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Introduzione

L'Introduzione ha un sottotitolo "Dell'idea di una Critica della ragione pratica". Kant ribadisce il concetto per cui occorre fare una critica della ragion pratica in generale per verificare che vi sia una ragione pura pratica. Ciò permette di verificare "se è possibile che la ragione da se sola (cioè in modo puro) determini la volontà" o se invece "la ragione non può da se sola determinare la volontà ma solo insieme a dei condizionamenti empirici"; nel secondo caso, l'ipotesi di una ragione pura pratica sarebbe falsificata.

Dimostrando la possibilità della ragione pura pratica non è necessaria una sua ulteriore critica, dal momento che con il solo modo di dimostrarsi possibile e reale la ragione pura pratica dimostra immediatamente anche di essere l'unica ragione pratica legittima. Dimostrando la sua realtà con il fatto di esistere, è inutile un

qualsiasi raziocinare contro la possibilità che ciò avvenga.
Volontà è la facoltà di un ente di produrre l'oggetto della propria rappresentazione (fin qui è in realtà la definizione tradizionale) o almeno di determinarsi a produrlo.
L'oggetto infatti può anche non essere prodotto, ma ciò non vuol dire che non sia stato voluto; la sua produzione non dipende dalla volontà del singolo, ma dalla realtà fisica. Elidere quest'ultima parte della definizione porterebbe a una contraddizione del tipo: "se l'oggetto non si produce non lo si è voluto".
In sostanza la volontà non è compromessa dalle condizioni empiriche che eventualmente non permettano il realizzarsi dell'oggetto.
In campo pratico l'uso immanente di un significato è quello legittimo, mentre l'uso trascendente è illegittimo in quanto empiricamente condizionato. In campo pratico.i principi che guidano l'azione morale. Questi principi sono basati sulla ragione e sono utilizzati per determinare la volontà e produrre oggetti o rappresentazioni di oggetti che sono intelligibili. La sensibilità non è rilevante per determinare la volontà. L'uso pratico della ragione è interno all'intelligibile e produce oggetti intelligibili nella realtà sensibile. Questo è opposto alla trascendenza. Il libro è diviso in due parti: l'analitica della ragione pura pratica e la dialettica della ragione pura pratica.proposizioni contenenti una determinazione universale della volontà. Se contenessero una determinazione dell'oggetto dato nell'esperienza sarebbero principi teoretici. Se non avessero valore universale, tali proposizioni potrebbero essere vere, ma non sarebbero un principio. Non ogni proposizione che determina universalmente la volontà è un principio perché i principi sono quelle proposizioni che fondano altre proposizioni. I principi delle scienze naturali fondano proposizioni universali che sono le regole universali, le quali a loro volta fondano le leggi universali; in morale i principi fondano regole di comportamento che fondano leggi morali. "Dov'è che i principi fondano la propria validità?" è una domanda da porre in un'indagine trascendentale. Imperativo: "agisci in modo che la massima della tua volontà possa anche sempre valere come principio di una legislazione universale". Kant la

chiama “legge fondamentale della ragione pura pratica”, ma ne è in realtà il principio fondativo. Su di esso si fondano le leggi morali, trattate nella Metafisica dei costumi, e sulle leggi morali si regolano le leggi di comportamento (si deve fare questoe così, non si deve fare quest’altro e così).

I principi pratici sono:

  1. Massime (pratiche): se sono principi soggettivi
  2. Leggi pratiche: se sono principi oggettivi

In entrambi i casi ci sono proposizioni di validità universale, ma le prime valgono per la volontà del soggetto che le rappresenta, le seconde valgono per la volontà di ogni ente razionale.

