attenta non
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solo ad un confronto ma anche ad un dibattito sui temi filosofici e religiosi. Questa rivista fu tra le
riviste cattoliche uno dei pochi esempi di apertura dello sviluppo alle poche correnti del pensiero
italiano ed europeo contemporaneo, che gradualmente si guadagnerà una posizione di grande
prestigio raggiungendo il culmine tra il 1898 e il 1908 quando questa rivista si aprì al movimento del
modernismo.
LA STAMPA DELLA SINISTRA DEMOCRATICO-REPUBBLICANA
Dal 1860 andò aumentando il divario tra la sinistra costituzionale (Depretis, Crispi) che aveva
accettato la monarchia e la Sinistra democratico repubblicana (che si trovava più a sinistra della
Sinistra storica) sia sul piano dell’attenzione ai problemi sociali, sia sul piano Costituzionale (non
accettava la monarchia). La Sinistra democratico repubbl