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EFFETTI COLLATERALI
I danni collaterali del cortisone sono di varia natura, specialmente quando il farmaco viene
somministrato per lungo tempo e a dosaggi elevati. Fra i danni riscontrabili sono da annoverare:
cataratte, faccia tonda con guance rossastre, aumento del grasso intestinale, l’iperglicemia,
l’aumento di peso, assottigliamento della pelle, l’ipertensione, l’insonnia e gli sbalzi d’umore, scarsa
cicatrizzazione delle ferite, osteoporosi.
Quando si è costretti all’assunzione di lunghi periodi di cortisone, si può verificare quella che viene
chiamata la soppressione della funzione corticosurrenalica. In questo caso bisogna sospendere la
terapia, non in modo repentino ma gradualmente. Generalmente sono necessari 2 o 3 mesi affinché
si verifichi il ripristino delle funzioni ipofisarie, mentre per quanto riguarda la produzione di cortisolo
può richiedere anche tra i 6 e i 9 mesi per tornare alla normalità.
La resistenza ai glucocorticoidi si manifesta solo in caso di malattia infiammatorie croniche. 27
BIOLOGIA DELLA CELLULA TUMORALE
Le caratteristiche principali delle cellule tumorali sono:
- CRESCITA INCONTROLLATA
- CAPACITA’ DI METASTATIZZARE
Entrambe queste caratteristiche sono dovute a particolari modificazioni
geniche della cellula. Una parte importante è rappresentata dal ciclo
cellulare. La fase S rappresenta la fase di sintesi del DNA, e qui molte delle
cellule tumorali si riproducono in maniera veloce, incontrollata alterando
il codice genetico. I principali fattori che determinano la velocità di
crescita di un tumore sono in primis la vicinanza ai vasi sanguigni che
ovviamente fornirà nutrimento alla cellula, facilitandone il suo
accrescrimento e secondariamente la disponibilità di ossigeno, che cammina di pari passo alla prima
caratteristica per cui fornendo anch’essa nutrimento alla cellula.
Qual è la caratteristica fondamentale dei farmaci antiblastici?
È quella di uccidere una frazione costante e non un numero costante di cellule. Di conseguenza una
data concentrazione di farmaco, applicata per un periodo di tempo definito, uccide una frazione
costante della popolazione cellulare, indipendentemente dal numero assoluto di cellule.
I farmaci antiblastici o definiti anche antineoplastici sono sostanze sintetiche chiamate
Chemioterapici Antiblastici e comprendono una vasta gamma di sostanze tra loro eterogenee in
grado di determinare un’inibizione della replicazione cellulare e della crescita neoplastica, causando
alterazioni del DNA o della divisione cellulare. Poiché la presenza di cellule in continua replicazione
è una caratteristica di molti tessuti normali, oltre che neoplastici, la maggior parte di questi farmaci
è lesiva anche per alcuni tessuti normali, soprattutto quelli ad alto turnover cellulare, come il
midollo osseo e le mucose del tubo digerente. Le cellule tumorali hanno un comportamento molto
diverso dalle cellule sane. Crescono e si moltiplicano in maniera disordinata, e non vanno incontro
a morte come dovrebbero. Il risultato di ciò è la formazione di una massa tumorale. Questa ha una
differenza fondamentale rispetto ai tessuti sani: alcune delle cellule che la compongono possono
staccarsi e migrare, attraverso il sistema linfatico e/o il flusso sanguigno, in altre parti del corpo dove
formano altri tumori, ovvero le metastasi. I farmaci antiblastici vengono utilizzati nella terapia dei
tumori per lo più sotto forma di polichemioterapia, cioè l’associazione di più farmaci antiproliferativi
caratterizzati da meccanismi d’azione diversi per ottenere il massimo effetto citotossico.
I farmaci antiblastici vengono suddividono in 3 livelli di categorie:
- molecole di sintesi, che vengono semplicemente definiti chemioterapici; 28
- prodotti naturali che sono antibiotici, alcaloidi, enzimi;
- derivati semisintetici che, interferendo con la sintesi o la funzione di macromolecole
biologicamente rilevanti, determinano un’inibizione della replicazione cellulare e della crescita
neoplastica. TERAPIA DEI TUMORI
Lo stadio di un tumore è diverso dal suo grado. Mentre lo stadio indica quanto è grande un tumore
e quanto si è diffuso nell'organismo, il grado del tumore descrive, invece, quanto le cellule tumorali
sono diverse dalle cellule sane. Quest'ultima è una caratteristica di grande importanza per
prevedere il comportamento del tumore e per definire il miglior percorso terapeutico da
intraprendere. Per conoscere il grado del tumore, viene prelevata una parte di esso nel corso di una
biopsia. Il tessuto prelevato viene successivamente osservato al microscopio.
Esistono diversi sistemi di classificazione per definire il grado di un tumore, in generale, si usa una
scala da 1 a 4 a seconda della quantità di anomalie presenti nelle cellule tumorali.
I tumori di grado 1 hanno cellule molto simili a quelle sane e tendono a crescere lentamente. Quindi
nello stadio 1 e 2 la terapia consiste in quella chirurgica che comporta l’esportazione della zona
circoscritta, comportando la guarigione del paziente. I tumori di grado 3, invece, si discostano molto
per caratteristiche morfologiche da quelle dei tessuti normali e tendono a crescere e a diffondersi
rapidamente. Infatti, in questo caso, in un primo momento si affronterà il percorso chemioterapico,
la cosiddetta chemioterapia primaria. Soltanto dopo aver affrontato questo percorso e, quindi nel
momento in cui si è riusciti a circoscrivere il tumore, si passa alla terapia chirurgica con lo scopo di
allungare la vita del paziente oppure nei casi più fortunati la completa guarigione. Il quarto stadio si
riferisce a cellule che hanno perso totalmente le caratteristiche del tessuto d'origine. Per cui in tal
caso si procederà con la chemioterapia cercando di eliminare il più possibile le metastasi che si sono
create. Successivamente si passa alla radioterapia. In questo caso si cerca di far sopravvivere il
paziente con le cosiddette cure palliative, in modo tale da evitare il più possibile il dolore.
