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Non è normalmente prevedibile che il danno ingiusto subito da un uomo comprenda
l’astensione da quelle attività di lavoro domestico cui lui, per natura, non è destinato.
Secondo questa prima interpretazione, l’argomento della natura delle cose fonda
una presunzione semplice ed è elemento di un di tipo
ragionamento abduttivo
teorico: il ragionamento si conclude con l’accertamento di un fatto, giustificato in base
a una ipotesi capace di spiegare alcune osservazioni empiriche che si ritiene
rientrino nella comune esperienza. 6
Una diversa ricostruzione è che l’argomento della natura delle cose non sia altro che
una generalizzazione empirica giustifica una presunzione, e che può quindi essere
parafrasato come un ragionamento induttivo
Gli uomini di solito non si occupano delle faccende domestiche, il signor P.A è un
uomo, quindi il signor P.A. non si occupa delle faccende domestiche e non ha subito
un danno.
In base a questa diversa ricostruzione, il riferimento alla natura delle cose è
puramente retorico, vuoto di contenuto non si tratta di una ipotesi esplicativa che
spiega alcune osservazioni di fatto.
2. Ipotesi: Un ragionamento normativo?
La Corte d’appello non ha risarcito il danno perché, posto che un danno vi sia stato, non
è doveroso risarcirlo.
Essendo conforme alla natura delle cose che l’uomo, si disinteressi alle faccende
domestiche, l’eventuale danno che sia derivato al marito dalla perduta possibilità di
svolgere tali faccende non merita di essere risarcito: non solo è un danno imprevedibile
ma, prima ancora, è un danno innaturale.
La verificazione di tale danno non dipende solo dal fatto ingiusto del convenuto ma
anche dall’anomala distribuzione delle responsabilità di cura domestica all’interno della
coppia.
–> pertanto, dovendo procedere a una valutazione di un danno che non
equitativa
possa essere provato nel suo preciso ammontare, ai sensi dell’art. 1226 c.c. il giudice
dovrà considerare questa voce di danno come in buona sostanza assorbita dalla
liquidazione degli altri tipi di danno patrimoniale e non patrimoniale.
Secondo la seconda interpretazione [più lontana dal testo della sentenza]
l’argomento della natura delle cose coincide con l’assunto secondo cui le cose
devono andare come vanno normalmente nella generalità dei casi.
L’argomento può essere parafrasato con una che fonda un
abduzione normativa
ragionamento normativo di tipo normativo
Gli uomini di solito non si occupano delle faccende domestiche, quindi è nella natura degli uomini di
non doversi occupare delle faccende domestiche
La conclusione del ragionamento abduttivo è una regola che si presta a essere utilizzata
come premessa di un ragionamento deduttivo normativo:
–> un ragionamento che si articola in una sequenza di giudizi sillogistici e che conclude
nel senso che il risarcimento del danno non è dovuto. “É nella natura delle faccende
domestiche, quindi gli uomini non si devono occupare delle faccende domestiche, quindi il danno che
consiste nell’impossibilità di attendere a queste non è un danno risarcibile. 7
L’ordine naturale delle cose:
analogamente, quando l’argomento è utilizzato per
giustificare una conclusione normativa non si limita ad
affermare che tale conclusione è doverosa, giusta in
considerazione di quale principio ma afferma che è tale
perché diffusa, comune, normale
statisticamente
L’argomento naturalistico può avere ad oggetto una duplice valenza teorica e normativa,
ed è caratterizzato dal fatto di sfumare o confondere la distinzione fra prescrittivo e teorico,
fra normativo e normale.
Da ciò segue che l’argomento naturalistico si presta a un duplice ordine di obiezioni:
1. Si può contro - argomentare che 2. Si può contro - argomentare che la
l’abduzione è, di fatto, infondata e priva normalità di una situazione non
di una base statistica sufficiente oppure implica la sua doverosità sul piano
che sebbene infondata è di fatto normativo e che altri principi diversi
irrilevante. dal conformistico così vanno le cose,
devono assumere rilevanza ai fini della
–> argomento della valutazione.
generalizzazione
indebita
Fallacia secundum quid et simpliciter
• Incorriamo in questa fallacia quando trascuriamo la differenza tra una massima di
• esperienza valida solo nella generalità dei casi, e una proposizione categorica, valida
senza eccezioni in ogni circostanza.
Generalizzazione indebita
Cass, Sez. III civ. sentenza del 2014. non è certo madre natura a stabilire i criteri di riparto delle
incombenze domestiche tra i coniugi. Tale riparto è ovviamente frutto di scelte soggettive e di costumi sociali, le
une e gli altri nemmeno presi in considerazione dalla Corte d’appello.
