Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
EFIM
Era stato l’unico ente che si era dimostrato favorevole da subito al processo di privatizzazione,
salvo che la sua situazione in termini economici era molto instabile.
Mentre EFIM fa il Consiglio di amministrazione come aveva fatto ENI e delibera quindi la
trasformazione in s.p.a chiudendo i conti dell’ente pubblico, che evidenziano un piccolo patrimonio
residuale.
Rifacendo i conti in contabilità ordinaria (non finanziaria, quella tipica dell’ente pubblico) si
riscontrano delle differenze.
Il bilancio di EFIM che veniva chiuso in contabilità finanziaria con un piccolo patrimonio netto,
quando viene trascritto in contabilità economico- patrimoniale vede cancellare il patrimonio netto e
vede un deficit patrimoniale.
=> la s.p.a. EFIM non nasce mai.
Nei requisiti per la costituzione di una società serve un patrimonio; se questo non c’è, non si
costituisce la società.
Si dà comunicazione immediata al Governo che, per fermare le procedure di fallimento, decide di
nominare un commissario liquidatore —> inizia la procedura di liquidazione.
Ci sarà il prof. Trovieri (?), che sarà il commissario liquidatore di EFIM e procederà alla normale
liquidazione cedendo tutto quello che è possibile e chiudendo le attività.
IRI
Era il caso più complicato; era evidente che l’IRI si trovava in statuizioni simili a quelle di EFIM.
Anche in IRI la contabilità economica avrebbe dimostrato chiaramente nella trasformazione
l’inesistenza di patrimonio netto.
Solo che, mentre quella di EFIM era una situazione piuttosto semplice (che poteva risolversi anche
solo con una liquidazione), quella di IRI era molto più complesso: la liquidazione di IRI sarebbe
stata molto difficile.
Si deve fare in modo che IRI abbia un patrimonio netto: come si fa, considerando che
probabilmente IRI è in deficit patrimoniale?
Si prendono degli assetti importanti dell’IRI e si vendono immediatamente.
๏ STET: finanziaria più ricca e importante. (telefoni)
Va venduta velocemente; siamo prima del piano delle privatizzazioni e quindi non si può toccare
la presenza pubblica; però si può vendere allo stato stesso.
Viene preparata un’operazione molto velocemente —> IRI vende al ministero del Tesoro la Stet
con tutto quello che questa contiene:
- sip
- italcable
- pagine gialle
- … ecc
Era facile valutare la Stet; era quotata in borsa -> si fa una capitalizzazione tenendo conto di
alcune rettifiche patrimoniali.
Si attribuisce un valore alla Stet, al quale IRI cede.
Il tesoro compra a quel valore e si scopre che uno dei problemi dell’IRI era il forte indebitamento
che l’IRI aveva nei confronti del mercato, garantito dal tesoro.
Lo Stato, che era creditore dell’IRI, realizza una partita di giro: chiude i crediti che aveva nei
confronti di IRI e in cambio acquisisce la Stet.
Una volta fatta questa operazione, lo Stato fonde la Stet con l’azienda di stato per i servizi
telefonici; scorpora dalla Stet tutte le società portatrici di servizi strettamente legati alla telefonia e
procede ad una fusione.
=> la fusione finale prende il nome di TELECOM ITALIA
Agosto 1992: dopo questa operazione IRI è salvo.
Riesce a fare la propria assemblea e diventa IRI s.p.a., fortemente indebolita come patrimonio
perché ha perso la partecipazione più rilevante.
I 3 enti di gestione vengono trattati in modo diverso:
- ENI: era economico e così viene trattato -> si prepara ad andare sul mercato
- EFIM: era totalmente diseconomico, al punto da non poter avere un patrimonio netto ->
viene liquidato
- IRI: viene “salvato” da quest’operazione.
Settembre 1992:
Il ministero del tesoro presenta il libro in cui fa un quadro competo di tutto il sistema delle
partecipazioni dello stato e sulla base della conferma del libro ha già pronto il piano di
privatizzazione, che viene presentato in Parlamento e approvato.
Ottobre 1992: tutto è pronto per l’inizio del processo di privatizzazione.
Come si svolge?
✴ ENI: il processo avvenne prima qui.
