CROCIFISSO
Si tratta di un simbolo religioso che è esposto nello spazio pubblico istituzionale.
La questione del crocifisso è tipicamente italiana, perché nel nostro ordinamento esistono delle
norme amministrative del regime fascista che impongono la presenza del crocifisso negli uffici
pubblici.
Il problema principale posto da queste norme è quello della compatibilità fra l’obbligo che esse
prevedono in maniera esplicita e il principio supremo di laicità dello Stato.
Nello specifico la questione è stata sollevata con riferimento alla presenza del crocifisso in 3 luoghi
pubblici istituzionali:
scuola
• tribunali
• seggi elettorali
•
La presenza del crocifisso nelle scuole pubbliche italiane è stata esaminata dalla giurisprudenza
amministrativa, perché quest’ultima ha sul tema una giurisdizione esclusiva, poiché si tratta di
un’esposizione disposta da norma amministrative.
La prima pronuncia è stata nel 1988 da parte del Consiglio di Stato che ha elaborato un parere sulla
presenza del crocifisso nella scuola pubblica.
ca in seguito a richiesta del ministero della pubblica istruzione; come sappiamo nel 1984 lo Stato e
la Chiesa cattolica hanno stipulato un Accordo che sostituisce il Concordato del ‘29 al numero 1 del
protocollo sancisce l’abrogazione dell’art. 1 Tratt.L. che prevedeva la religione cattolica come
religione di Stato.
Il ministero della pubblica istruzione si pone il problema del crocifisso nella scuola pubblica perché
finché lo Stato italiano era uno stato confessionale la presenza del crocifisso non creava problemi,
ma quando lo Stato italiano diviene uno Stato laico allora si pone il problema di come giustificare la
presenza del crocifisso.
Il Consiglio di Stato afferma che la presenza obbligatoria del crocifisso nelle scuole pubbliche
italiane è legittima e obbligatoria. Secondo il Consiglio di Stato infatti anche se lo Stato italiano non
è più uno Stato confessionale in senso cattolico, le norme regolamentari che prevedono
l’esposizione obbligatoria del crocifisso sono norme tutt’ora in vigore e cioè queste norme non si
possono ritenere implicitamente abrogate dall’Accordo dell’84 o dalla Costituzione del 1948 per 3
ragioni:
– Per il Consiglio di Stato, siccome le norme che prevedono l’esposizione obbligatoria del
crocifisso sono norme anteriori ai Patti Lateranensi e dunque indipendenti da questi, le modifiche
del Patti L. e dunque l’Accordo dell’84 non incidono sulla vigenza delle norme amministrative.
– Il rapporto fra l’esposizione del crocifisso e il diritto di manifestare la propria fede religiosa
nonché il diritto di formarsi liberamente delle convinzioni religiose. Secondo il Consiglio di Stato di
per sé la presenza del crocifisso all’interno di una scuola pubblica non è in grado di condizionare la
formazione della coscienza degli alunni né impedisce in alcun modo agli alunni di manifestare delle
convinzioni religiose diverse dalla religione cattolica o di manifestare il proprio ateismo; quindi il
Consiglio di Stato considera il crocifisso un simbolo debole e passivo ( che non condiziona ).
– Il significato espresso da questo simbolo.
Secondo il Consiglio di Stato il crocifisso non rappresenta solo la religione cristiana ma ha un
significato culturale perché esprime l’insieme dei valori e delle convinzioni che appartengono alla
storia del popolo italiano; quindi il Consiglio di Stato evidenzia l’incidenza del cristianesimo nella
storia e cultura europea e soprattutto italiana.
Questo orientamento del Consiglio di Stato ha determinato tutte le successive pronunce dei giudici
amministrativi.
Pur tuttavia ci sono state anche delle oscillazioni.
Innanzitutto è molto significativa l’ordinanza del TAR Veneto del 2004.
Il TAR ha stabilito che le norme regolamentari che impongono l’esposizione del crocifisso sono
tutt’ora norme vigenti, cioè non possono essere considerate implicitamente abrogate. Tuttavia il
TAR ha ritenuto che queste norme possono contrastare il principio di laicità dello Stato e quindi il
TAR ha cercato un modo per rinviare la questione alla Corte Costituzionale.
Noi sappiamo però che questa Corte giudica solo sulla legittimità delle leggi.
Il TAR non poteva sollevare questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte costituzionale.
IL TAR ha quindi sollevato questione di legittimità del Testo Unico legislativo( 1984 ) sulla
pubblica istruzione sostenendo che fra questo T.U. e le norme amministrative che impongono la
presenza del crocifisso esiste un rapporto di specificazione e di integrazione.
La Corte Costituzionale ha dichiarato la questione inammissibile, ribadendo che sulle norme
amministrative la consulta non può pronunciarsi. Il TAR ha esortato la Corte Costituzionale di
applicare le norme che si ritengono incostituzionali in modo costituzionalmente orientato. Di
seguito alla pronuncia di inammissibilità il TAR si è dovuto pronunciare sul ricorso ( del 2005 )
nato dal fatto che un insegnante non credente quando entrava in aula toglieva il crocifisso, andando
a violare la circolare del preside che imponeva la presenza del crocifisso.