Che l’uomo si disinteressi delle faccende domestiche non è vero in assoluto
• É possibile che le incombenze domestiche fossero ripartite all’interno della coppia in
• modo paritario, per effetto di una libera scelta dei coniugi e delle mutate convenzioni
sociali. 8
Fallacia naturalistica
La fallacia naturalistica è quella di chi deriva una conseguenza normativa da una o più
premesse descrittive: ogni conclusione normativa richiede almeno una premessa normativa.
–> Premesse puramente fattuali sulle proprietà naturali delle cose non sono sufficienti a
sostenere conclusioni del genere.
Es: bere birra è piacevole, quindi birra è bene
Argomenti sostanziali Art. 143 c.c. “Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli
stessi diritti e assumono i medesimi doveri”
Cass. Sez. III sentenza del 2014: L’affermazione della Corte d’appello è contraria al fondamentale
–>
principio giuridico di parità e parti contribuzione dei coniugi ai bisogni della famiglia sancito dai commi 1 e 3
dell’art. 143 c.c. ed in mancanza di prove contrarie, che sarebbe stato onere dei convenuti addurre e che non
furono addotte, è ragionevole presumere che i cittadini conformino la propria vita familiare ai precetti
normativi, piuttosto che il contrario.
ANALISI DI UNA SENTENZA
Cassazione, Sez. I Civ. 10 maggio 2017 n. 11504
Il tribunale di Milano ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio, contratto tra G.V e
L.L.C ed ha esposto la domanda di assegno divorzile da quest’ultima.”
Il gravame della L. è stato rigettato dalla Corte d’appello.
Attraverso questa sentenza la L. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di 4 motivi:
–> Con il secondo motivo la L. ha denunciato la violazione e falsa applicazione della L.n.
898 del 1970 art.5 per avere la Corte milanese negato il diritto all’assegno sulla base delle
circostanze che lo stesso G. non avesse mezzi adeguati.
–> per conservare l'alto tenore di vita matrimoniale, dando rilievo decisivo alla riduzione dei
suoi redditi rispetto all'epoca della separazione, mentre avrebbe dovuto prima verificare la
indisponibilità, da parte dell'ex coniuge richiedente, di mezzi adeguati a conservare il tenore
di vita matrimoniale o la sua impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive»
Tali motivi sono infondati, si rende tuttavia necessaria ai sensi dell’art. 384 c.p.c. la
correlazione in diritto della sentenza impugnata, il cui dispositivo è conforme al diritto in
base alle dichiarazioni che seguono:
–> art, 384 “Non sono soggette a cassazione le sentenza erroneamente motivate in diritto, quando il
dispositivo sia conforme al diritto. In tal caso la Corte si limita correggere la motivazione”
Una volta sciolto il matrimonio civile o cessati gli effetti civili conseguenti alla trascrizione 9
del matrimonio religioso… il diritto all’assegno di divorzio - previsto dalla L. n. 898 del 1970
nel testo sostituito dalla legge 74 del 1987 - è condizionato dal previo
art. 5 comma 6
riconoscimento di esso in base all’accertamento giudiziale della mancanza di “mezzi
adeguati dell’ex coniuge richiedente l’assegno o dell’impossibilità dello stesso di procurarsi
mezzi adeguati
Art. 5 comma 6:
Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti
civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei
coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed
economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione
del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e
valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del
matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare
periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non
o comunque non può procurarseli per ragioni
ha mezzi adeguati
oggettive.
La piana lettura di tale comma 6 dell’art.5 mostra con evidenza che la stessa “struttura”
•
prefigura un giudizio nitidamente e rigorosamente distinto in due fasi, il cui oggetto è
costituito dall’eventuale riconoscimento del diritto e dalla determinazione dell’assegno.
quando non ha mezzi adeguati o non può procurarseli per ragioni oggettive
An debeatur: tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del
Quantum debeatur:
contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del
criteri
patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi •
• La complessiva ratio della L. n. 898 del 1970 art. 5 comma 6 ha fondamento costituzionale
nel dovere inderogabile di “solidarietà economica” [art. 2 in relazione all’art. 23 Cost.] il cui
adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi quali “persone singole” a tutela della
“persona” economicamente più debole.
Deve sottolinearsi che il carattere condizionato del diritto dell’assegno di divorzio…
• comporta che, in carenza di ragioni di “solidarietà economica” l’eventuale riconoscimento
del diritto si risolverebbe in una locupletazione illegittima, in quanto fondata
esclusivamente sul fatto della “mera preesistenza” di un rapporto matrimoniale ormai
estinto, ed inoltre di durata tendenzialmente sine die”
tali precisazioni preliminari si rendono necessarie perché non di rado è dati rilevare nei
–>
provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto l’assegno di divorzio una indebita
commissione tra due fasi del giudizio e tra i relativi accertamenti che, essendo invece
pertinenti esclusivamente all&