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Il presente come futuro

Il presente può fare riferimento a un evento posteriore al momento dell'enunciazione, assumendo il ruolo tradizionale di un altro tempo verbale, il futuro (è il presente pro futuro). Il momento a cui ci si riferisce può essere collocato in un futuro molto vicino: ora gli apro. In questo caso si parla di presente ingressivo. Ma non è questo l'unico caso: il presente può anche essere usato in riferimento a un evento lontano, ma già pianificato: l'estate prossima vado al mare. In questi casi, che si tratti di futuro è indicato da avverbi o espressioni temporali (negli esempi citati ora, l'estate prossima):

(2) Domani vado a Roma, Sabino, e non so a che ora rientro. Dopodomani è sabato (Gianrico Carofiglio, Le perfezioni provvisorie, Palermo, Sellerio, 2010, p.10)

Il presente come futuro è molto diffuso nei dialetti, soprattutto centro-meridionali, in cui spesso manca una forma dedicata per il futuro.

L'imperfetto

Nell'imperfetto le due categorie di tempo e aspetto sono strettamente connesse: tale forma verbale colloca un evento anteriormente rispetto al momento dell'enunciazione, ma, a differenza del perfetto, lo presenta come non concluso, in corso in un momento del passato. È spesso utilizzato:

  1. nelle descrizioni:
    La città, dopo tutta quella pioggia, sembrava coperta da una lacca nera e lucida. Niente biciclette, niente pedoni, poche macchine. Era uno scenario da Blade Runner (ivi, p. 49)
  2. per sottolineare il carattere abituale di alcuni eventi:
    Hachiko aspettava sempre il suo padrone alla stazione
  3. può assumere un valore perfettivo; si tratta di casi di imperfetto narrativo:
    Della grave situazione si rendeva immediatamente conto un anziano pescatore [...], il quale, vestito com'era, si lanciava in acqua, sollevava il corpo inerte del giovane e lo portava sulla banchina dove tentava disperatamente di tenerlo in vita con la

respirazione bocca a bocca. Purtroppo i suoi sforzi risultavano vani («Il Mattino di Napoli» 28 novembre 1986)

L’imperfetto ha una serie di usi modali (come il cosiddetto imperfetto di cortesia: cosa desiderava signora?; o l’imperfetto ludico: io ero capitano della nave, tu il marinaio), la cui analisi non è qui pertinente. Come sottolinea Simone (1993: 60-61): l’imperfetto occupa una posizione speciale in tutta l’area romanza, perché ha assunto, rispetto al suo corrispondente latino, una varietà di funzioni estremamente vasta e complessa […]. Questa varietà di funzioni rende l’imperfetto una delle forme capitali dell’organizzazione verbale dell’italiano (e delle altre lingue romanze), che lo adopera anche come forma di trasposizione ‘semplificante’ di svariate altre forme verbali percepite come più complesse.

3.3 Tempi passati

Il passato remoto, al pari dell’imperfetto, colloca un

evento nel passato rispetto al momento dell'enunciazione, ma, come indica il nome stesso, si tratta di un evento considerato concluso, senza alcun legame con il momento dell'enunciazione: entrai nell'edificio e salii le scale.

Il passato prossimo è un altro tempo del passato; tuttavia, l'evento codificato attraverso questo tratto è presentato con effetti ancora perduranti al momento dell'enunciazione. Nell'esposizione narrativa di carattere storico, come vedremo in seguito, il passato prossimo è raro; ad es., nei Promessi sposi lo si incontra nei discorsi diretti: "me l'avete promesso"; "che prova m'avete data?"; "è uscito"; "io ho capito tutto"; "tu m'hai inteso", ecc.

È da notare che nell'italiano settentrionale il passato prossimo si usa molto spesso dove nell'italiano centro-meridionale ci si aspetterebbe il passato remoto:

a. piem.

a perdü; lig. a persu; milan. s perdü; ven. a perso «perse»b. sicil. comu dormisti? «come hai dormito?»; sta matina chiuvìu «stamattina hapiovuto»c. salentino comu durmisti?

Il trapassato prossimo indica un evento anteriore rispetto a un momento di riferimento nel passato, mentre il trapassato remoto è molto ricercato, utilizzato quasi soltanto nella lingua scritta molto controllata; codifica anteriorità e compiutezza rispetto a un perfetto semplice e compare solo nelle frasi temporali:

(7) dopo che lei fu partita […], mi buttai sul lavoro redazionale (Italo Calvino, Racconti, Torino, Einaudi, 1973)

Nella lingua parlata, al suo posto si trova il passato remoto (passato prossimo nell’italiano settentrionale).

3.4 Futuro

Il futuro semplice codifica la posteriorità di un evento rispetto al momento dell’enunciazione. Come nell’imperfetto, anche nel futuro tratti aspettuali e modali si mescolano a quelli

Più propriamente temporali (ad es., si parla di futuro epistemico). Non bisogna dimenticare che il futuro italiano, e romanzo più in generale, rappresenta l'esito di un processo di grammaticalizzazione: il futuro sintetico del latino classico, del tipo laudabo, è sostituito nel latino volgare dalla perifrasi infinito + habeo, da cui poi si sono sviluppate le forme di futuro sintetico delle lingue romanze: laudare habeo > it. loderò. La struttura perifrastica del latino volgare aveva un chiaro significato modale: lett. "ho da lodare".

