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TRATTI PROTOTIPICI DEFINIZIONE OPERATIVA DI PAROLA.
Una parola è un segmento della catena parlata, tale che:
Non sia interrompibile da altri elementi
Che sia virtualmente possibile isolarla con una pausa
Che si raggruppi intorno ad un accento primario (tonicità)
Possa comparire in isolamento (autonomia)
Sia mobile (dislocabile all’interno dell’entità di ordine superiore)
Che non sia scomponibile
La parola può essere considerata come Lemma o Occorrenza:
se studio la lingua dal punto di vista dell’asse paradigmatico mi
interesserò del Lemma: esso è definito come la parola in quanto
oggetto all’interno del sistema di scelte offerte da una lingua. È
l’entrata lessicale presente nel dizionario che può essere flesso in
diverse forme morfologiche… lemma concreto
se studio la lingua dal punto di vista dell’asse sintagmatico mi
interesserò delle Occorrenze: le occorrenze sono dette anche
tokens, esse sono l’insieme di forme in cui una parola occorre.
Rappresenta la parola in quanto unità delimitabile all’interno di una
sequenza di parole (frase).
Lessico: insieme delle possibili scelte dei lemmi all’interno della lingua.
Lessema: unità di base del lessico (astratta) può essere radice, parola o
sequenza di parole.
Concordanza: contesto in cui una stessa parola occorre.
Esempi:
gli amici dei miei amici sono miei amici (amici ripetuto 3
volte, miei ripetuto 2 volte)
8 occorrenze (ovvero tutte le parole che si trovano all’interno della frase)
5 tipi distinti di parole (forme) la parola “amici” vieni contata solo una
volta anche se ci ricorre 3 volte, come la parola “miei”)
il suo amico è dove sono la mia amica e il suo compagno
13 occorrenze 11 forme 8 lemmi: il/la;
amico/amica; è/sono
Lemma: entrata lessicale che potenzialmente può essere flessa in forme
morfologiche diverse
Rapporti sintagmatici e paradigmatici
La disciplina che si occupa di studiare il lessico dal punto di vista
semantico è chiamata semantica lessicale. Essa ha tra i suoi obbiettivi
sia l’analisi semantica dei singoli lessemi che l’analisi dei rapporti
semantici che intercorrono tra di essi. Soussure individua due tipi di
rapporti cui vanno soggette tutte le unità linguistiche:
i rapporti sintagmatici riguardano la successione lineare degli elementi
linguistici: quando realizziamo un messaggio, ogni elemento che lo
compone si colloca in una posizione stabilita che esclude tutte le altre,
esso così acquisisce il suo valore in relazione agli elementi che lo
precedono e lo seguono. tali rapporti sono definiti “in praesentia”,
poiché riguardano due o più elementi presenti in un atto linguistico
concreto.
Al di fuori del discorso ogni elemento del messaggio ha rapporti
paradigmatici con altre unità ad esso collegabili tramite associazioni
mentali. tali rapporti sono definiti “in absentia” poiché non vengono
presi all’interno dell’atto linguistico concreto bensì avvengono solamente
all’interno della mente del parlante
Lemma: concetto paradigmatico
Occorrenza: concetto sintagmatico
LE PARTI DEL DISCORSO
I lessemi di una lingua possono essere classificati in base a diversi criteri.
Secondo la funzione che vanno a coprire all’interno della frase possiamo
definire le diversi classi del discorso.
CRITERIO SEMANTICO: rappresentabili vs non rappresentabili
Secondo il criterio semantico possiamo definire i lessemi come
rappresentabili se essi sono usati per riferirsi a:
oggetti individuali (nomi),
azioni/ stati (verbi),
proprietà degli oggetti (aggettivi) o delle azioni/ stati (avverbi).
I lessemi non rappresentabili non hanno valore semantico poiché
possiedono solo la funzione grammaticale (articoli, congiunzioni,
preposizioni)
DISTINZIONE FORMALE: classe aperta e classe chiusa
La classe aperta possiede un numero elevatissimo di lemmi,
potenzialmente infinito, e può essere sempre incrementabile. I nomi, i
verbi, gli aggettivi, gli avverbi in –ente, e le interiezioni formano la classe
aperta.
La classe chiusa contiene un numero finito di elementi che non sono
incrementabili: pronomi, articoli, preposizioni, congiunzioni e avverbi
(non in –ente).
CRITERIO MORFOLOGICO:
parti invariabili vs variabili
categorie morfosintattiche inerenti
le categorie grammaticali espresse in italiano sono:
numero per i NOMI
genere e numero per gli ARTICOLI E AGGETTIVI (grado)
persona, numero, tempo, aspetto, modo e diatesi per i VERBI
persona, numero, genere per i PRONOMI
Si dice che un lessema è variabile quando si può presentare in
diverse forme flesse: in italiano sono variabili NOMI, ARTICOLI,
AGGETTIVI, PRONOMI e VERBI. Sono quindi invariabili gli AVVERBI,
le CONGIUNZIONI, e le PREPOSIZIONI.
CRITERIO FUNZIONALE- SINTATTICO:
funzione grammaticale
reggenza argomentale
identificazione parti del discorso:
CRITERIO DISTRIBUTIVO ( elaborato da bloomfield)
Sappiano che le espressioni linguistiche si distribuiscono all’interno della
frase seguendo una sequenza lineare. L’ordine che un certo elemento
occupa all’interno della frase identifica la funzione di tale parola e la sua
classificazione all’interno delle parti del discorso.
