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ESPORTAZIONI DIRETTE
L'impresa si organizza per gestire direttamente la propria presenza all'estero. Sviluppa una propria rete commerciale all'estero. Nulla di particolarmente complesso dal punto di vista organizzativo. Immaginiamo un'impresa localizzata ad Aosta e decide di vendere i prodotti in Costa Azzurra. È evidente che le complessità che incontra sono minori rispetto a quello che li vuole vendere dalla Sicilia (importante la vicinanza geografica). In prima battuta organizzo una rete di vendita per il paese estero. Se il paese è vicino e ha caratteristiche simili non c'è particolare difficoltà organizzativa o problemi strategici, l'unica cosa da fare è adattare il prodotto per quel mercato. Quindi si tratta solo di trovare degli agenti, venditori che abbiano la possibilità di sviluppare delle reti in un'area estera. Un secondo passaggio è quando questa rete si allarga e si colloca in diversi...
mercati geografici (non necessariamente vicini). In questo caso occorre un cambiamento dell'organizzazione: serve magari una direzione commerciale dell'estero o per uno specifico paese (poi dipende dalla rilevanza del paese - bisogna sempre tenere in conto il commitment dei paesi). Occorre poi considerare il modello organizzativo dell'impresa, se è funzionale o divisionale. Ovviamente il discorso sarà lo stesso ma articolato in modo diverso. Il cambiamento organizzativo richiesto quando le dimensioni aumentano è impegnativo e inizia ad avere un riflesso strategico. Ipotizziamo che i mercati crescono, che il fatturato ha una marginalità consistente è ovvio che anche la strategia evolve: magari bisogna risolvere dei trade off a partire da dove oriento gli investimenti, in quale contesto geografico. Non dimentichiamo che i comportamenti delle imprese sono buona parte il riflesso dell'organizzazione interna dell'impresa.
Quindi:
livello: semplice allargamento della rete commerciale dell'impresa con agenti, venditori che operano in aree geografiche diverse dalla nostra;
secondo livello: sviluppo della rete a un livello tale da richiedere un cambiamento organizzativo con l'attivazione di una direzione all'estero.
Un altro momento è quando nei paesi esteri viene creata una unità organizzativa. Non è una società, o una sussidiaria, quindi non ha personalità giuridica o autonomia ma è una unità che è gestita dalla struttura dell'azienda ma collocata all'estero. È un ufficio più o meno grande che svolge però alcune funzioni significative per sviluppare le esportazioni in quel paese. A questa sede di rappresentanza viene dato un budget per svolgere attività prevalentemente di promozione e comunicazione che accompagna quindi la vendita in quel determinato mercato. Anche se con un livello di autonomia limitato.
Attua nel paese estero delle scelte prese comunque dalla casa madre. Tutte queste cose, attività di promozione, commercializzazione etc, hanno delle specificità diverse dal business. Esempio: nei beni di largo consumo c'è maggiore bisogno di maggiore comunicazione individuando un'agenzia che sviluppa il messaggio etc rispetto magari a un'impresa che opera nelle grandi opere dove la comunicazione non è rilevante. In questo secondo caso una funzione importante è quella di sviluppare delle relazioni istituzionali, con gli stakeholder del territorio, per essere apprezzati, valutati, considerati dalla comunità locale e per essere invitati alle gare pubbliche. Qui si innesta il concetto della global Value chain: dobbiamo considerare le liabilities di non essere nelle reti complesse e internazionali. Rispetto a questo problema la nostra unità estera può svolgere questa funzione: si può collocare in una zona dove si riesce asviluppare una relazione istituzionale, quindi non specificatamente commerciale, utile per poi sviluppare delle relazioni commerciali. Un'altra funzione che può essere data all'unità organizzativa estera è quella della gestione logistica: uno dei problemi dell'export è proprio quello della logistica sia in termini di costi che di tempi quindi gestire direttamente la logistica dal paese estero (cioè quello dove deve arrivare il prodotto) permette un vantaggio in termini di costo e di controllo dei soggetti esterni che devono effettuare l'attività logistica. Permette poi, per i prodotti di consumo, di gestire un proprio magazzino. L'impresa esportatrice sviluppa una rete che in linea generale arriva al mercato finale, ma ci possono essere delle situazioni, e questo dipende dalla tipologia di prodotto, in cui è più opportuno arrivare al cliente finale sviluppando un meccanismo di retail (franchising).problema da risolvere è il time to market: le esportazioni hanno lo svantaggio del time to market e avere un'unità organizzativa nel mercato estero facilita o prova a risolvere questo problema. Quando la presenza estera in un determinato mercato diventa sempre più rilevante, in termini di fatturato, margini e strategico, l'ufficio di rappresentanza può trasformarsi in una vera e propria sussidiaria acquisendo una propria autonomia. È