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Introduzione

L'introduzione descrive il metodo: "Noi abbiamo qualche pittura e numerose incisioni contraddistinte da un rebus o da un logo, solo o qualche volta accompagnato da qualche lettera iniziale; altri sono marcati con una sola cifra accompagnata a sua volta da lettere. Tra gli autori che hanno utilizzato tale segno, taluni sono sconosciuti, altri no; io ho dovuto pertanto separarli in due classi, definendo quella della prima maestri conosciuti e maestri sconosciuti quelli della seconda. Per quanto concerne i maestri della prima classe, non si è mai prodotto errore nella esplicazione del loro rebus o logo, e ciò perché noi troviamo che giustamente Lucas Cranach il vecchio è chiamato il Maestro al Dragone (...)". Ma se gli scrittori hanno dato l'interpretazione esatta del segno utilizzato per questo maestro, possono esserci errori catalogando quelle dei maestri sconosciuti. Per donare dei essi si sono in seguito dati soprannomi a quest'ultimi, essi...

si sono dovuti attenere alla semplice forma del loro rebus o del loro Casco, del Compasso, dello Scorpione, dell’Uccello, del logo, dicendo: il Maestro Globo terrestreecc. Nel corso del XIX secolo questo metodo fu sempre di più utilizzato alla storia della pittura ed ella scultura, principalmente in Germania. Tra i numerosi scrittori dell’arte tedesca che lo hanno impiegato, bisogna citare Ludwig A. Scheibler, grande conoscitore e storico della scuola di Colonia, Hugo von Tschudi, creatore del Maestro de Flémalle (saggio consacrato alla ricomposizione del gruppo, pubblicato nel “Jahrbuch der königlich preussische Kunstsammlungen”, XIX, 1898, p. 8 esgg. È metodologicamente esemplare) e Wlhelm Vöge, con la sua celebre distinzione di personalità nella scultura gotica francese. Il metodo è applicato in seguito all’architettura e all’archeologia. Tra i maestri anonimi noi troviamo alcuni tra le più grandi.

Personalità della pittura occidentale: il Maestro de Flémalle o il Maestro de Moulins, per esempio. Per quanto riguarda l'archeologia, è sufficiente citare il nome del Maestro d'Olimpia e dei numerosi ceramisti indicati come Maestro di Berlino, ecc. secondo il luogo dove si trova l'oggetto (anfora, cratere ecc.) da dove prendono il loro nome. Uno dei più grandi creatori di "nomi di comodità" fu l'americano Bernard Berenson (1865-1959), illustre conoscitore e storico dell'arte italiana. Per Berenson i Notnamen tradizionalmente erano, per un certo verso, insufficienti; egli ebbe il desiderio di definire, grazie ai nomi, la personalità artistica di una maniera più prossima di quanto non avesse fatto Bode con il suo "Pseudo Boccaccino". Fu come l'"Amico di Sandro". Chi era per Berenson l'Amico di Sandro? Così che egli creò nuovi tipi di nomi, Sandro?

Un pittore anonimo le cui opere erano estremamente influenzate da Sandro Botticelli, ma che non si poteva riconoscere in Botticelli medesimo. Uno dei suoi allievi dunque, o può essere uno dei suoi amici. Attualmente questa idea non è più condivisa ed è stato attribuita alla giovinezza di Lippi le opere dell'Amico di Sandro. Si può ancora citare il "Pensionato di Saraceni", Filippino spirituale soprannome affibbiato da Longhi a un pittore anonimo della scuola di Caravaggio.

Metodologia G. Morelli e i suoi precursori. L'attribuzione scientifica Se la seconda metà del XIX secolo è dunque l'età d'oro dell'attribuzione, è logico che tale secolo elaborato un metodo dell'attribuzione, abbia anche quello che propose Giovanni Morelli nei lavori che egli ha consacrato alle opere dei maestri italiani nei musei di Dresda, Monaco, Berlino e Roma. In questi libri procederà a una serie di revisioni,

Certe volte importanti come fu il caso della Veneredi Giorgione alla pinacoteca di Dresda, considerata fino a quel momento una copia da Tiziano di Sassoferrato. Nella introduzione di una delle sue opere Morelli, che usava lo pseudonimo di Ivan Lermolieff, presenta sotto forma di dialogo, il suo metodo. Egli sottolinea in prima istanza l'importanza dell'analisi diretta delle opere, del testo originale, e in secondo luogo della riproduzione fotografica; egli insiste sull'importanza dell'esercizio dell'occhio per il conoscitore, polemizzando contro l'uso eccessivo del materiale bibliografico nello studio delle opere d'arte. Ma una volta intrapreso l'indispensabile e non rimpiazzabile esame diretto dell'opera, come fare l'attribuzione? Le "combinazioni" che permettono di trovare la giusta attribuzione devono essere ricercate nei dettagli determinati, generalmente poco considerati.

edimenticati tanto dagli osservatori che dagli artisti i quali, nell'elaborazione dell'opera si lasciano andare a una formula quasi automatica e a una sorta di "scrittura meccanica". Certi schemi e formule - generali impiegati per i grandi artisti, la composizione, gli elementi fisionomici più caratteristici quali l'espressione della bocca in Leonardo da Vinci - o quella degli occhi in Perugino e Raffaello - sono fatalmente oggetto dell'imitazione dei discepoli e dei falsari. All'opposto, i dettagli dove giustamente l'artista lascia andare la sua mano sono i più rivelatori; sono quelli che non si notano e non sono imitati: l'orecchio e le unghie delle dita per esempio. L'orecchio non è caricato di significati particolari, al contrario della bocca, per esempio, o degli occhi che nei dipinti della fine del Quattrocento, del Cinquecento, hanno un ruolo ben preciso. Non rappresentando una importanza particolare,

