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REALIZZAZIONE ATTIVITA’ FILANTROPICA NELL’INGHILTERRA VITTORIANA.

Nell’Inghilterra vittoriana abbiamo una legge che viene definita la “nuova legge per i

poveri” che viene emanata nel 1834, che riforma in parte la precedente legge che era

rimasta in vigore per più di 100 anni (Legge Elisabettiana del 1601) e che aveva

tracciato la questione dell’assistenza ai poveri nel Regno Unito per qualche centinaio

d’anni. Questa nuova legge sui poveri va a riformare l’assetto socioassistenziale e che

vuole soprattutto ridurre i costi dell’assistenza. Questa legge introduce un elemento

molto importante che diventa ancora molto più importante perché lo ritroviamo per

certi versi nelle politiche sociali odierne: questo elemento è quello della “less

elegibility” o “minor preferibilità”. Introdurre questo elemento vuol dire che si ritiene

che l’assistenza sia la soluzione meno preferibile per coloro che vivono in condizioni di

indigenza, qualsiasi altra soluzione deve diventare preferibile a vivere attraverso il

sostegno dell’assistenza. Le forme di assistenza che vengono erogate devono essere

mortificanti, disagevoli cosicché le persone preferiscano qualsiasi altra soluzione a

quella di esser aiutati dall’assistenza pubblica, perché l’idea era che l’assistenza

doveva essere in tutti i modi disincentivata, quindi evitare il più possibile di assistere

le persone fornendo loro delle alternative. Questo naturalmente deriva dall’idea che

tra i poveri ci sono gli impostori, anzi i poveri possono essere sostanzialmente degli

impostori. Ritornano le work houses, quindi le case lavoro che erano state il fiore

occhiello della vecchia legge elisabettiana, con una rigidità e una forma di

maltrattamento e una condizione di vita così drammatiche che diventa addirittura

oggetto di attenzione da parte dei romanzieri, come nel caso di Charles Dickens con

Oliver Twist. In queste work houses erano internati i malati di mente, i vagabondi,

donne e bambini in condizioni di vita molto grave e con un tipo di trattamento

reclusorio, ossia rinchiudevano le persone nelle case lavoro. Quindi l’immagine del

povero si avvicina a quella del delinquente, del soggetto pericoloso che deve essere

reso non visibile dal resto della società e obbligato a lavorare. Queste condizioni delle

work houses sono necessariamente poco tollerabili perché devono essere le meno

preferibili. Qualsiasi tipo di lavoro, qualsiasi tipo di condizione lavorativa, anche la più

crudele deve essere preferibile all’assistenza pubblica.

LE CHARITY ORGANISATION SOCIETIES. In questa epoca vittoriana, alla fine degli

anni 60 dell’800, nasce un’organizzazione che prende il nome di Società di

Organizzazione della carità, che avrà una grande fortuna. Questa organizzazione cerca

di tenere fede alla sua nominazione ed è un organismo diretto da Charles Loch dal

1875 al 1913, considerato colui che elabora strategie di indirizzo per la COS.

Questa società viene istituita perché l’intento era quello di razionalizzare la carità, cioè

evitare gli sprechi, ridurre al massimo le situazioni che non sono di reale e autentico

bisogno e per questo le COS sono assolutamente contrarie a qualsiasi forma di

elemosina, perché da un punto di vista l’elemosina è un modo che non fa che favorire

la povertà in quanto si riceve del denaro senza lavorare e senza avere nessun

problema. Quindi l’elemosina viene praticamente abolita dall’attività delle COS.

Quello che le COS cercano di fare è quello di introdurre il metodo di intervento che sia

un metodo contrario all’elemosina, quindi un metodo con degli obiettivi e orientato a

disincentivare l’assistenzialismo. Quindi le COS nascono con l’idea di riorganizzare il

sistema, di dare un ordine, di razionalizzare l’assistenza; non si preoccupano in prima

battuta di aiutare i poveri ma di dare un orine a questo sistema assistenziale che c’era

e che secondo loro era un sistema fondato sulla beneficienza, sull’elemosina,

sull’elargizione di denaro che non consentiva un intervento efficace. L’idea che guida

un po’ questa organizzazione è il fatto di dover intervenire per rafforzare la condizione

morale dei poveri perché Loch e chi con lui operava riteneva chela povertà fosse frutto

di quella che veniva definita “debolezza morale”, cioè il fatto che questi individui non

erano strutturati moralmente, cioè avevano una morale debole o inesistente e questo

li conduceva al vizio, all’ozio e a quella condizione di vita in cui versavano i poveri.

Secondo Loch questa debolezza morale portava le persone ad avere dei

comportamenti immorali, a essere imprevidenti e Loch era assolutamente contrario a

qualsiasi forma di intervento dello stato che vada, per esempio, a prefigurare delle

previdenze come le pensioni di vecchiaia e sostiene che se una persona lavora e

risparmia non c’è necessità di alcuna forma di previdenza. Quindi l’idea era invece che

i poveri sprecassero il loro denaro per i loro vizi, come l’alcoolismo che era uno dei vizi

che più giustificava questa idea dello spreco e noi sappiamo che l’alcoolismo è

trasversale a tutte le fasce sociali.