una fase un po' di sovrapposizione con gli IDE. Si tratta però di una sussidiaria commerciale che gestisce tutte le attività connesse alla vendita del prodotto in quel determinato paese, però è chiaro che ha un'implicazione organizzativa molto importante. In questo caso l'impresa madre deve avere la capacità di gestire strutture organizzative autonome e indipendenti in altri paesi. La sussidiaria a questo punto avrà dei propri obiettivi e cercherà diavere la maxautonomia per raggiungere quei determinati obiettivi. Potrebbe accadere che la sussidiariagestisce l'attività in un paese importate, le potenzialità di crescita in zone limitrofe sonosignificative, il passaggio ulteriore sarebbe organizzare l'attività direttamente nel paese equindi si ha un vero e proprio IDE. L'opportunità di trasformare l'unità organizzativa in unasussidiaria si lega anche al fatto che in alcuni business, il fatto di essere un soggetto localepuò essere importante soprattutto con gli stakeholders. In questo caso ho più facilità digestire problematiche di tipo amministrative relative alla presenza di determinati prodottie servizi in quel paese.Parallelamente dobbiamo considerare l'evoluzione e la gestione del capitale umano.Allargo la mia rete di venditori per individuare persone che sviluppano il prodotto in nuovimercati. Assumo nuovi agenti: qui c'è un tema
da prendere in considerazione è se assumere persone del paese di origine o residenti del paese estero. È chiaro che più si procede verso una estensione maggiore estera, maggiore sarà la necessità di persone che lavorano all'estero per la nostra impresa. In linea generale, nella realtà accade che in una prima fase viene inviata una persona del paese di origine con molte difficoltà perché occorre essere in grado di lavorare in un mercato estero e con persone straniere. La problematica maggiore è sviluppare un management con una cultura e capace di adattarsi in contesti geografici molto diversi. Tutto questo va considerato anche in relazione ai diversi costi che le varie azioni comportano. Da diversi anni, le esportazioni dirette sfruttano anche il canale dell'online o attraverso piattaforme proprietarie o inserendo i propri prodotti in grandi piattaforme generaliste, magari che vanno per settore o per tipologie di clienti. Oggirappresenta una quotarilevante del commercio internazionale, richiede all'impresa di organizzare la logistica inmaniera significativa.Ricordo un fenomeno importante per settori come il tessile che è quello del traffico diinternazionalizzazi9one passivo che anticipava quella che oggi è la logicadell'organizzazione della catena internazionale del valore. L'impresa in un determinatopaese (Italia) invia un manufatto nello stabilimento estero che può essere o di proprietàdella stessa impresa o un fornitore estero; quel fornitore estero svolge determinatelavorazioni sul manufatto o dalle materie prime ricevute dall'azienda e re-invia il prodottofinito o solo lavorato in Italia e lo mette sul mercato. L'azienda ora importa un prodotto cheprima è stato esportato ma è diverso però perché ha un maggiore valore. È un doppiopassaggio export import che comporta una doppia procedura. Le norme peròsemplificanoe riducono ad un'unica tassazione il doppio passaggio.Fonti del progetto: grandi aziende che operano nel settore scelto o anche impreseinternazionali. Vediamo un po' i siti. Poi andiamo a vede eventuali analisi di studio di settorimagari le società di consulenza.
Esercitazione RencoConcettualizzazione del percorso:Inizia con un'internazionalizzazione trainata, poi passa da una strategia client proximity a unaclient seeking l'azienda invece che seguire i suoi clienti va a cercarseli autonomamenteall'estero.
Cosa ha spinto Renco a cambiare strategia?Coinvolgimento limitato nelle relazioni che minava la possibilità di ottenere reputazione Il problema del modello di Renco è che i margini sono bassi perchè prende quasi tutto l'appaltatoreMotivi di industry perchè il mondo si muove verso tecnologie greenCosa fa quindi l'impresa?Diversifica entrando in nuovi settori più o meno collegati a
quello principale Ampliamento servizi ora Renco è un'azienda che può occuparsi di tutte le fasi e servizi, anche post costruzione Affiancare conoscenze tecniche a conoscenze finanziarie può gestire il progetto e interfacciarsi con tutti gli attori coinvolti (istituzionali, finanziari ed industriali) Perché è entrato in armenia? Hanno visto opportunità di tipo energetico L'aumento della domanda però non è stato coperto da un ammodernamento delle strutture viene incoraggiata dal governo la costruzione di nuovi impianti (anche green) per sostituire il vecchio impianto nucleare ed altri e per cercare di diminuire il costo dell'energia e esportare quella in eccesso. I flussi di cassa generati dalla società creata ad hoc per il progetto vanno a finanziare il progetto stesso Obiettivi del governo armeno: Migliorare capacità ed efficienza energetica Contare su investimenti esteri Miglioraregli impianti del paese Esportare l'energia in eccesso nei paesi limitrofi Vengo