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PRIMA CHE LA BAMBINA INIZI A DARGLI DA MANGIARE.

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lente della nonna guardava qualcosa e quindi poi lo spettatore andava a

guardarlo con lui (un personaggio guarda qualcosa da vicino e allora vado

anche io a guardarlo, transizione più morbida), mentre qui vado a vedere

qualcosa da vicino ma senza più la mediazione di uno strumento. Si ha il

passaggio da totale a ravvicinato senza più la mediazione di un altro

sguardo, non ho più bisogno della giustificazione di qualcuno.

Inquadrature decentrate e non più centrata, la bambina viene mostrata sul

lato destro; c’è questa inquadratura perché lo spazio vuoto è destinato ad

essere poi riempito: entra in scena infatti un nuovo personaggio (il

bambino). Quest’ultimo esce di scena, creando un momento di attesa, e

poi rientra. Andiamo al gattino prima che la bambina inizi a dargli da

mangiare mettendo in evidenza la distanza narrante: stacco, frantumo la

totalità della scena, vado su un piano ravvicinato un attimo prima che

accada l’evento importante, cioè quello del gatto che viene nutrito.

“L’incidente di Mary Jane”, Smith, 1903: COMICA.

Commentato [arianna.b6]: oVALENZA

NARRATIVA.

oVALENZA DI PIANI TOTALI A QUELLI RAVVICINATI.

oANLTERNARSI

Uso del dècoupage interno alle scene con la stessa disinvoltura de “Il

gattino malato”.

Ci sarà sempre l’idea del montaggio interno alla scena senza l’ausilio di una

mediazione.

Film più narrativo rispetto al “Gattino Malato”: una donna deve preparare

da mangiare e provoca un incidente di cui poi lei sarà vittima.

Valenza comica: si mostra il volto sporco di grasso (piano ravvicinato

ü del volto) mentre pulisce le scarpe della donna attraverso piani più

ravvicinati.

Valenza più narrativa: si mostrerà cosa la donna usa per appiccare il

ü fuoco (paraffina) creando attesa nello spettatore. Mostra la causa di

ciò che accadrà. Ci sarà una esplosione.

6

Alternarsi di piani totali a quelli ravvicinati. La donna avanza anche verso la

telecamera.

7

Storia del cinema mod.1 21/02/17

INQUADRATURA, MONTAGGIO E RAPPORTI TRA SUONO ED IMMAGINE:

Inquadratura (immagine cinematografica): unità di base del linguaggio

cinematografico; il film è suddivisibile in inquadrature. La scena vede

coincidere il tempo della storia con quello del discorso, mentre la sequenza

è sempre una serie di inquadrature ma l’episodio non è mostrato nella sua

interezza (presenta ellissi) e quindi il tempo del discorso è più breve del

tempo della storia perché presenta appunto questi piccoli salti.

Inquadratura: esempio che vale dal punto di vista dello spettatore, di chi lo

guarda. Essa può essere definita come rappresentazione in continuità di un

certo spazio per un certo tempo ed evidenzia 3 aspetti dell’inquadratura:

1. Essa rappresenta sempre qualcosa.

2. Si fonda sempre su una dimensione spaziale e una temporale;

rappresenta uno spazio e lo rappresenta per un certo tempo. Non ha

nulla a che vedere con lo spazio-tempo della realtà; duttilità spazio-

temporale che avvicina il cinema al racconto narrativo.

3. Oltre ad essere rappresentazione in continuità (non può prevedere

stacchi), è anche qualcosa che delimita i suoi confini: un inizio ed una

fine. Essi coincidono con gli stacchi, ovvero passaggi bruschi da una

cosa ad un’altra. Dopo lo stacco la soluzione più utilizzata per

terminare una inquadratura è la dissolvenza, passaggio da

un’immagine ad un’altra attraverso la dissolvenza (incrociata, in

apertura e in chiusura). Altri effetti: tendina laterale, … Circa min 9

Commentato [arianna.b1]:

Spazio e tempo:

Due componenti fondamentali del cinema.

a. Tempo: ogni inquadratura ha una sua durata, dura nel tempo. Le

durate possono essere diverse tra di loro, durare pochi secondi o per

minuti ed in alcuni casi anche per un film intero.

b. Spazio: contenuto di una inquadratura; lo spazio può essere ampio

(mostra grandissima porzione di spazio) oppure molto ridotto (ad

esempio: primo piano).

Spazio e tempo diversificano l’inquadratura e fa si che essa dia vita una

certa possibilità di rappresentazione rispetto ad un altro infinito numero di

altre possibilità.

Le inquadrature più ravvicinate hanno sempre durata inferiore rispetto a

quelle lontane; questo però è un criterio che il cinema può benissimo

smentire e quindi sono possibili inquadrature ravvicinate che durano molto

più a lungo.

Spazio:

Un’inquadratura occupa anche un certo spazio: ASPECT RATIO, ovvero ciò

che concede il formato dell’immagine cinematografico così come la vedo

sullo schermo. L’aspect ratio varia nel corso della storia del cinema:

all’inizio (dai fratelli Lumière ai primi anni ’50) esisteva il formato standard

a cui la maggior parte dei film si adeguava, cioè 1:1.33 (l’altezza

dell’inquadratura è uguale ad uno, la sua larghezza sarà di 1.33 e quindi

sarà lunga quanto l’altezza più 33). Negli anni ’50 il cinema si è dovuto

confrontare con la televisione e il cinema cercò di rendere più spettacolari

le sue immagini allargandole, utilizzando un formato non consentito dallo

schermo televisivo (infatti anche esso era 1:1.33); le immagini quindi non

potevano più essere rappresentate sullo schermo piccolo (tutti i film che

2

passavano in tv venivano tagliati). Il formato che progressivamente si andò

ad affermare diventando poi standard, fu l’1:1.85, quasi il doppio dell’altro

e quindi l’immagine rimase rettangolare. Ancora oggi è il formato più

diffuso.

