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La popolazione nella storia d'Europa

Essendo venuto meno l’impero con la cancellazione degli svevi, e così il nesso impero-papato attornocui ruotavano i testi fino ad allora, a partire dagli anno 80/90 del Duecento alcuni autori iniziano ariflettere su come riportare e scandire gli avvenimenti. Si inizia così a scrivere la storia delle città,registrando le vicende coeve.

In La popolazione nella storia d’Europa, Massimo Livi Bacci percorre la pesteall’interno le notizie delle cronache cittadine. Prima di tutto si sofferma sul quadro generale della popolazione osservando, relativamente all’Italia,che proprio in seguito a questi eventi la popolazione sembra ’stagnare’: se nel XIV secolo si assestavasui 12,5 milioni di abitanti, la riduzione successiva per guerre, carestie e epidemie fece sì chenonostante la crescita a metà del XVI secolo contasse ancora 11,5 milioni di persone. Oltre ai fattorisuddetti considera la mortalità infantile. Tra il 1750 e il 1800, la percentuale

La percentuale più alta di sopravvissuti ai primi anni di vita si registra in Inghilterra (probabilmente per la più alta percentuale di allattamento al seno materno).

Per quanto riguarda i documenti da analizzare, si rivolge soprattutto alle cronache cittadine, in particolare a quelle di Ferrara che ci parlano della carestia e della pestilenza riportandoci dei dati interessanti tra cui:

  • il prezzo del frumento e del pane
  • le stime dei morti
  • come reagiscono i sopravvissuti: chi sta in casa serrato, chi fugge dalla città

Uno dei modelli di questo genere letterario è la Cronaca di Giovanni Villani: negli anni 30-40 del Duecento scrive la storia di Firenze, dalla fondazione agli anni suoi, continuandola fino a che non muore proprio di peste.

  • registrazione di fatti recenti
  • collocazione in quadri più grandi che possono risalire a tempi più antichi
  • il centro dell'orizzonte è la città, ma l'ampiezza varia moltissimo (Marchionne la riscriverà)
togliendotutto quello che riguarda impero e papato, perché considera la città il centro del racconto e il resto non interessa). Gli autori di questi testi sono di livello intellettuale medio, non sono grandi intellettuali come Dante o Boccaccio, non sono nemmeno letterati di professione tanto è che possono non aver scritto altre cose. Spesso sono legati alla tradizione notarile o sono banchieri (i Villani ad esempio, sebbene siano detti mercanti). La stragrande maggioranza di quanto scritto nelle cronache riguarda la politica e il rapporto della città con i poteri vicini (città confinanti), grossi centri di potere (per Firenze sono i Visconti, il regno Angioino) oppure papato e impero. Nel corso del Trecento si arricchiscono di tante notizie di politica interna (linciaggi, evoluzione delle istituzioni cittadine). Nelle cronache dei Villani troviamo maggiore attenzione alla situazione interna e soprattutto alla peste: evento talmente potente da essere.registrato anche nelle cronache, è anche un argomento che spiazza gli autori perché extrapolitico. Vi sono anche notizie relative al genere dei mirabilia e tra loro anche qualcosa di storia della medicina riguardo peste, carestia, alluvioni. Pietro Azario, piemontese, scrive in piena pestilenza nel 1362 mentre si è rifugiato con i figli a Borgo Manero, lasciando la moglie e la figlia a Novara, lamentandosi della situazione della Lombardia. Scrive che la peste c'è già stata, collocandola nel 1344: a pochi anni di distanza, sbaglia clamorosamente la collocazione della peste del '48. Pietro collega la peste del '48 alla carestia, questa interpretazione è molto diffusa tra gli uomini medievali di media cultura. La carestia è a sua volta esito di mutamenti climatici: nel 42-43 c'era una terribile nevicata, la neve rimasta fino a marzo inoltrato danneggia il raccolto e le sementi, poi segue la peste. Maltempo → carestia → peste La stessa

L'idea si ritrova anche in Villani, in alternativa a quella per cui la peste arriva dall'Oriente, portata con le navi dei Genovesi. Il taglio degli scrittori del Duecento-Trecento è pessimistico. Gli eventi drammatici, non tanto come le carestie che sono periodiche, ma come i terremoti (di cui uno nel 1348 in Italia settentrionale), le alluvioni (di cui una nel 1336 a Firenze) e la peste, vengono letti come punizioni divine perché nell'immaginario medievale del mondo un evento dannoso punisce i peccatori. Queste calamità persistono finché gli uomini devono essere puniti, poi spariscono misteriosamente (anche se viene notato che ritornano).

L'opera di Giovanni, scritta in toscano e poi continuata da Matteo, va dalla fondazione ai giorni suoi. Giovanni ci racconta nel corso dello scritto delle letture che ha effettuato, varie, sia antiche che cronache cittadine, sia universali, scritti di frati francescani e domenicani. Si inserisce in un

quadrouniversale. Registra anche lo scoppio dell'epidemia di peste del 1348, durante cui Giovanni stesso morirà:

  • c'è una carestia che colpisce sia il contado sia la città, seguita dal rincaro prezzi e dalla malattia che colpiscono i più deboli e i poveri
  • per la malattia ("grande mortalità") muoiono specialmente le donne e i bambini (tenta di quantificare il numero e di farne una percentuale (più di 4.000 persone)
  • spiegazione astrologica (la mortalità fu addirittura predetta dalla posizione di Mercurio nell'Ariete...)
  • a cui segue immediatamente quella della punizione divina per i peccati
  • processione a metà marzo del '47 (cioè nel '48): le istituzioni hanno interesse a organizzarle per funzione apotropaica e consolatoria per i civili

Matteo, fratello minore di Giovanni, inizia la sua opera verso la fine degli anni '50, a distanza di alcuni anni dalla morte del fratello. Inizia descrivendo la peste del '48.

