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VARI LIVELLI DI STUDIO NELLA PSICOLOGIA
1.Approccio biologico/fisiologico: come funziona il cervello. Correla l’attività nervosa
con il comportamento, l’esperienza.
-Elettrofisiologia su singole cellule. Esperimenti su animali come scimmie e gatti. Si fa
anche nell’uomo in situazioni particolari, come la crisi epilettica grave, per cui si asporta
un pezzetto di cervello per far star meglio la persona e si infilano degli elettrodi,
riuscendo così a isolare l’attività di una singola cellula. Si registrano così i potenziali
d’azione in corrispondenza di stimoli esterni.
-Approccio lesionale: si asportano parti di corteccia negli animali o si studiano casi
patologici. A volte non si capisce se l’area è implicata nell’abilità percettiva che diventa
problematica o è un’area di passaggio di informazioni per quell’attività. Bisogna perciò
provare a fare lesioni in due aree diverse.
-Potenziali evocati: elettroencefalogramma, attività indotta dal cervello verso l’esterno
(quali parti si attivano per un determinato compito). Si hanno segnali globali, non so
quale cellula è attivata.
-Scansioni cerebrali: risonanza magnetica funzionale (più precisa per l’individuazione
delle aree più attive), si paragona quella fatta a riposo con quella durante un’attività.
2.Approccio psicologico: vuole capire i comportamenti, come sono correlati il corpo e la
menteGall, frenologia: intuizione esatta, ogni parte del cervello ha una funzione
diversa.
-Psicologia fisiologica: Wundt, psicologia elementista (scomposizione in elementi più
semplici per vedere come si combinano).
-Strutturalismo: Titchener, vuole individuare le componenti della mente
-Funzionalismo: James, capire il come e il perché, la funzione senza gli elementi che
compongono. Si possono usare così altre categorie di soggetti sperimentali oltre al
soggetto umano normale. La mente è in continuo mutamento. Il comportamento può
essere modificato.
-Psicologia della Gestalt: importante per lo studio della percezione, in particolare visiva.
Fortemente antielementista, superiorità del tutto rispetto alle parti. È più facile
identificare ciò che è in configurazione significativa.
-Comportamentismo: studia solo il comportamento osservabile, psicologia oggettiva.
L’uomo è il prodotto delle sue esperienze. Non si occupa dell’interno della mente, del suo
funzionamento, essa è una black box.
-Helmholtz: la percezione è un processo decisionale di tipo intellettivo indiretto e attivo.
È un’ipotesi su dati sensoriali lacunosi.
-Cognitivismo: opposto al comportamentismo. Il soggetto è attivo, elabora le
informazioni in base a ciò che ha dentro. Il comportamento umano non è prevedibile,
viene modulato a seconda del fine da raggiungere. Fenomeni topo-down: l’esperienza
condiziona la percezione. Ciò che si vede prima influenza ciò che si vede dopo. Studia i
processi cognitivi: accuratezza e tempi di reazione.
-Psicologia cognitiva
3.Approccio computazionale: tipico della psicologia cognitiva, analizzato da Marr, si
basa sull’ipotesi che il sistema nervoso, il cervello è analogo ad un computer. Si sperava
così che si potessero capire in fretta molte cose. Intelligenza artificiale: in base ai dati
raccolti sperimentalmente si ipotizza il funzionamento del sistema e si simula al
computer. Senza ipotesi né il cervello né il computer possono fare niente, cioè il cervello
ipotizza delle regolarità (per esempio che due colori uguali vicini appartengano allo
stesso oggetto, mentre se sono diversi c’è un bordo). Tre livelli di funzione: cosa voglio
calcolare e perché (livello più teorico); come viene rappresentata l’immagine o le
informazioni e che calcolo viene fatto su esse (algoritmo, regola); implementazione,
realizzare il programma per il computer.
Sviluppo del sistema computazionale: il computer funziona in maniera seriale, mentre il
cervello fa tutto in parallelo, in contemporanea, ogni neurone è come se fosse un
computer; le cellule sono inoltre tutte collegate tra loro. Si ipotizza perciò il modello
delle reti neurali (fanno funzionare più computer contemporaneamente). Le reti neurali
sono modelli del cervello e del sistema nervoso, altamente parallelizzati, in grado di
apprendere. Esperimento con piccioni: apprendimento riconoscimento quadri;
generalizzazione a tutti i quadri dello stesso autore, anche se non visti prima, riescono ad
astrarre informazioni sullo stile. Le reti neurali fanno lo stesso. Modello delle reti neurali:
ogni neurone di un livello manda informazioni elaborate a più neuroni del livello
successivo, che calcolano le differenze tra le informazioni che arrivano. Tra il livello
d’ingresso degli stimoli e quello d’uscita delle risposte ci possono essere più strati
intermedi che calcolano: più sono più la macchina apprende.
SCOPI DELLE SCIENZE COMPORTAMENTALI
Descrizione del comportamento, quando non si hanno informazioni preliminari.
Predizione del comportamento in una situazione, che so già come funziona.
Scoprire le cause del comportamento.
Spiegare.
Bisogna poi proporre le teorie, ipotizzare le regole di funzionamento. Le teorie devono
essere provate, controllate attraverso la ricerca empirica, creando esperimenti.