CRITERIO DI SOSTITUIBILITà:
A livello semantico 2 espressioni con la stessa denotazione sono
sostituibili tra loro. Possiamo sostituire due espressioni con la stessa
denotazione poiché la frase mantiene lo stesso valore di verità.
A livello sintattico non ci importa del valore di verità della frase, ci
importa solo che essa sia ben formata dal punto di vista grammaticale.
Esempio: il mio libro preferito è rosso/ giallo
Esempio 2: il mio amico preferito è rosso/ giallo ( frase ben formata dal
punto grammaticale ma non dal punto di vista semantico)
N.B. Il criterio di sostituibilità ci permette di individuare quali
espressioni sono della stessa categoria dal punto di vista distributivo. Ma
non sempre espressioni dello stesso tipo sono intercambiabili: amico e
libro fanno parte della stessa categoria (NOMI) ma in questa frase non
possono essere sostituiti poiché non hanno la stessa denotazione
NOMI
CRITERIO SEMANTICO
DENOTAZIONE denota un individuo/classe, concepito come un insieme
unitario di proprietà stabili;
Sotto classificazione:
Nome comune vs proprio: il nome comune denota una classe di
individui o oggetti che condividono più proprietà comuni. I nomi
propri denotano un singolo individuo.
Nome concreto vs astratto: il nome concreto individua oggetti o
individui rappresentabili nel mondo reale. I nomi astratti invece
rappresentano emozioni o sentimenti che non possono essere in
alcun modo rappresentabili nel mondo.
Nome numerabile vs non numerabile: alcuni nomi non possono
essere quantificati… non posso dire “due acque” poiché la parola
acqua non è assolutamente numerabile.
CRITERIO MORFOLOGICO PARTI VARIABILI
il nome è una parte variabile del discorso e varia per genere e per
numero: può essere maschile e femminile, plurale e singolare. Detto
questo uno stesso nome può quindi avere forme differenti a seconda
della funzione che svolge all’interno della frase.
CRITERIO FUNZIONALE DISTRIBUTIVO
funzione logica grammaticale
Il nome può avere tre funzioni logiche: soggetto, oggetto e parte
nominale del predicato.
Il presidente è andato in parlamento (presidente soggetto)
Gianni ha chiamato il presidente (presidente complemento oggetto)
Gianni è presidente (presidente parte nominale)
Reggenza argomentale: il nome può essere una espressione REGGENTE e
NON REGGENTE:
Espressione reggente: “il padre di martina” nome di ruolo, regge
il complemento di predicazione
Espressione non reggente: “il padre con il cappello” funzione
generale, lo stesso nome in questa frase non ha funzione reggente.
NOMI DEVERBALI: derivano dai VERBI e reggono lo stesso numero di
elementi dei verbi da cui derivano:
SPERO CHE CI SIA LA SPERANZA CHE CI SIA (nome con funzione
verbale)
IL VERBO
CRITERIO SEMANTICO DENOTAZIONE
il verbo identifica una classe di STATI e EVENTI. Esistono nomi che
sostituiscono il verbo a livello semantico….( nome deverbale ).
Io spero nella vittoria la speranza nella vittoria.
Sotto classificazione:
il verbo può avere diverse sotto categorizzazioni grammaticali :
Ausiliare Modale
Circostanziale
Differenze di valenza: transitivi Vs intransitivi
Differenze aspettuali: stati, eventi, processi
CRITERIO MORFOLOGICO: Il verbo è una parte variabile del
discorso.
Le categorie morfosintattiche inerenti sono: MODO, TEMPO, PERSONA,
NUMERO, DIATESI (Passivo/ attivo).
CRITERIO FUNZIONALE
Funzione logica, grammaticale: il verbo all’interno della frase predica
della denotazione degli oggetti a cui si riferisce. Ha la funzione quindi
di predicato NOMINALE e VERBALE.
Reggenza argomentale: all’interno della frase un predicato può
reggere un massimo di 4 argomenti: il numero di elementi necessari
al verbo per saturarsi è indicato dalla sua valenza. Essi sono quindi
classificati in base alla loro reggenza argomentale:
Avalenti (verbi metereologici)
Monovalenti ( mangia la mela)
Bivalenti
trivalenti
N.B. tutti gli argomenti che sono all’interno della frase ma che
sono fuori dalle reggenza sono detti opzionali o non funzionali
AGGETTIVO
CRITERIO SEMANTICO denotazione
Denotazione:
l’aggettivo denota le proprietà dei nomi a cui si riferisce, ed esse
identificano qualità accidentali: proprio per questo sono indipendenti
rispetto al nome che denotano. Le qualità dei nomi si distinguono da
quelle dell’aggettivo poiché sono sostanziali, ovvero necessarie affinché
un oggetto con determinate caratteristiche possa essere classificato e
definito appartenente a una determinata classe di oggetti.
Sottoclassificazione; esistono aggettivi:
valutativi e non valutativi possessivi
di relazione ( del sole solare) dimostrativi
di misura
CRITERIO MORFOLOGICO:
l’aggettivo è una parte variabile del discorso. Ha le stesse varietà
morfologiche del nome ma in pi&ugra