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IL PADIGLIONE
Entra nel panorama architettonico attraverso le esposizioni universali. Hanno
caratterizzato la ricerca architettonica e lo sviluppo tecnologico, ed essi ne
sono anche testimonianza.
Avevavano la caratteristica di
nascere con l’obiettivo di
essere smantellati dopo
l’esposizione. Alcuni non
vengono eliminati e rimangono
diventando simbolo del luogo
in cui sono nati.
Nel 1851 si ha la prima
esposizione universale, cha ha
luogo a Londra. Per
l’occasione viene costruito il
Cristal Palace (Paxton)
Esprit Noveau (Le Corbusier):
Parigi
Tour Eiffel: Parigi 1985
- cambiamento del modo di pensare
- il pensiero architettonico si unisce alle innovazioni artistiche
- ha come obiettivo quello di presentare al pubblico le nuove tendenze nel
campo delle arti decorative e architettoniche Esprit Noveau:
Le Corbusier
- necessità di
qualità dell’alloggio
-esprime uno
spirito nuovo:
propone unità
minima
standardizzata di
una possibile
struttura urbana
- “Scatola
geometrica bianca” attraversata da un albero
- l’interno è realizzato con mobili industriali: casa abbordabile da tutti
E’ divisa in due parti:
Quella a destra: cella tipo di un’unità abitativa
Quella a sinistra è definita “la rotonda” adibita a esposizione di progetti, ed
è quindi una parte aperta al pubblico.
I ragionamenti di Le Corbusier: necessità di una riforma urbana, l’alloggio
deve essere prodotto in serie: viene raggiunta la qualità dell’abitare.
La possibilità è offerta dalle innovazioni tecnologiche.
- casa a basso costo: privato delle decorazioni a favore dell’unità abitativa.
Ville Savoye
E’ emblematica del processo tecnologico avvenuto nel tempo.
E’ una residenza privata.
La sua costruzione iniziò nel 1929, su commissione di Pierre Savoye. E’
diventata il simbolo del movimento moderno.
E’ la manifestazione fisica e visibile dei 5 punti dell’architettura.
Le Corbusier, oltre 5 punti manifesto dell’architettura, utilizza il “modulor”, un
nuovo sistema di misurazione, non poi tanto nuovo perché riprende Vitruvio il
quale a sua volta venne ripreso da Leonardo da Vinci: si basa su un modulo
calcolato sulle proporzioni umane, secondo le quali viene creata
l’architettura a misura d’uomo.
La struttura è svuotata al piano terreno: infatti vi è una zona di passaggio,
anche per le macchine.
Qui si struttura un piano di servizio con la divisione delle zone giorno dalle
zone notte.
Il tetto è a giardino: restituisce in alto ciò che viene tolto al terreno.
La costruzione dell’edificio a facciata libera è possibile grazie al cemento
armato che permette la sostituzioe delle mura perimetrali e le finestre a
nastro.
Vi è un’accesso alla zona di servizio.
In mezzo al salotto viene posizionato un lavandino per riprendere
“l’orinatoio” di Dechamp.
Una passeggiata parte dal piano terra fino alla copertura (Promenade
architecturale).
Soggiorno con vista del giardino esterno. Grande taglio che inquadra il
paesaggio: elemento caratteristico di Ville Savoye, non trascurabile. La
connessione ai piani avviene con la scala a chiocciola. Il rapporto con le
parti: relazione con il terreno (basamento) e con il soffitto (non solo come
copertura che ripara dalle interperie).
I temi dell’architettura moderna non sono esauriti, ma ancora vengono ripresi.
RIferimenti:
Zoo di Regent’s Park “Vasca dei Pinguini”
Alberto Campo Baeza “Museo della Memoria”, Granada 2006
[Le proposte sono tutti edifici eloquenti: non è farne pianta prospetto e
]
sezione, è più una ricerca per capire l’edificio.
Poesia di Eugenio Montale: “La Storia”
storia non si snoda
“La
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l'ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell'orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C'è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s'incontra l'ectoplasma
d'uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n'ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.”
La storia non è maestra di niente.
Io devo fare le mie esperienze, non posso vivere delle esperienze degli altri.
La storia non ha un andamento lineare e continuo: è discontinua,
diacronica. Ci sono situazione che permangono più o meno a lungo e si
autoriproducono, ma rimangono nella sostanza più o meno simili. Non c’è
un’evoluzione lineare. E’ discontinuo nello spazio e non è sincronico: ci sono
cose che capitano ad un certo punto, poi si stabilizzano e poi si ripresentano.
