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SCIALBATURA.

Esempio di pittura a secco → oratorio della concezione (Parma)

Mesi perduti: ottobre (doveva esserci lo Scorpione), novembre, dicembre (meglio conservato nella

fascia superiore con il Trionfo di vesta. Artista attento ai fatti pittorici toscani). Questi affreschi

sono andati perduti perché realizzati con una pittura a tempera ad uovo.

Gennaio → delle fonti danno la pittura a secco come omologa alla pittura su tavola. Sull'arriccio è

stata stesa una malta a base di calce e tracce d'uovo.

Imprimitura

colore all'uovo.

Cennino Cennini, Il libro dell'arte, inizio XV secolo; è stato l'ultimo discendente della scuola

giottesca. Dal 1398 lavora a Padova, si sente depositario delle tecniche pittoriche trecentesche.

Redige questo prontuario (scritto nei primi decenni del 1400), che è la prima trattazione esaustiva.

Cennino parla di come tingere la carta, come realizzare vari colori e lo fa per capitoletti.

Nel Capitolo LXXII dice che ci sono colori usati nella miniatura e in tavola che sull'affresco non si

possono usare perché virano (verde rame, biacca) → cfr Visione di Roma, Cimabue, Assisi

Leon Battista Alberti non tratta dell'affresco nel De pictura, egli non lo amava, così come

Brunelleschi.

Siamo nel periodo in cui si diffonde l'uso unitario della pittura ad olio.

Filarete, scultore ed architetto milanese contemporaneo di Alberti, ricostruisce nel suo trattato di

architettura (1460-64) la città immaginaria sforzesca. Filarete ci dà delucidazioni sulle tecniche di

base e cita Cennino (libro XXIV, totale 25 libri); cita Giovanni da Bruggia (= Van Eyck) e il

Maestro Ruggieri (= Van der Weyden).

Agli anni '50 del 1400 a Ferrara vediamo già applicati su muro i principi di Filarete → Maccagnino

nel 1448 dipinge ad olio nello studio di Lionello d'Este.

Vasari ci parla di Galasso Galassi e Ciriaco d'Ancona, fonte coeva a Galasso, dice che egli

dipingeva su muro ad olio.

Vasari ci parla della tecnica della tempera ad uovo su muro secco e su tavola, dice che si può

lavorare anche ad olio su muro ben secco, spiegando come ha aggiornato questa tecnica alla luce di

lavori svolti per la committenza medicea.

• Sala dei cento giorni, Palazzo della Cancelleria,

Roma (1546-47): Vasari riesce a compierla in 100

giorni, vantandosi della sua velocità e del fatto che ha

lavorato a buon fresco.

• Madonna del Baraccano, Francesco del Cossa (1472,

Bologna): affresco e ritocchi a secco. Sono raffigurati

Giovanni Bentivoglio I, un candelabro. Il volto della

devota (cerchio) si riferisce ad un episodio avvenuto

nel 1402: mentre Bologna è assediata dalle truppe

milanesi, Francesca Vinciguerra va a pregare all'icona

devota vicino alle mura. Giovanni Bentivoglio per tre

volte la fa coprire con un muro e per tre volte cade, si

crede perciò che questa sia un'immagine sacra.

L'affresco nel 1969 è stato strappato da Ottorino

Nonfarmale ed è emersa la sinopia, nella quale si nota

che inizialmente Cossa aveva posto il volto del

bambino a destra.

L'imprimitura, detta anche mestica[1] o anche imprimatura (secondo l'uso inglese), è la preparazione

del supporto pittorico, consiste nel primo strato di materia che viene applicato al fondo grezzo, sia

esso tela, tavola, carta o altro, prima di dipingervi.

Tale preparazione ha una grande importanza, essa può determinare la resistenza, la durata e la resa pittorica

del dipinto. Non va confusa con quello che, nel linguaggio pittorico, viene definito abbozzo o preparazione

di un quadro (che è una fase dell'esecuzione del dipinto e non della finitura del supporto).

L'imprimitura si presenta come uno strato uniforme che ha la duplice funzione di isolare il supporto dalla

pittura vera e propria e di regolare la saturazione dei leganti (ad esempio l'olio). Tradizionalmente

l'imprimitura si ottiene con diverse ricette a base di colle varie (di coniglio, di farina, di caseina) unite

a gesso, bianco di piombo, bianco di Spagna, a uovo, a miele, a olio di lino variando gli elementi ed i

dosaggi secondo la tecnica che verrà adottata per l'esecuzione dell'opera (diverse sono ad esempio le

imprimiture grasse, adatte alla pittura a olio e quelle magre, adatte alla tempera).

Frequenti nella pittura antica sono le imprimiture a base di terre, come nella pittura veneziana e spagnola

(terra di Siviglia), nonché a base di bolo rosso. Anticamente si usavano anche particolari imprimiture nere,

ottenute con grafite o nero di vite. Il termine deriva dall'italiano e letteralmente significa "primo strato". Le

sue origini come strato di fondo risalgono agli usi tecnici tramandati dalle Corporazioni e dalle botteghe

artigiane medievali, tuttavia è divenuto un metodo standard durante il Rinascimento, in particolar modo in

Italia.

L'imprimatura non solo fornisce ad un dipinto una generale unità tonale visiva ma è utile anche nei primi

stadi di un'opera poiché aiuta il pittore a stabilire le giuste relazioni tra ombre e luce. Essa è più utile

nell'approccio classico della pittura indiretta dove il disegno e il sottostrato vengono stabiliti prima e

successivamente lasciati seccare. Gli strati successivi di colore vengono applicati con tonalità trasparenti o

semitrasparenti. Va posta attenzione a non coprire completamente l'imprimatura cosicché sia visibile

attraverso gli strati finali del dipinto. Questo risulta efficace in particolar modo nelle aree di ombra e

semiombra dell'opera. L'imprimatura viene fatta solitamente con un color terra come la Terra di Siena e

spesso viene diluita con la trementina.