Questi interventi sono costruiti in termini coerenti con la concezione che era invalsa

rispetto al povero, quindi questa idea del povero fannullone, questa idea del povero

impostore, questa idea che povero debole moralmente, preferiva l’ozio e non era in

grado di lavorare, non era in grado di risparmiare perché sprecava nelle taverne…

Questo ci dice che all’interno delle COS è legata qualsiasi causa sociale della povertà.

Le cause della povertà sono essenzialmente delle cause individuali legate alla

debolezza di carattere, a una carenza di tipo morale che porta le persone ad avere

degli stili di vita che sono esattamente contrari a quei pilastri già visti

precedentemente come lavoro, risparmio, sobrietà, rispettabilità. Quindi bisogna

intervenire per scoraggiare quei comportamenti che sono oziosi e che non sono

parsimoniosi. Questa concezione, indipendentemente dal tipo di intervento, ci può

portare a dire che si possono costruire degli interventi buoni basati su una concezione

della società dove ci sono i buoni, i ricchi e gli altri sono poveri che vivono in condizioni

drammatiche e sono colpevoli perché sono deboli di carattere. Quindi l’idea delle COS

è quella di razionalizzare ed evitare gli sprechi, evitare che lo stesso povero riesca ad

avere degli aiuti anche da un’organizzazione all’altra: per questo quello che viene

impiantato è una forma di coordinamento delle diverse organizzazione, in modo che

queste essendo coordinate fra loro evitino la duplicazione degli interventi, cioè un

intervento allo stesso povero da parte di più organizzazioni.

L’elemento interessante che però Loch introduce all’interno di questa interessante

forma filantropica è quello della conoscenza: Loch sostiene che intervenire nel campo

filantropico richieda una conoscenza, non basta il buon cuore, la fede cristiana, il

dovere nei confronti dell’altro dettato dalla religione, ma bisogna conoscere i

fenomeni. Loch sostiene che la povertà è come un paese all’interno del quale ci si

inoltra ma che per poterlo percorrere è necessario conoscere questo paese che ci

consenta di operare efficacemente. Questa è una grandissima novità che introduce, è

una caratteristica della filantropia che si appresta così a diventare filantropia

scientifica, cioè una filantropia basata sulla conoscenza scientifica.

La necessità di conoscere il fenomeno della povertà per poter intervenire porta con sé

un altro elemento che ci interessa che è quello della necessità della formazione degli

operatori, cioè se per intervenire nel campo della povertà bisogna conoscere vuol dire

che per intervenire bisogna esser formato, cioè deve acquisire quelle conoscenze che

servono per intervenire. Qui ci sono due elementi collegati tra di loro e molto

importanti che ci interessano perché porteranno alla trasformazione della filantropia

attraverso un processo di professionalizzazione alla professione dell’assistente sociale.

Quindi secondo Loch la filantropia può esser esercitata da soggetti che ne hanno

conoscenza rispetto al fenomeno della povertà e anche al modo in cui è efficace per

poter intervenire. Questa idea è molto nuova e molto importante che chiede a chi

opera in questo sistema di conoscere: una delle forme di conoscenza che vengono

conservate anche rispetto al passato è proprio quella della classificazione. Dei poveri

si conoscono i diversi tipi di poveri, cioè si conosce questa tipologia che è fatta da tutti

i poveri che sono inabili, ossia non possono lavorare per motivi di disabilità e sono

meritevoli; e poi ci sono i poveri immeritevoli che sono i fannulloni e cercano di

approfittare dell’assistenza; e poi ci sono i poveri vergognosi che sono diventati tali

provenendo da una condizione sociale elevata. Quindi uno degli elementi caratteristici

di questa organizzazione è che il primo passaggio da effettuare è quello di capire di

quale tipo di povero si colloca la persona che ho davanti. La classificazione serviva per

definire l’aiuto più adeguato, a ogni tipo di povero poteva corrispondere un certo tipo

di aiuto. Quindi l’obiettivo era escludere gli immeritevoli dagli aiuti, definire il tipo di

situazione problematica che si aveva davanti per individuare l’aiuto corrispondente.

Partendo da questa idea del povero l’obiettivo che viene condivisa all’interno delle

COS era quello di sostenere le persone perché potessero superare i loro limiti,

potessero esser rafforzati, aiutati con delle modalità che non producessero dipendenza

assistenziale: l’idea quindi era di accompagnare i poveri verso dei percorsi di

cambiamento, questo è un altro elemento molto innovativo dell’opera delle COS. Non

si tratta più di fornire un aiuto temporaneo alle persone, ma si trattava invece di

intervenire con l’obiettivo di introdurre un cambiamento che andasse a sviluppare

delle capacità cosicché le persone potessero assumere lo stile di vita della classe

dominante, potessero imparare a esser operose, risparmiatrici, frugali e sobri. Quindi

le COS rifacendosi a delle idee di politica economica assolutamente liberali, cercano di

puntare sullo sviluppo delle capacità delle persone attraverso diversi tipi di intervento,

che sono sicuramente degli interventi che puntano alla razionalizzazione

Dettagli
A.A. 2018-2019
94 pagine
1 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nicole.colombara97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Principi e fondamenti del servizio sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Dellavalle Marilena.