ES. nel ‘900 cambia l’universo delle convinzioni, la macchina imprime una
svolta della vita sociale e pubblica, in trent’anni. Così come un rinascimento
è un momento di rottura: costruisce le cattedrali, le sue strutture in continuità.
Si matura all’interno del medioevo un rapporto primordiale tra potere e
popolo. C’è il terrore di Dio: c’è un assoggettamento del popolo all’ente
supremo che vendica chi si comporta male. E’ un periodo in cui i paesaggi si
riempiono di castelli. E’ una condizione oscurantista: non c’è un dialogo tra i
vari settori sociali. Dura fino agli inizi del 400. Nel giro di 100 anni cambia
tutto, l’uomo è il centro dell’universo, si ha il trionfo delle arti, si sviluppa un
rapporto più dialogico tra Dio e il popolo. E’ l’epoca dei signori che si
innamorano delle arti (De’ Medici, Gonzaga). Grande ruolo delle arti:
prospettiva. Produce un mutamento in un tempo ristretto che si adegua nei
secoli successivi. Ci sono 250 anni di sostanziale continuità nelle forme della
storia.
Le Goff: ha teorizzato modo di leggere la storia come processo discontinuo.
Ad un certo punto un evento clamoroso mette in crisi nelle sue regole
interne.
Vittorio Gregotti:
- milanese
- studioso del rapporto tra architettura e contesto
sulla rivista Casabella 1982 dal titolo molto eloquente “l’ossessione
- della storia”: la storia è un’ossessione per noi architetti, soprattutto italiani
(altri culture non hanno avuto le grandi esperienze degli architetti del
passato). E’ un’ossessione perché la storia non possiamo evitarla:
appartiene alla nostra identità, appartiene all’ambiente in cui viviamo siamo
cresciuti e maturati. Entra in noi la storia. Abbiamo davanti esempi
significativi e opere straordinarie. Eppure per poter proseguire nei nostri
progetti la storia non ci serve a nulla: qualunque esperienza della storia
(Pantheon, cupola di Brunelleschi, i capisaldi dell’architettura moderna)
nessuna di queste Opere sono prodotti pronti per essere riprodotti e copiati.
Ciascuna opera appartiene al suo tempo e al suo spazio. Siamo
condannati a avvicinarci a opere già prodotte dalla storia e la nostra
architettura non può sottrarsi al DIALOGO con queste opere. La nuova
architettura deve essere eloquente con quello che è già stato realizzato.
La nostra nuova architettura deve essere in grado di stabilire un dialogo, ma
non potrà mai essere un’omologazione o scimmiottamento di ciò che è
già stato prodotto: deve vivere il proprio tempo e prefigurare il futuro.
La storia pervade i nostri luoghi, la nostra cultura, ma davanti al progetto
siamo soli.
Non è una sicurezza comunque: è la condizione di irrequietezza degli
architetti.
Non si può copiare un’opera, si può fare, ma non è etico: c’è chi pensa che
per stabilire un contatto con il passato bisogna ricopiare. Non è una
condizione di pace, “perché l’ha fatto lui lo faccio anche io”. La storia non ci
può rassicurare perché il mio compito etico è quello di dare spazio, e
quindi forma, a quelle che sono le condizione del presente e soprattutto
del futuro. La sua struttura tanto più riuscirà a rappresentare il mio tempo, più
riuscirà a parlare.
Bisogna conoscere a fondo la storia dell’architettura, così a fondo da
comprendere che siamo liberi e non dobbiamo ricopiare.
Idee diffuse nel paese:
- Per mantenere i nostri contesti, le nostre città storiche bisogna copiare e
dare una continuità al passato.
- Dovrebbero tacere le ruspe e non costruire niente di nuovo.
L’architettura disturba ciò che è già stato fatto: quindi è meglio lasciare
tutto com’è. Ogni azione architettonica disturba la pacificazione del
paesaggio.
Non si può non riconoscere che gli ultimi anni abbiamo travisato i paesaggi:
modo di costruire senza poeticità, criterio, ordine, rispetto che hanno
assediato. L’alternativa d’ora in avanti non è quello di non costruire, ma
quello di ridisegnare e ripensare i luoghi che sono stati oggetto di degrado
ES. le nostre periferie: senza qualità, senza bellezza, senza contatto. Una
serie di perversi modi di costruzione dello spazio. Nello stesso tempo
l’alternativa non è quello di non usare più mattone, ma ripensare l’architettura
che ha provocato tanti danni.
Anche qui occorre una dialettica: alcune posizioni radicali come
l’ambientalismo che dice no a qualsiasi prospettiva di cambiamento dei
luoghi. L’alternativa non è non fare nulla, ma immaginare una cultura del
progetto più