La malattia ha un'elevata trasmissibilità ed il contagio, favorito da condizioni igieniche
precarie, avviene per contatto diretto o indiretto con le lesioni infette della pelle o delle
mucose. Colpisce prevalentemente i bambini nella prima decade di vita. E'
caratterizzata da un esantema cutaneo e mucoso, che evolve poi in lesioni
infiammatorie e distruttive della pelle, delle ossa e della regione nasofaringea. Il
coinvolgimento del sistema nervoso e cardiocircolatorio è raro. A livello osseo, il
distretto più colpito è la tibia. Per la regione nasofaringea è tipica la gangosa mentre è
poco frequente il coinvolgimento del tavolato cranico.
La sifilide venerea: Malattia infettiva sessualmente trasmessa diffusa in tutto il mondo, la cui
prevalenza è più alta nelle regioni urbane rispetto a quelle rurali.
Il contagio avviene per contatto diretto con essudati infetti localizzati sulla cute o sulle
mucose, attraverso i rapporti sessuali. La fascia di età compresa è tra i 15 ed i 30 anni e
colpisce prevalentemente i maschi rispetto alle femmine. Attualmente si manifesta in tre
differenti stadi clinici:
1. Nel primo stadio si hanno infiammazione locali in corrispondenza del punto in cui è
avvenuto l'inoculo dei germi ed ai genitali. Compare una specie di foruncolo con alone
eritematoso che sparisce senza lasciare reliquati nel corso di alcuni giorni.
2. Dopo circa 1-2 anni dal contagio, si raggiunge il secondo stadio corrispondente ad una
diffusione generalizzata di batteri per via ematogena, con lesioni cutanee diffuse sotto
forma di macule, le quali scompaiono dopo due o tre settimane.
3. Nel terzo stadio i germi si localizzano nella parete dei grandi vasi e negli organi interni,
dove provocano un'infiammazione cronica, i cui effetti sono visibili dopo anni, talvolta
dopo decenni. Le lesioni possono coinvolgere anche il cervello, portando alla pazzia (di
cui morì Nietzsche). L'infiammazione può raggiungere anche le ossa, provocando lesioni
contemporaneamente distruttive e riparative. E questo stadio ad essere documentato a
livello osteo-archeologico.
Alla fine del '400, all'inizio della sua diffusione europea, la sifilide aveva un'evoluzione molto
più tumultuosa rispetto ai tempi attuali. Il passaggio tra il primo ed il secondo stadio avveniva
in poche settimane e, al posto delle macchie, comparivano veri e propri bubboni. Questa sifilide
si definisce anche “acquisita”, per differenziarla dalla forma congenita, che si trasmette cioè per
via transplacentare dalla madre al feto durante la gravidanza.
Storia della sifilide venerea:
Tra la fine del '400 e gli inizi del '500 compare in Europa una nuova malattia, conosciuta ai
medici dell'epoca, che la definiscono “grande vaiolo”, con una sintomatologia tipica di una
malattia epidemica che aggredisce per la prima volta una popolazione vergine, cioè priva di
difese immunitarie. La malattia aveva un andamento assai più tumultuoso, caratterizzato da
una veloce diffusione nell'organismo, che avveniva nell'arco di poche settimane, più che di
mesi. Secondo le descrizioni dell'epoca colpiva dapprima i genitali, successivamente si
espandeva e comparivano bubboni cutanei, mentre in un terzo momento interessava gli organi
interni e l'apparato scheletrico.
Teorie sulle origini della sifilide:
1. Leoniceno e Massa: La sifilide è una malattia Europea
2. Diaz de Isla e Fernandez de Oviedo: La sifilide è stata portata in Europa da Colombo.
Sulla comparsa della Sifilide in Europa sono state formulate due teorie principali:
1. Teoria Colombiana: la sifilide è arrivata in Europa con i marinai di Colombo.
Non è del tutto convincente, poiché i marinai erano in numero esiguo e risulta difficile
credere che siano riusciti ad infettare l'Europa nel giro di pochi anni.
2. Teoria precolombiana: la sifilide era già presente in Europa, ma era indistinguibile da
altre malattie raggruppate sotto il nome di “lebbra”. La diffusione è da mettere in
relazione con la cacciata degli ebrei dalla Spagna e con le crociate.
Nel 1991 Livingstone formulò un'altra teoria, secondo la quale l'origine della sifilide si dovesse
ricercare nella colonizzazione portoghese delle coste africane. Secondo lo studioso, i germi
della treponematosi africana, entrando in contatto con i Portoghesi, trovarono un ambiente
favorevole per la loro virulentazione, e riuscirono ad adattarsi anche al nuovo ambiente
geografico europeo. Questo ceppo africano avrebbe dato origine all'epidemia di sifilide europea
successiva al 1495 e anche ad un ceppo di sifilide post-colombiana in Sud America, più
virulento.
Queste teorie prescindono dai dati osteo-archeologici: l'esistenza della sifilide ossea in America
prima dell'arrivo di Colombo è infatti chiaramente attestata. Documenti anteriori al 1492
descrivono una malattia dalle caratteristiche simili in Europa, ma resta difficile stabilire se
l'epidemia europea del 1495 sia dovuta ad importazione o a virulentazione di un ceppo già
endemico del Vecchio Mondo.