Tecnica dell'affresco

L'affresco è un'antichissima tecnica pittorica che si realizza dipingendo con pigmenti generalmente di origine

minerale stemperati in acqua su intonaco fresco: in questo modo, una volta che nell'intonaco si sia

completato il processo di carbonatazione, il colore ne sarà completamente inglobato, acquistando così

particolare resistenza all'acqua e al tempo.

Si compone di tre elementi: supporto, intonaco, colore.

• Il supporto, di pietra o di mattoni, deve essere secco e senza dislivelli. Prima della stesura dell'intonaco,

viene preparato con l'arriccio, una malta composta da calce spenta o grassello, sabbia grossolana di fiume o,

in qualche caso, pozzolana e, se necessario, acqua, steso in uno spessore di 1 cm circa, al fine di rendere il

muro più uniforme possibile.

• L'intonaco (o "tonachino" o "intonachino") è l'elemento più importante dell'intero affresco. È composto di

un impasto fatto con sabbia di fiume fine, polvere di marmo, o pozzolana setacciata, calce ed acqua.

•Il colore, che è obbligatoriamente steso sull'intonaco ancora umido (da qui il nome, "a fresco"), deve

appartenere alla categoria degli ossidi, poiché non deve interagire con la reazione di carbonatazione della

calce.

Si usa la sabbia di fiume perché essa è pura, cioè non contiene sale né sostanze organiche, perché viene

costantemente purificata dallo scorrere del fiume.

Un'altra difficoltà consiste nel capire quale sarà la tonalità effettiva del colore: l'intonaco bagnato, infatti,

rende le tinte più scure, mentre la calce tende a sbiancare i colori. Per risolvere il problema, è possibile

eseguire delle prove su una pietra pomice o su un foglio di carta fatto asciugare con aria o vento di scirocco

ossia aria calda.

Storia

Abbiamo i primi esempi di affresco già nell'epoca della civiltà minoica. Ci sono pervenuti

affreschi greci (molto rari), etruschie romani. Straordinari sono gli affreschi parietali ritrovati negli scavi di

Pompei e in altri siti archeologici dell'area vesuviana.

In epoca paleo-cristiana e alto-medioevale la preparazione del muro avveniva in modo rapido; la figurazione

avveniva direttamente sulla preparazione: prima i contorni, in ocra, poi il riempimento, fino alle ombre.

L'esecuzione delle varie parti era determinata dallo sviluppo dei ponteggi del cantiere; le diverse fasi di

esecuzione dell'affresco (dette "pontate") sono determinabili dalle giunture pittoriche determinatesi allo

spostamento del punteggio

In epoca romanica il lavoro delle maestranze di affrescatori veniva svolto sempre per "pontate", ma la

tecnica inizia a raffinarsi; viene introdotto l'uso di paglia, cocci, stoffa all'interno dell'impasto dell'arriccio e

dell'intonaco, per mantenerne l'umidità e permettere un tempo di stesura pittorica maggiore. Le figure sono

ancora stese con contorno ad ocra rossa, ma si comincia a riscontrare l'uso di collanti per i colori

(albume, cera fusa, colla animale). Inoltre in alcuni casi è possibile rilevare la presenza di linee guida per la

figurazione, tracciate sull'intonaco fresco.

Nel XIV secolo la tecnica dell'affresco conosce in area centro e sud europea una grande diffusione. Due

importanti innovazioni sono introdotte dalle maestranze dell'epoca: l'uso del disegno preparatorio (la sinopia)

e lo svolgimento del lavoro non più a pontate, ma a giornate.

La sinopia è un disegno preparatorio alla stesura vera e propria del colore. Era stesa a pennello con terra

rossa di Sinope(da qui il nome) prima sull'arriccio e poi sull'intonaco, e riproduceva in modo preciso le

figure dell'affresco. La scoperta dell'esistenza delle sinopie è avvenuta nel secondo dopoguerra, quando, con

i distacchi di affreschi operati per restauro, i disegni sottostanti al colore sono stati rinvenuti.

Lo svolgimento dell'affresco diventa il frutto di una pianificazione meticolosa delle maestranze che devono,

prima di stendere l'intonachino, decidere quale parte eseguire e valutarne la fattibilità nella giornata (per

garantire l'esecuzione 'in buon fresco'). Negli affreschi medievali si riesce, di conseguenza, a rilevare sia le

giornate che le pontate. Vengono messe a punto raffinatissime tecniche per mascherare le giunte tra le

giornate e tra le pontate. Il taglio e la tecnica usata per i ritocchi (che avvengono a secco) consentono spesso

di individuare la scuola se non l'artista che ha eseguito l'affresco.

Con il Rinascimento, l'affresco conosce il momento di maggior diffusione. In area centro-italiana è

abbandonato l'uso della sinopia (che in altre aree sarà invece usata fino alla fine del XVI secolo) e viene

introdotto l'uso del cartone preparatorio.

L'intero disegno preparatorio veniva riportato a grandezza naturale sul cartone. Le linee che componevano le

figure erano poi perforate. Una volta appoggiato il cartone sull'intonaco fresco, era spolverato con un

tampone intriso di finissima polvere di carbone

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
18 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiara.betti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Arte del Rinascimento e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Graziani Irene.