I farmaci chemioterapici vengono definiti antiblastici perché si tende a mettere in evidenza la
principale azione di questi farmaci e l’importanza esistente tra ciclo cellulare e l’azione citotossica.
Infatti tutti i chemioterapici antiblastici, interferendo con le varie fasi del ciclo cellulare, sono tossici
su cellule in ciclo. Tuttavia la tossicità di tali farmaci si esplica non soltanto sui “blasti”, ovvero quelle
cellule indifferenziate in ciclo, ma anche sulle cellule differenziate che hanno perso la capacità di
dividersi.
I farmaci antiblastici possono essere suddivisi in:
- ciclo e fase specifici, ad esempio gli antimetaboliti come Fluorouracile, i quali hanno la capacità
di interferire con cellule in replicazione in una fase specifica del ciclo cellulare.
- ciclo non fase specifici, ad esempio i derivati del platino, quindi l’antracicline, che interferiscono
con cellule in replicazione indipendentemente dalla fase specifica del ciclo cellulare.
- ciclo non specifici, ad esempio agenti alchilanti come Ciclofosfamide che esplicano un effetto
anche nelle cellule in G0, quindi nella fase del ciclo cellulare definita di quiescenza. 29
I meccanismi di azione che si ottengono principalmente dai farmaci antiblastici sono:
- interferenza con la sintesi dei precursori di DNA e RNA, ad esempio antimetaboliti come
Fluorouracile.
- reazione chimica diretta con il DNA, quindi agenti alchilanti come Ciclofosfamide.
- inibizione dell’enzima topoisomerasi I e II, ovvero enzimi che si occupano di regolare il
metabolismo del DNA.
- interferenza con le strutture che presiedono alla mitosi, ad esempio veleni del fuso mitotico
come alcaloidi della vinca.
Quindi in base al meccanismo di azione, vengono identificate 6 principali classi:
1. Alchilanti: ad esempio mostarde azotate, melanine. Gli alchilanti sono dei farmaci che hanno
la capacità di formare legami covalenti con gruppi nucleofilici presenti nella catena del DNA
provocandone la rottura. Sono agenti, quindi, non ciclo specifici. La rottura della catena del
DNA non farà altro che arrestare il ciclo cellulare e, di conseguenza, un arresto della
replicazione del DNA.
2. Complessi di coordinazione del platino: ad esempio carboplatino, cisplatino che rende più
sensibili le cellule alla terapia radiante. Questi complessi hanno la capacità di intercalarsi
all’interno del DNA determinando la formazione di legami crociati sia intra sia intercatenari.
E quindi si legano a proteine citoplasmatiche e nucleari.
- Cisplatino: viene somministrato prevalentemente attraverso la via endovenosa. Il suo
meccanismo di azione è analogo a quello degli agenti alchilanti. Quindi il metallo lega due
residui di guanina presenti sulla stessa o su due catene di DNA e formano legami crociati inter
e intra-filamento. Il cisplatino è un chemioterapico ampiamente utilizzato nella cura di vari tipi
di cancro, e tra gli effetti collaterali risulta essere fortemente ototossico, e possono causare
un’ipoacusia neurosensoriale bilaterale e simmetrica, non reversibile. La perdita d’udito, che
inizialmente interessa le alte frequenze, può successivamente estendersi anche a quelle più
basse, associata o meno ad acufene. Nell’orecchio interno il cisplatino ha principalmente effetto
sull’organo del Corti, sulle cellule del ganglio spirale e sulla stria vascolare causando alterazioni
morfologiche e morte cellulare. Oltre ad essere ototossico, ha effetti collaterali importanti
anche a livello renale. In tal caso si cerca di idratare il paziente il più possibile, anche con
soluzione salina associata a mannitolo e altri diuretici, in modo da stimolare la diuresi.
L’effetto tossico del cisplatino si esplica attraverso diverse vie, una di queste implica la
formazione di addotti con il DNA che bloccano la progressione del ciclo cellulare. Nell’altra via
il cisplatino interagisce con i tessuti cocleari generando radicali liberi.
o Attività maggiore del cisplatino:
▪ Carcinoma testicolo (bleomicina, etoposide, vinblastina)
▪ Cancro dell’ovaio (paclitaxel, ciclofosfamide, doxorubicina)
o Attività importante:
▪ Carcinoma vescica, testa, collo, endometrio
▪ Cancro del seno
▪ Tumori gastrici
o Attività lieve:
▪ sarcomi, melanomi, linfomi 30
I derivati del platino sono essenzialmente due: il carboplatino e l’oxaliplatino. Rispetto al
cisplatino, ad esempio, il carboplatino ha uno spettro di azione che è uguale e sovrapponibile a
quello del cisplatino. Ma il carboplatino possiede una minore attività nel determinare la morte
cellulare. Ha meno effetti collaterali sia a carico renale che ototossicità. L’oxaliplatino, rispetto
al cisplatino, invece si differenzia perché possiede innanzittutto uno spettro di azione più ampio,
ha