L'assedio di Napoli:
Una delle prime descrizioni della malattia risale al 1495, in occasione dell'assedio di Napoli. In
quel periodo Carlo VIII, re di Francia, organizza una spedizione militare in Italia con un esercito
poderoso per conquistare il Regno di Napoli, dominato dagli Aragonesi, una dinastia di origine
catalana. Non trovando alcun ostacolo, riesce nel suo intento, ma nel 1494 è costretto a
tornare indietro, perché gli stati italiani hanno costituito nel frattempo un'alleanza contro di lui,
la cosiddetta “lega santa”, capeggiata dal papa. Carlo si scontra con l'esercito della lega a
Fornovo in Lunigiana, ma la battaglia ha un esito incerto e si risolve con un nulla di fatto. Il re
aveva lasciato a Napoli una forte guarnigione francese, che continuò a controllare la città
nonostante che il Regno di Napoli fosse tornato nel frattempo agli Aragonesi con il nuovo re
Ferrante II. Fra i difensori comparve un'epidemia caratterizzata da nauseanti pustole sui
genitali, che si diffondevano e si ulceravano, e da forti dolori ossei. La malattia si risolveva con
un'invalidità permanente o con la morte del soggetto colpito; si verificavano anche casi di
guarigione. Le truppe francesi, di ritorno a casa dopo la capitolazione della città, diffusero la
malattia in Italia, Francia e Germania cosicché dal 1500 in poi tutta l'Europa ne fu affetta.
Il primo a trattare l'argomento fu Niccolò Leoniceno nel suo Libellus de epidemia quam
• Itali morbus gallicus vocant nel 1497.
Lopez de Villalobos scrive un'opera “sui bubboni” intitolato Tratado sobre las pestiferas
• bubas nel 1498.
Giovanni da Vigo tratta dell'unguento mercuriale nel suo trattato di chirurgia nel 1514.
• Girolamo Fracastoro scrive un poemetto Syphilis sive morbus gallicus nel 1530 da cui
• deriva il termine sifilide. Infatti il termine “syphilis” è derivato dal nome di un pastore,
Sifilo, protagonista del poemetto, in cui lo stesso contrae la malattia.
Leonardo Botallo nel suo Lues venerea, utilizza il termine “lue”, utilizzato ancora oggi
• come sinonimo di sifilde.
Il problema dell'unguento mercuriale saraceno dei crociati per la cura della “lebbra venerea”
curava la sifilide e non la lebbra!
Ogni gruppo sociale possiede il tipo di treponema adatto a quel particolare ambiente geografico
e climatico e a quel particolare stadio di sviluppo culturale.
Lesioni osteoarcheologiche della sifilide venerea: Nei materiali osteoarcheologici è
documentato solo il terzo stadio della malattia, che si raggiunge anche diversi anni dopo aver
contratto l'infezione. E' in questo stadio che si verifica il coinvolgimento dell'apparato
scheletrico. La maggior parte dei sifilitici muore senza riportare evidenze scheletriche della
malattia, mentre solo una ristretta percentuale presenta lesioni ossee.
Secondo alcune stime questa percentuale può variare tra l'1,5 ed il 20%. Solo sulla base dei
reperti ossei, non è possibile identificare la forma di treponematosi da cui era affetto
l'individuo.
Hackett 1976: Analizzando le varie fasi dell'interessamento cranico della sifilide, si distinguono
una sequenza isolata ed una continua.
Nella sequenza isolata si osserva la comparsa di lesioni apparentemente poco
• specifiche, come cribrosità raggruppate consistenti in insieme di forellini, che tendono a
confluire, provocando una distruzione dell'osso che si manifesta come una cavitazione.
A seguito della distruzione i tessuti circostanti vanno incontro ad un processo di
cicatrizzazione, si verifica una reazione ossea consistente in una neoformazione che
tende a colmare la lacuna. La cavitazione appare circondata da una sorta di “labbro”
osseo. L'osso neoformato restringe la cavità fino a colmarla, al posto dei foci individuali
così rimarginati, resteranno solo cicatrici stellate o radiali.
Riassumendo: Dall'iniziale cavitazione superficiale focale, si passa alla cavitazione
circumvallata, per terminare con una cicatrice radiale.
Nella sequenza contigua sulla superficie cranica le lesioni sono multiple e vicine tra loro
• e si trovano più frequentemente lesioni confluenti, che danno origine a cavitazioni
serpiginose, la cui progressione è la stessa della sequenza isolata. Le cavità tendono in
un primo tempo a confluire fra loro, dando origine a cavitazioni serpiginose,
successivamente, a partire dalla periferia, cominciano ad essere colmate da osso nuovo,
dando origine prima a cavitazioni nodulari, circondate inizialmente da noduli ossei
contigui; questi si espandono progressivamente coprendo una porzione estesa della
superficie cranica, che assume un aspetto tipico definito con l'espressione “caries sicca”,
dove per caries si intende un processo distruttivo dell'osso. L'espressione è utilizzata, in
questo caso, in contrapposizione alla “caries umida” dello stadio precedente,
caratterizzata in vita dalla formazione di secrezioni purulente.
Riassumendo: Formazione di cavitazioni serpiginose, che progrediscono in cavitazioni
nodulari, fino a raggiungere lo stadio di caries sicca.
Lesioni dello scheletro post-craniale:
I segni ossei della sifilide su Tibie e Femori sono le stesse che si osservano sulla superficie
cranica. Se ne differenziano per il fatto che sono caratterizzate da un andamento più diffuso e
comportano una forte reazione periostitica. Dal momento che la diffusione dell'infezione
avviene per via ematica, il tratto inizialmente coinvolto è quello metafisario, per sua alta
vascolarizzazione. La periostite si manifesta con la formazione di osso subperiostale, in risposta
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