La psicologia utilizza il METODO SCIENTIFICO, in cui tutte le ipotesi devono essere
supportate da prove empiriche e devono poter essere confermate o smentite attraverso
esperimenti. L’esperimento deve poter essere osservato da altri, valutato e replicato.
Oggettività: quello che si fa in un laboratorio deve essere esattamente replicabile in altri
luoghi e circostanze. Bisogna poi definire bene le variabili indipendenti e dipendenti (dal
soggetto) e la misura della variabile dipendente. Si deve anche considerare la variabilità
intrinseca nei soggetti, di cui si deve tenere conto nei risultati (errore statistico).
Sull’esperimento bisogna sempre effettuare il controllo, cioè essere sicuri che l’unica
cosa che cambia tra due gruppi sperimentali è la variabile indipendente, mentre tutti gli
altri parametri devono essere identici. Bisogna stare attenti a non farsi influenzare dalla
psicologia ingenua.
Effetto del livello di elaborazione: mostra che la differenza tra memoria incidentale e
intenzionale non è reale, ma dipende dai processi di elaborazione delle informazioni. Ci
sono in gioco due variabili indipendenti, perciò bisogna testare tutte assieme le quattro
situazioni.
Se si fissano in modo corretto le variabili indipendente e dipendente si può stabilire la
causalità tra esse (una è causa dell’altra).
Importanza del fattore controllo: ogni variabile indipendente deve avere due livelli.
Artefatti: lo sperimentatore non considera una possibilità (variabile) diversa da quella che
va a misurare e che vi incide.
Effetto placebo: il risultato dato dal farmaco è lo stesso dei quello dato da un’ altra cosa
somministrata, spacciata come farmaco.
Effetto Rosenthal: lo sperimentatore trasferisce al soggetto le aspettative riguardanti i
risultati dell’esperimento. Si elimina con la procedura in DOPPIO CIECO, in cui né lo
sperimentatore né il soggetto sanno in che situazione sperimentale sono.
Il metodo sperimentale è applicabile solo a certi settori della psicologia come la
psicofisica, la percezione, l’apprendimento e il pensiero e alcuni fenomeni d’interazione
sociale. In altri casi non si possono controllare tutte le variabili indipendenti che sono in
teoria illimitate e perciò non si possono fare esperimenti.
Sperimentale non significa scientifico: la matematica è una disciplina scientifica ma non
fa uso di esperimenti.
Non si identifica con empirico: perché quest’ultimo prevede il ricorso all’esperienza e
nell’esperimento può non esserci una esperienza precedente.
Gruppo sperimentale e gruppo di controllo: sono sottoposti a diversi livelli della variabile
indipendente, cioè nel primo è manipolata dallo sperimentatore, nel secondo no.
Studi descrittivi: fatti quando non si hanno ancora teorie su quell’argomento.
Studi di correlazione: lo sperimentatore non può manipolare la variabile indipendente,
non può imporre quali soggetti stanno in un gruppo e quali nell’altro. Si misurano due
variabili per vedere se sono in relazione, ma non si possono trovare rapporti di causa-
effetto. Si dividono dagli studi sperimentali veri e propri, che indagano i rapporti causa-
effetto tra variabili dipendenti e indipendenti.
Metodi statistici descrittivi: per riassumere una serie di dati. Misure di tendenza centrale:
media e mediana (utilizzabili se i dati originali sono misure numeriche). Misure di
variabilità: deviazione standard ( quanto i dati differiscono dalla media; più è grande più
c’è variabilità).Negli studi di correlazione non si può fare la media, perché non si possono
classificare i livelli della variabile indipendente. Si usano perciò il grafico di dispersione:
la linea retta tra i punti (soggetti) dà il coefficiente di correlazione (positivo o negativo).
Metodi d’inferenza statistica: servono per stabilire se c’è una differenza reale e non
casuale tra i gruppi, cioè se è realmente dovuta alla variabile indipendente. Calcolare la
probabilità che l’ipotesi di ricerca sia errata: più è bassa più certezza c’è che l’ipotesi non
era errata. I risultati di una ricerca sono significativi con probabilità minore del 5%. La
significatività statistica dipende dalla grandezza dell’effetto (40 msec dell’effetto Simon),
dal numero di soggetti (osservazioni), dalla variabilità entro il gruppo. La significatività è
diversa dal significato pratico (reale).
ETICA DELLA RICERCA
Supervisione
Rapporto rischio/beneficio ricerche senza rischio/ a rischio minimo/ ad alto rischio
Consenso informato di soggetti volontariinganno per questioni metodologiche
Errori sistematici che non possono essere eliminati dai calcoli statistici come la normale
variabilità tra i soggetti. Errori di campionamento; di misurazione, affidabilità e validità;
errori tecinici o prodotti dalle aspettative: effetto placebo, effetto Hawthorne, effetto
Rosenthal (lo sperimentatore non deve sapere in quale situazione sperimentale sono i
soggetti), effetto seriale (il soggetto viene sottoposto più volte alla stessa prova e il
risultato dipende dall’ordine delle prove, cioè dopo la prima volta si conosce già la
situazione, si toglie fac