La tesi del libro è che esiste una ragione pura pratica, ossia una ragione che possa da sé sola (in modo puro) determinare la volontà. Ciò comporta una seconda tesi, perché se esiste la ragione pura pratica allora devono esistere anche leggi pratiche, cioè principi oggettivi; qualora la

ragione pura pratica non esista, allora non esistono leggi, ma solo massime, principi soggettivi. Può esserci un conflitto tra massime e leggi ma mai un conflitto tra leggi in campo pratico, cosa che non avviene in campo teoretico, nel quale non si danno massime soggettive, ma solo leggi oggettive. In campo pratico i principi riguardano la produzione dell'oggetto e la determinazione del soggetto a produrlo, dunque la determinazione a produrre l'oggetto può essere soggettiva ("io mi propongo di agire così") o oggettiva ("io devo agire così"). Volontà patologicamente influenzata è la volontà influenzata dalla sensibilità (pathos); l'enterazionale finito è l'uomo, la cui razionalità è condizionata dalla sua sensibilità (finitudine), cosa che non avviene per l'ente razionale infinito. La regola pratica è sempre un prodotto della ragione perché

è una rappresentazione della ragione; essa può essere un prodotto sia della ragione (unita alle condizioni sensibili empiriche) che della ragione pura. La ragione pratica si presenta, per un ente razionale finito, come un imperativo (una regola nella forma di un comando), per il fatto che l'ente razionale infinito la ragione non rappresenta da sola ogni fondamento della determinazione della volontà. Ciò la distingue le regole pratiche dalle regole teoretiche, le quali sono formulate senza il "sollen" (es: un corpo non "dovrebbe cadere", ma "cade", né avrebbe senso comandargli "cadi verso il basso e non verso l'alto"). L'ente razionale infinito non è condizionato dalle inclinazioni sensibili non essendo limitato da una dimensione sensibile; non essendo patologicamente condizionato, la sua ragione determina sempre immediatamente da sé sola la volontà interamente. Ciònon va inteso nel senso che per Dio non valga la legge morale, ma che anzi la Sua volontà è sempre immediatamente identica con la legge morale: la legge non Gli si presenta nella forma imperativa, come un comando. L'ente razionale infinito non può, per lo stesso motivo, scegliere di seguire o non seguire il comando, ma lo segue non perché non è libero, ma perché quello che fa è quello che la legge dice. L'ente razionale infinito può dirsi esistente a partire dalla conoscenza dell'ente razionale finito. Ad esempio facendo una circonferenza trovo definibile e calcolabile uno spazio interno, ma definisco negativamente anche uno spazio esterno incalcolabile. Il dovere dell'imperativo esprime la costrizione oggettiva (pratica e morale, non fisica) all'azione. Imperativi, cioè i comandi pratici oggettivi, sono: 1) Ipotetici: sono imperativi condizionati, vale a dire che determinano la volontà.non fare false promesse è un principio etico che non dipende dagli scopi che si vogliono raggiungere. Questo principio è categorico, cioè determina la volontà indipendentemente da ciò che si deve fare per ottenere un effetto desiderato. Nell'etica kantiana, i principi sono considerati validi incondizionatamente a priori e sono indipendenti dal fine che si propone.ragioneeme lo comanda, e ciò che comanda la ragione ha effetti moralmente buoni”. Il principio non perde di valore nell'eventualità che l'individuo non riesca a realizzarlo (es: il principio secondo cui “la società deve essere giusta”, da cui l'imperativo “fa' sempre sì che la società sia giusta”, rimane valido anche se non sono esistite, né esistono né esisteranno società giuste); la validità del principio non viene misurata sulla sua efficacia, il che non vuol dire che non sia efficace -> viene prescritta un'azione nella forma dell'imperativo categorico da attuare indipendentemente dalle conseguenze che essa possa produrre in termini di vantaggio materiale per il soggetto agente.➔ ( etica consequenzialista pone il fine come qualcosa di già dato; il principio pratico è determinato dal fine che si vuole raggiungere ed è commisurato nella
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Publisher
A.A. 2019-2020
53 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Andreaboni00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Bertolino Luca.