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CAP 1: L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA SCIENZA
cos’è la scienza?→ non può essere intesa come descrizione vera della realtà; infatti, non possiamo sapere se le nostre teorie siano effettivamente vere;
anche se abbiamo consistenti ragioni per ritenere che siano buone approssimazioni alla verità, non possiamo escludere che in seguito possano emergere
nuovi elementi e che potrebbero indurci a rivedere le nostre teorie (come per la fisica newtoniana).
La scienza non può essere considerata come descrizione ‘vera’, nel senso di assoluta e definitiva della realtà
● La verità nella scienza è un ideale regolativo.
●
La scienza, soprattutto tra la fine del 700 e l’inizio dell’800 ha dato adito a una scentifico tecnologico che ho trovato espressione nella concezione
positivista. Questa concezione è stata poi messa in crisi da:
1. le geometrie non euclidee
2. la teoria della relatività di Einstein, egli infatti utilizzò una geometria non euclidea i ridimensionò la fisica newtoniana
3. la “ Logica Della Scoperta Scientifica” del 1934 di Karl Popper, il quale attaccò il neopositivismo e ribaltò all’immagine della scienza come
conoscenza costruita sul soglio strato di roccia proponendo un modello opposto. Popper sostiene che la scienza non sia un sapere acquisito una
volta per tutte, è sempre in divenire e il suo processo non è cumulativo, poiché spesso consiste nell'eliminazione di una teoria piuttosto che
l’elaborazione di una nuova
4. L'epistemologo Kuhn sostiene che la scienza coincida con l’insieme di problemi, teorie, metodi e procedure condivisi dalla comunità scientifica
di un dato periodo e non sia un episteme (sapere saldo)= affidarsi ciecamente alla scienza o rifiutarla in blocco sono due atteggiamenti che
derivano dalla stessa matrice: l’idea di scienza come episteme.
Persino coloro che combattono la scienza ufficiale con crociate sono vittime della scienza come episteme, essi contestano certe teorie in nome di altre che
considerano a tutti gli effetti episteme, rappresentazioni vere e indubitabili della realtà.
la ricerca scientifica, come tutte le attività umane, condivide la condizione di precarietà e vulnerabilità
● la scienza è doxa in questo senso: anche l’opinione più onesta e suffragata non è definitiva
● ciò significa che la scienza, soprattutto in certe fasi, offre ipotesi percorribili ma non teorie indubitabili
●
compito della filosofia = contribuire a chiarire i termini della questione e a valutare la correttezza delle argomentazioni presentate
l’aggettivo ‘scientifico’ non può essere sinonimo di vero e di certo
● la scienza procede, come qualsiasi altra attività umana per errori e tentativi, riuscendo a correggersi grazie al dibattito che avviene nella comunità
● scientifica
riconoscere la conoscenza come fallibile non significa affermare che essa sia inaffidabile
● la ricerca scientifica condivide la condizione umana di precarietà e di vulnerabilità
● rapporto piano scientifico- politica-economia
●
La scienza, dunque, è da ritenersi “doxa” nel senso in cui l’opinione, anche la più onesta e suffragata, è instabile e problematico e lo è tanto più quanto più
complessi sono i problemi che affronta i contesti in cui tali problemi emergono.
Gli sviluppi della scienza in rapporto alla filosofia:
1. positivismo: sapere scientifico come unico sapere valido.
2. nuova immagine della scienza tra Otto e Novecento
3. teoria della relatività di Einstein
4. Neurath e Popper
CAP 2: LA BUON SOLITUDINE
La solitudine è un’esperienza solo negativa o può essere anche negativa? In quali casi?
Pessina: riflette sulla solitudine dell’uomo di fronte al dramma della malattia e della morte e della domanda di significato. La solitudine ferisce, fa emergere
la nostra vulnerabilità e le questioni irrisolte.
la buona solitudine→ è una solitudine originaria non sofferente, non disperante, non angosciata in cui si sente la nostalgia, dunque non è introspezione
psicologica, bensì un “saper convivere con la propria solitudine”.
la “buona solitudine” è la fonte segreta della creatività e della disponibilità verso il prossimo, che cessa di essere estraneo proprio perché lo
● possiamo pensare aperto alla condivisione della nostra umanità
la “buona solitudine” è aprirsi alla memoria delle persone amate e assaporare il gaudio della vita come speranza del nuovo
● la “buona solitudine” è un luogo fisico familiare, un “luogo proprio” (es: camera) ospitale, un gesto o un legame affettivo
● “nella sua forma etica la buona solitudine è quel dialogo 'uno in due' ” (H. Arendt) → trasformava il silenzio in un lavoro di riflessione che ci
● porta a ritrovare le radici del bene vs la banalità del male.
“nel cuore della soggettività alberga la relazione, ma questa non appare se si trascura la 'buona solitudine'” -Pessina
● nella vita ha estrema importanza il “segreto” che si oppone alla “società della trasparenza”: la dimensione del segreto è da mantenere perché
● fa parte della ‘buona solitudine’ → la somma dei particolari della mia vita non costituiscono l’identità che io mostro agli altri.