a distanza di sette-otto anni. Il fenomeno è ormai metabolizzato, ma non sanno che diventerà endemica, infatti Matteo ne parla convinto che la peste si è conclusa e non tornerà. Ci sarà invece una seconda ondata tra ’61 e ’63, in cui anch'egli morirà. Matteo dimostra una grande capacità di osservazione: - ricostruisce la geografia del morbo dandoci un rapido e preciso panorama con calendario della pestilenza (inizia con la congiunzione nel segno dell'Acquario nel 1346 in Oriente). Arriva a Firenze in aprile e ci resta fino a settembre - "pareva che s'appiccicasse per la veduta e per lo toccamento" - a Firenze molti si rinchiusero in luoghi solitari e di sana aria - morale: penitenza divina L'orizzonte rimane ampio, tra le fonti impiegate vi sono le lettere dei mercanti. Come veniva spiegata l'origine della peste? Il legame tra peste e carestia È difficile considerare la carestia come causa/concausa o fattore che si

Manifesta intorno all'apestilenza. È vero che nel Trecento era già in atto un attacco all'economia di sussistenza di molte parti d'Europa e anche per molti contemporanei i due eventi, carestia e peste, erano legati. Chi soffre di più le carestie sono i contadini, le città invece avevano leggi e disposizioni per difendersi. Attirano così molte persone dalla campagna -> epidemie (vedi In bona salute se anima e se corpo, Giovanna Motta). Bisogna considerare che molto di quanto raccontano i testimoni può essere vero, ma altre volte sono testimonianze dettate anche dalla paura. Perciò danno interpretazioni diverse, soluzioni e trattamenti differenti tra cui:

Il vento

In Treatise on Acute epidemic Warmth (1642) Wu Youxing, medico cinese che visse la peste nel 1641 in Cina riflette sulla sua provenienza. La considera una malattia epidemica acuta legata non al freddo ma al caldo, in particolare all'aria e al calore. Confrontandosi con la tradizione

La medicina cinese, che riconduceva tutto a squilibri nelle condizioni climatiche, ritiene che le variazioni stagionali in tal caso non c'entrino e che le epidemie derivino da soffi pestilenziali.

La punizione divina e stelle

Già vista nelle Cronache dei Villani, è un'idea dominante nel Medioevo e ancora si ritrova alla fine del XVI secolo in Hornstein, insieme all'idea che la malattia nasca per influenza di rare congiunzioni astrali, disastri naturali o che possa essere portata da demoni. In realtà Hornstein scopre due possibili origini, una esterna e una interna, ma alla fine riconduce tutto alla punizione divina.

La scomparsa della peste

In IMMUNITY AS A FACTOR IN THE EPIDEMIOLOGY OF MEDIEVAL PLAGUE Stephen R. Ell commenta che il sorgere, la sparizione e la demografia della peste medievale rimangono misteriose. Per la sparizione si fa riferimento alla sostituzione del ratto, a un cambiamento del bacillo, al miglioramento delle misure igieniche. Ci sono storici che invece

Fanno riferimento a fattori umani (McNeill, Cipolla, Ziegler). Si parla anche di come uccide la peste? Secondo gli autori medievali più i giovani uomini che donne e bambini. Inoltre se infettati gli uomini muoiono più spesso. Questo potrebbe essere connesso alla dieta, in particolare al ferro.

Quali sono i fattori di esposizione? Il contatto con gli animali, i topi? Il sovraffollamento? Alcuni mestieri? Si possono sviluppare immunità? - animal and human immunity: la cosiddetta immunità incrociata (grazie all’aver precedentemente contratto tifo o salmonella) -> può essere per questo che Milano e Parma non furono toccate dalla prima ondata?

Questa dell'immunità potrebbe connettersi anche al cambiamento del batterio in una forma meno aggressiva. Anche McNeill a tal proposito cita la pastourella pseudotubercolosis, variante meno potente della pastourella pestis (nota come yersinia). I suoi sintomi erano simili al tifo ed era in grado di

darel'immunità almeno parziale dalla peste. Sulla scomparsa della peste possiamo fare solo supposizioni. Tra le varie ipotesi è stata collegata allascomparsa del ratto rattus, o ratto conviviale, (dal pelo più lungo) che viene 'sostituito' da quellonorvegicus (meno adatto al trasporto del parassita?), su ipotesi degli storici che si basarono su fontisette-ottocentesche. McNeill giudica questa ipotesi poco probabile, nonché anacronistica perché lasostituzione sarebbe avvenuta nel XVIII secolo. Ne cita altre, come il costruire case in mattoni e pietrapiù che in legno e usare le tegole per i tetti invece della paglia, che avrebbero allontanato gli uomini daitopi. È anche possibile che l'insorgenza di altre malattie abbia contribuito al suo arresto (in modo simile aquanto probabilmente accadde per la lebbra). In IN BONA SALUTE DE ANIMO E DE CORPO:MALATI MEDICI E GUARITORI NEL DIVENIRE DELLA STORIA Giovanna Motta si chiedeproprio:

uardato il picco di contagio; altri pensano che l’epidemia si esaurisca quando viene raggiunta l’immunità di gregge, ovvero quando una percentuale sufficiente di persone ha sviluppato anticorpi contro il virus; infine, ci sono anche coloro che credono che l’epidemia si esaurisca grazie all’intervento umano, come ad esempio l’implementazione di misure di controllo e prevenzione. In ogni caso, l’esaurimento dell’ondata epidemica dipende da molti fattori, tra cui la virulenza del virus, la suscettibilità della popolazione e le misure adottate per contenere la diffusione.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
20 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Bubi3382 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle culture d'Europa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Belligni Eleonora.