Il TAR afferma che l’esposizione del crocifisso nella scuola pubblica è pienamente compatibile con
la laicità dello Stato italiano, non solo perché il crocifisso non viola la libertà religiosa e di
coscienza degli studenti, non solo perché il crocifisso è un simbolo culturale, ma perché i principi
del cristianesimo fanno parte del concetto di laicità dello Stato italiano e quindi secondo il TAR il
cristianesimo è alla base del nostro ordinamento e di conseguenza la presenza del crocifisso è
legittima.
La posizione del TAR Veneto viene nel 2006 ripresa e rafforzata dal Consiglio di Stato, perché la
decisione del 2005 viene impugnata davanti al Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato conferma pienamente l’orientamento del TAR Veneto del 2005 e nelle sue
motivazioni analizza il significato del crocifisso.
In modo specifico il Consiglio di Stato afferma che il crocifisso ( nella forma semplice nella forma
più complessa ) non è un suppellettile ossia non può essere considerato un arredo al pari di altri
arredi, perché ha una matrice religiosa. Nello stesso tempo però il Consiglio afferma che quando il
crocifisso è esposto in luogo pubblico istituzionale non ha lo stesso significato che assume quando è
esposto in una chiesa o in un luogo sacro, perché lo stesso crocifisso se è esposto in una chiesa è un
oggetto di culto ( ed è sottoposto a disciplina civile e penale relativa ) mentre se è esposto in un
luogo pubblico istituzionale ( tribunale, scuola, ufficio ) non è un oggetto di culto bensì un simbolo
che rappresenta tutti i valori che sono alla base della nostra Costituzione. Quindi secondo il
Consiglio di Stato soprattutto quando il crocifisso si trova in una scuola esso ha funzione educativa,
nel senso che comunica agli studenti i valori che sono alla base della nostra Costituzione e quindi
non viola la libertà religiosa dei non cristiani perché questi valori sono valori nati nel cristianesimo
e che poi hanno assunto una dimensione giuridica universale ( es: il principio di uguaglianza sancito
dall’art. 3 cost. che il Consiglio di Stato riconduce alla religione cristiana, quale religione che
supera la divisione in classi sociale della comunità ). Quindi il crocifisso è pienamente compatibile
con la laicità dello Stato.
Questa interpretazione viene assunta nello stesso anno dal TAR Brescia.
Il TAR però si distanzia dalla posizione del Consiglio di Stato perché ritiene che le norme
amministrative che impongono l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici devono ritenersi
abrogate, poiché lo Stato italiano non è più uno Stato confessionale in senso cattolico; però secondo
il TAR l’esposizione del crocifisso ha un altro fondamento normativo ossia il crocifisso si fonda
sulla consuetudine, cioè è presente nei luoghi pubblici italiani in ragione di una norma
consuetudinaria perché in Italia il crocifisso è sempre stato esposto e quindi si è formata una
consuetudine. Secondo il TAR poiché c’è un fondamento normativo, l’ufficiale pubblico
( presidente tribunale o insegnante ) non può eliminare il crocifisso da uno spazio istituzionale,
perché se lo fa viola una norma consuetudinaria. Soprattutto secondo il TAR Brescia il crocifisso è
esposto legittimamente quando questa esposizione è voluta dalla maggioranza della comunità
scolastica.
Quindi per la giurisprudenza amministrativa il crocifisso deve essere esposto.
Il tema del crocifisso è stato affrontato anche dai giudici di merito e dai giudici europei.
Giurisprudenza di merito
Si segnalano 2 decisioni:
Decisione del tribunale di Terni del 2009
• Il tribunale conferma l’interpretazione secondo cui la presenza del crocifisso non ha una
valenza religiosa, quindi non si risolve in una imposizione di una confessione religiosa, tutte
le volte in cui sono gli studenti insieme ai docenti a scegliere l’esposizione del crocifisso. In
questo caso la presenza del crocifisso ha un fondamento democratico. Quindi il tribunale
considera legittima la circolare con la quale il dirigente scolastico aveva invitato tutti i
docenti a rispettare la scelta degli studenti di apporre nelle aule un crocifisso. Questa scelta
era stata recepita dal consiglio di classe e contestata da un professore.
Decisione del tribunale dell’Aquila del 2003
• Il tribunale contrapponendosi all’orientamento espresso dai giudici amministrativi con un
provvedimento di urgenza ordina la rimozione del crocifisso dall’aula di una scuola
elementare frequentata da due bambini di religione islamica. Era stato il padre di questi
bimbi a rivolgersi al tribunale chiedendo che il crocifisso fosse rimosso. Il tribunale ordina
la rimozione sulla base di 3 argomentazioni:
– Ritiene che l’art. 1 Protocollo addizionale dell’Accordo ‘84 ( “Lo Stato italiano non è più
uno Stato confessionale in senso cattolico” ) ha abrogato le norme che sanciscono l’obbligo
di esporre il crocifisso. Si tratta di un’abrogazione tacita da far valere dai giudici in via
interpretativa.
– Il crocifisso rappresentando solo una confessione religiosa quando esposto in un luogo
pubblico manifesta l’incapacità dello Stato italiano di essere neutrale, poiché esponendo il
crocifisso lo Stato dimostra nei fatti di privilegiare la religione cristiana a danno delle altre
confessioni religiose. Secondo il tribun
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