A rendere ancora più spettacolare il cinema, nacque il cinema scoop, il

formato panoramico, il quale estendeva ancora di più l’immagine in

larghezza (1:2.35). Le tv di adesso sono a sedici noni e quindi il formato

utilizzato è 1:1.85.

Quando si parla dello spazio dell’inquadratura si parla quindi anche di

formato dell’inquadratura utilizzato per proiettare sullo schermo.

Nel lessico cinematografico un sinonimo di inquadratura è “piano” anche

se c’è una leggera differenza. Con il termine inquadratura si fa riferimento

al fatto che una immagine è sempre inquadrata, c’è sempre una

cornice/bordi dell’inquadratura, mentre quando si parla di piano tendo a

fare riferimento al piano che si rappresenta in una inquadratura.

Un altro aspetto costitutivo di ogni inquadratura, una coppia di parametri

che definiscono ogni immagine. Ciò che è rappresentato da

un’inquadratura prende il nome di “profilmico” (cosa è rappresentato),

ovvero il contenuto dell’immagine. Come il contenuto è mostrato prende il

nome di “filmico” (come è rappresentato), ad esempio: in primo piano,

campo lungo, per pochi secondi o per più minuti, in che angolazione, …

Ogni inquadratura è costituita da una stretta relazione tra profilmico e

filmico, ogni inquadratura ti mostra qualcosa in qualche modo.

Un altro modo di definire l’inquadratura: inquadratura ad un quadro,

oppure a più quadri.

3 1. Ad un quadro: rimangono uguali a sé stesse per tutta la durata (i

fotogrammi sono identici, no variazioni)

2. A più quadri: inquadrature più lunghe, essa può modificare il proprio

assetto visivo sia perché i personaggi possono spostarsi al suo

interno, sia perché si modifica attraverso i giochi di movimenti di

macchina (primo piano a figura intera ad esempio). L’inquadratura è

sempre la stessa ma è costituita da diversi quadri.

Profilmico (/contenuto delle immagini, “cosa”):

Cosa vediamo in un’inquadratura? Ambienti, oggetti, figure umane, luci e

colori.

Ambienti e figure umane:

tratti puramente visivi e non psicologici. Costituiscono il primo aspetto che

riguarda il profilmico.

1. Ambienti:

Al cinema sono divisi in 3 categorie a cui se ne è aggiunta una

• 4: naturale (paesaggio, ambiente non modificato da intervento

umano), architettonico (è stato modificato dall’uomo, es:

agglomerati urbani), scenografico (ambiente puramente

cinematografico, è stato appositamente costruito per

diventare cinema, quello creato negli studi soprattutto nei

tempi del cinema classico; potevano riprodurre interno o

esterno; il cinema classico li privilegiava soprattutto per ragioni

economiche ed estetiche, poiché un ambiente ricostruito

rappresenta precisamente l’ambiente richiesto). La

predominanza di uno rispetto all’altro determinano il genere

dei film: ad esempio nei film western predomina l’ambiente

naturale. Ogni scena di ogni film può svolgersi in uno di questi

4 ambienti. In un ambiente scenografico posso utilizzare anche

immagini reali proiettate alle spalle dei personaggi, tipica

situazione nel cinema classico di personaggi che stanno in

macchina (il paesaggio che si muoveva veniva proiettato dietro

di loro). Il musical è un genere che a partire dal genere astratto

che lo caratterizza, utilizza maggiori scenografie e hanno un

carattere meno naturalistico.

Scenografia può essere reale oppure artificiale.

Alla fine degli anni ’80 il cinema ha iniziato a cambiare con

o l’introduzione del digitale: non vengono messi su pellicola ma

proiettati direttamente in digitale. Così si aggiunge agli ambienti

quello virtuale: ambiente che non esiste, interamente costruito al

computer. Può riprodurre ambiente reale (montagna che non esiste

ma che sembra vera) oppure andare verso la dimensione fantastica,

ambienti impossibili (fantasy). Si può quindi giocare facendolo

interagire con gli altri tipi di ambienti, prendere cioè immagini reali

ma modificarle poi con i computer per renderli più adatte a quel film

(in parte reale, in parte virtuale).

Dimensione estetica degli ambienti: ambiente realista/naturalista,

o ovvero quell’ambiente che sembra vero, che vuole significare una

certa realtà. Ciò che conta è l’ambiente così come esso si dà in se e

per se. Oppure l’ambiente espressionista (idea passata attraverso il

momento espressionista della Germania) /artificiale/teatrale,

infedele alla realtà: tipo di ambiente che deforma lo spazio dalla

realtà, si dà per il suo grado zero di coefficiente di realtà, è del tutto

stato costruito e denuncia la sua artificialità. Nel cinema

espressionista l’uso delle immagini artificiali

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A.A. 2016-2017
62 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aryyb di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Tomasi Dario.