L'orecchio è ripetuto tale e quale dall'artista. Non è il caso di citare lungamente gli elementi di cui Morelli e Bernard Berenson fortemente influenzato da Morelli hanno costruito lalista. Al contrario è interessante rilevare questo aspetto: secondo Morelli e Berenson esiste una via per ottenere, nel dominio della attribuzione scientifica, i migliori risultati. Brillantemente esaminato il suo carattere da Edgar Wind, questo metodo risente nettamente delle tendenze dell'epoca, scientifico è incontestabile, ma d'altra parte esso sembra seguire un metodo parallelo a quello degli inquieti poliziotti di sir Arthur Conan Doyle. Lo specialista in attribuzioni di Morelli riconosce la mano dell'artista grazie a un dettaglio insignificante agli occhi della maggior parte delle persone e forse anche a quelli dell'autore stesso, nella stessa maniera in cui gli eroi di Conan Doyle identificano un personaggio grazie a degli.

indizi impercettibili dal suo amico Watson così come per colui che li aveva lasciati. La stessa regola vale per lo specialista nelle attribuzioni e per il detective: il dettaglio evidente, l'elemento che attira l'occhio è il meno sicuro; è necessario scoprire gli indizi meglio nascosti, che conducono inevitabilmente al protagonista.

La scoperta del protagonista: ecco lo scopo che il conoscitore deve perseguire per l'intermediario dell'attribuzione; è questo il solo disegno che lo deve animare. Questa questione è esposta con estrema chiarezza in un passaggio de Sketch for an Autoportrait de Bernard Berenson. Egli evoca una conversazione che aveva avuto a Bergamo Enrico Costa. Sollecitato dal suo entusiasmo, il giovane conoscitore esclama: "Vedi, Enrico, nessuno, prima di noi, ha dedicato tutte le sue attività, tutta la sua vita, ad essere un intenditore. Alcuni hanno scelto questa occupazione"

Per riposarsi dalla politica, come nel caso di Morelli o di Minghetti; altri perché erano funzionari di musei; altri ancora perché insegnavano storia dell'arte. Noi siamo i primi a non avere idea, né ambizione, né attesa di una ricompensa. Ci consacreremo allo studio per arrivare a distinguere le opere autentiche di un pittore italiano del Quattro o del Cinquecento da quelle che gli vengono comunemente attribuite. Qui, a Bergamo (...) non prenderemo riposo finché non saremo sicuri che ogni Lotto sia un Lotto, ogni Cariani un Cariani, ogni Previtali un Previtali, ogni Santa Croce un Santa Croce; finché non sapremo a quale dei vari Santa Croce si debba attribuire un dato quadro e così via...

Il programma annunciato in questi propositi fu realizzato su una più vasta scala nei celebri indici di Berenson, che enumerano, sotto una forma volutamente sommaria, i cataloghi delle opere attribuite a un grande numero di artisti italiani.

del Trecento e del Quattrocento, questi indici che Longhi ha definito con ironia gli "indicatori della storia dell'arte". Ora, in che modo il metodo di Morelli è innovativo? Esisteva prima di lui un metodo dell'attribuzione? È interessante constatare che si incontra certi aspetti del metodo di Morelli già prima del XIX secolo. In una lettera del 1751 di Luigi Crespi (1709-1779) indirizzata a monsignore si legge: "Prendiamo Giovanni Bottari (1689-1755), un artista di più o meno grande importanza che voglia lavorare nello stile di un altro; egli lo farà bene, e anche in una maniera eccellente, per quanto concerne l'idea, la composizione, il disegno, ma non potrà mai adattarsi all'autore scelto in tutte le parti del quadro; ci sarà sempre qualche tratto che lo farà riconoscere, soprattutto nelle parti che non si ha l'abitudine di occuparsi..". La vicinanza con il metodo di Morelli è ancora

più evidente nellaprefazione dell’abate Luigi Lanzi alla sua pittorica dell’Italia,Storia (t. 1, Bassano 1795-1796):

La natura, per la sicurezza comune del mondo sociale, dona a ciascuno, scrivendo, un certosegno di penna che è difficile contraffare, o di confondere interamente con un’altra manieradi scrivere. Una mano esercitata a muoversi in un senso determinato conserva sempre lastessa abitudine (…). È la stessa cosa nella pittura dove, se si fa una differenza tra due artisti,non è solo perché nell’uno si nota un pennello morbido e nell’altro una maniera secca didipingere (…) ma in uno stile stesso che è comune a una moltitudine di professori; ciascunodi loro ha un movimento particolare della mano, un giro di pennello, un carattere delle lineepiù o meno arrotondato, più o meno franco, più o meno studiato che, infine, gli è proprio. Èdunque naturale che dei veri conoscitori,

che sono divenuti tali grazie a una esperienza di diversi anni, individuano e per così dire "sentono", esaminando tutti i dettagli.
Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
9 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/14 Critica letteraria e letterature comparate

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ER.REST di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della critica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Varallo Franca.