Diverse forme della solitudine:
N. Grimaldi: “l'uomo non fuggirebbe alla solitudine se questa non fosse la più costante e originaria esperienza che lo connota” (è la condizione
● originaria dell’uomo: da quando il bambino non si riconoscere unicum con la madre, percepisce una differenza fra il sè e l’altro, dunque
percepisce una originaria solitudine come lo spazio all’interno del quale può riconoscersi come “io”). Senza questo alveo in cui esiste un “Io”,
non c’è possibilità di conseguire l’utocosapevolezza
J.P. Sartre: in “L’Essere e il Nulla”→ la solitudine diventa l’esito di un’impossibilità relazionale, costituiva dell’io
●
- # isolamento= lontananza dai rapporti sociali, è una condizione fisica, lontananza dalla presenza della società
- # solitudine= è un sentimento che si prova mancanza per qualcuno al quale si è legati, è collegata ad una coscienza infelice
Henri Bergson: “coloro che sono costretti, per un lungo tempo, a vivere isolati dalla società, e non trovano in se stessi le risorse della vita interiore
● profonda", sanno quanto costi il "lasciarsi andare", ovvero il non fissare l'io individuale al livello prescritto dall'io sociale. Avranno cura, dunque,
di mantenere il primo affinché non si rilassi in nulla nel suo rigore rispetto al secondo. All'occorrenza gli cercheranno un punto d'appoggio ma-
teriale e artificiale. Si pensi alla guardia forestale di cui parla Kipling, sola nella sua cassetta in mezzo a una foresta dell'India. Tutte le sere
indossa l'abito scuro per cenare, "per non perdere, nel suo isolamento, il rispetto di se stesso”
tema del riconoscimento
●
testimonianze della solitudine:
nietzsche: fuggire nella solitudine per sottrarsi al fracasso dei commedianti
● agostino: invito a non uscire da se stessi
●
Lo spazio della solitudine non è un luogo dove le relazioni non esistono, ma emerge un livello di relazionalità più profondo, dunque è uno spazio in
cui riconosco me stesso e per questo riesco a riconoscere l’altro, se ciò non avviene l’altro è usato per i miei scopi..
Se non dialogo con me stesso non riesco a dialogare con l’altro, dunque l’altro diventa un oggetto.
vita on-life: esperienza della connessione = esperienza della relazione?
L’isolamento con tecnologie digitali: presenze- assenze on-line→ la carnalità è fondamentale nella vita relazionale: la pandemia ha portato alla luce l’idea di
poter coltivare relazioni online dimenticando come relazionarmi con persone fisiche. In questa situazione precaria ha portato alla luce il vulnus che già
c’era nella società: travisare realtà e online.
la tecnologia si è posta come alleata per sconfiggere la solitudine, ma ciò ha causato la scomparsa del corpo, della carnalità, della presenza dell’alto, di
cui si rischiava di non sentire più sufficiente nostalgia
In questo senso la tecnologia ha inaugurato una nuova forma di isolamento, in cui la reale separazione tra l’io e gli altri è celata dall’invasione del mondo
nella psiche dello spettatore digitale.
“Mondo” come “fantasma” è come “matrice”→ ambiguità ontologica espressa da G. Anders per affermare che l’avere la tecnologia a
● portata di mano ci pone di fronte ad una duplice questione riguardante l’isolamento e la solitudine, che portano a strutture simboliche come
quella dell’hikikomori
“schermare” vuol dire anche nascondere, occultare, far emergere solo un'immagine unidimensionale→ gli hikikomori si mostrano solo su
● uno schermo, ma contemporaneamente si nascondono, si “schermano”
spinta alla connessione: causa o sintomo della solitudine?
● la pandemia rimanda a quelle stesse esperienze di solitudine ed isolamento che nei secoli passati hanno sperimentato anche le popolazioni
● pre-tecnologiche
La retorica del “noi” e il problema dell’ “io”
Il “noi” permette all’ “io” di rinascere in mezzo al vulnus= termine latino, ferita, vulnerabilità, danno, offesa, lesione, violazione di diritti.
spesso applichiamo lo stesso metodo di guarigione a ferite psicologiche e ferite fisiche, esiste però un livello della ferita che non è solo
● emotivo, ma che tocca un livello profondo del nostro io che non verrà mai chiuso definitivamente.
il giorno in cui le vulnerabilità spariranno non si raggiungerà la felicità→ essa si raggiunge dentro il vulnus o non si raggiunge mai in
● quanto umani. Il vulnus, quindi, non è un male da superare ma una crepa dalla quale entra la luce.
il "noi" è necessariamente sostenuto da un "io" che si attribuisce il merito di essere aperto agli altri e di sottolineare i doveri sociali e comunitari.
● Inevitabile perché non esiste alcun "noi" senza l'io e senza io non ci sono né tu, né voi, né loro.
In questa situazione, il silenzio delle città, interrotto soltanto dalle sirene delle ambulanze, ha spinto il "noi" a cercare nella rete il modo di esprimersi,
invitando a vincere la