Interessanti sono poi i casi di futuro con valore retrospettivo, frequenti nella prosa giornalistica, che indicano anteriorità del momento dell'avvenimento rispetto al momento dell'enunciazione:

(8) gol non ce ne saranno più, ma per il Catania è cosa fatta

Il futuro anteriore esprime l'anteriorità rispetto a un momento di riferimento nel futuro: fra un mese l'avrai

bell'è dimenticato. Il condizionale passato esprime la posteriorità, ma rispetto a un momento di riferimento nel passato: Marco ci ha detto che si sarebbe fatto vivo.

4. Concordanza dei tempi

In latino, la concordanza dei tempi tra la frase principale e le subordinate era regolata dal complesso meccanismo della consecutio temporum; in italiano ne sono rimaste alcune tracce: il tempo del verbo della subordinata è condizionato da quello del verbo presente nella principale.

Il tempo del verbo di una frase subordinata può essere lo stesso che si avrebbe se la frase fosse indipendente (tempo deittico):

(9) Giovanni verrà da noi domani

(10) Giovanni mi ha detto che verrà da noi domani

In altri casi, il tempo del verbo presente nella subordinata dipende dal tempo del verbo della principale. Inoltre, la concordanza dei tempi varia a seconda del tipo di subordinata: nelle frasi completive il tempo del verbo è condizionato più dal tempo della principale.

che da quello dell'enunciazione; viceversa, nelle frasi avverbiali e nelle frasi relative, il tempo del verbo della subordinata è maggiormente influenzato dal tempo dell'enunciazione. Se il verbo della principale è al presente o al futuro, il verbo della subordinata può essere al presente, al futuro o al passato prossimo: (11) dice che non può partire [o che non ha potuto partire] (12) ti dirò quando lo vedo [o lo vedrò o lo avrò visto o l'ho visto] Se il verbo della principale è al passato (imperfetto, passato semplice, trapassato), il verbo della subordinata può presentare uno di questi tempi o il condizionale: 40 (13) mentre il dottore leggeva, Renzo gli andava dietro lentamente con l'occhio (Manzoni, I promessi sposi III) Se il verbo della principale è al passato prossimo, il verbo della subordinata può essere o al presente o a un tempo passato: (14) a. mi ha detto che non arriva in tempo b. mi ha

Detto che non veniva

Il condizionale nella subordinata si può trovare in dipendenza da un verbo al tempo passato nella principale: mi ha detto che sarebbe venuto.

Come osserva Rohlfs (1969), le varietà calabresi meridionali e salentine non seguono sempre la consecutio:

(15) calabrese

a. jia mu si curca "andava a coricarsi" (lett. "andava che si corica")

b. volivi mu parra "volli che parlasse" (lett. "volli che parla")

(16) salentina

a. ulia cu ffazzu "vorrei fare" (lett. "volevo che faccio")

b. trasíu cu bbite "entrò per vedere" (lett. "entrò che vede").

5. La temporalità nel testo

Si devono a Benveniste (1959) e a Weinrich (20042) importanti riflessioni sull'uso dei tempi nei testi. Tempo reale e tempo testuale possono coincidere (ad es., nel discorso performativo, in cui il proferimento del verbo espleta il suo significato: la proclamo dottore in Lettere),

ma possono anche non coincidere; i tempi verbali forniscono importanti informazioni a questo proposito. Nel sistema verbale di una lingua, i tempi si organizzano in due sottogruppi: tempi della storia e tempi del discorso (per Benveniste 1959), tempi commentativi e tempi narrativi (per Weinrich 20042). Nel caso della lingua italiana, i tempi commentativi (tempi del discorso) sono: passato remoto, presente, futuro, futuro anteriore; i tempi narrativi (tempi della storia): trapassato, imperfetto, passato prossimo, condizionale presente, condizionale composto. Per quanto riguarda i tempi narrativi, un'importante articolazione a livello testuale è data dai ruoli dell'imperfetto e del passato remoto: si tratta di due tempi verbali che si trovano non solo in italiano, ma anche in altre lingue romanze (come il francese), mentre, ad es., non si trovano in inglese e in tedesco (da cui, ad es., la difficoltà di traduzione del testo nietzschiano Also sprach Zarathustra, che in.so del discorso a quello della storia, si utilizzano spesso segnali come "disse", "raccontò", "pensò", "si chiese", ecc. Inoltre, è possibile utilizzare altri segnali per indicare il passaggio dallo sfondo al primo piano, come ad esempio l'uso di virgolette o trattini per citare direttamente le parole dei personaggi. È importante sottolineare che la scelta tra imperfetto e passato semplice dipende dal contesto e dall'effetto che si vuole ottenere. L'imperfetto viene spesso utilizzato per descrivere azioni abituali o per creare un'atmosfera di sfondo, mentre il passato semplice viene utilizzato per descrivere azioni specifiche e puntuali. In conclusione, l'uso di imperfetto e passato semplice permette di creare una distinzione tra sfondo e primo piano, tra il piano della storia e il piano del discorso, e di alternare liberamente tra i due piani all'interno di un testo.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
60 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MaggieMerano di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica applicata e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Da Milano Federica.