Viene ceduto tutto insieme e per trances:
- si cede un primo 30%, contrattando con investitori istituzionali (saranno poi loro a
diffonderlo tra i risparmiatori)
- in seguito, ogni 2-3 anni lo Stato cederà ancora qualcosa di ENI, fino ad arrivare al 20% di
oggi.
In particolare, la quota più rilevante verrà ceduta alla CASSA DEPOSITI E PRESTITI.
Il punto più rilevante è dato da IRI.
IRI, a differenza di ENI, è molto più vasta come oggetti di attività sociale e quindi è difficile la
possibilità di una cessione globale come per ENI.
Non conviene vendere IRI tutta insieme, ma spezzarla tendendo conto delle varie aree di business
in cui è impegnata.
1993 (Gennaio): IRI vende le prime società.
✴ IRI
Come idea strategica parte dalle società industriali e suppone di venderle a coloro che sono già
competitor nel campo specifico.
- ITALGEL: è la prima; siamo nel campo dei surgelati. (faceva parte di SME)
Italgel viene venduta nella modalità della trattativa privata = tra IRI e acquirente vengono
concordate la cessione e le sue modalità, come tra due privati.
Questo incontra forti critiche, perché la trattativa privata sembra voler mascherare una poca
trasparenza -> IRI riceve la spinta ad usare la trattativa privata solo in certi casi, che devono
essere motivati.
ITALGEL viene venduta per il 62%, per un ricavo di 431mld di lire.
- CIRIO + BERTOLLI + DE RICA: si mettono insieme e hanno un riscontro di mercato. (facevano
parte di SME)
Anche per questi era stata avviata la trattativa privata, prima dei limiti che furono imposti a IRI.
CIRIO + BERTOLLI + DE RICA vengono vendute per il 62% a 310mld di lire
Poi la situazione cambia leggermente: il Governo ha posto un limite alla trattativa privata => si
deve procedere per vie pubblicistiche.
Se si fa riferimento alle banche di proprietà dell’IRI, che sono già quotate in borsa da molto tempo,
si potrebbe avere una buona soluzione ai problemi => vendere le banche, anche se questa
operazione fa paura.
Ce ne sono 4 disponibili, ma “banca commerciale” è quella più rilevante in quel momento e si
decide che non conviene cominciare da quella.
- CREDITO ITALIANO: si decide di vendere la % che possedeva IRI.
Non viene fatta trattativa privata, ma un’offerta pubblica -> quali regole andavano rispettate?
- mi rivolgo ai dipendenti
- ai correntisti
- a tutti gli altri
e stabilisco delle condizioni particolarmente privilegiate per dipendenti e correntisti, in modo tale
da avere delle persone con cui ho già un rapporto stretto che vogliono trasformare i loro risparmi
in attività sottoposta alla borsa valori (azioni di una banca).
In IRI c’è paura per questa offerta pubblica di vendita: non c’è nessuna sicurezza e ci sono tante
clausole limitative.
L’operazione ha un successo enorme.
Il prezzo fissato fu il massimo del possibile (la domanda fu 7 volte maggiore del totale) e
nonostante questo non si riuscì a soddisfare la domanda, ma si dovette andare a riparto: le azioni
disponibile vennero ripartite proporzionalmente tra tutti i richiedenti.
Questo comportò che l’offerta pubblica di vendita del 58% ottenne 1.800mld di ricavo
CREDITO ITALIANO viene venduta per il 58% con 1.800 mld di ricavo.
Era il segno che è cambiato qualcosa di profondo: gli italiani, che erano sempre stati considerati
come legati solo ai buoni del tesoro (= titoli di sicuro rendimento), stavano dimostrando che, se
venivano date loro delle occasioni di aziende importanti, erano disposti ad accettare rischi.
Dopo questo risultato, allora si vendono anche un’altra banca.
- BANCA COMMERCIALE: si mettono in moto i meccanismi per la vendita e pochi mesi dopo si
hanno le stesse regole che c’erano per il credito italiano:
- offerta pubblica
- ci si rivolge a categorie diverse
BANCA COMMERCIALE viene veduta per il 54,35% con 2.891mld di ricavo
Che cosa ne succede dopo?
Credito italiano —> con altre banche diventa UNICREDIT
Banca commerciale —> diventa INTESA SAN PAOLO
Procede la logica dei settori industriali -> viene in discussione l’acciaio.
Per l’acciaio si insiste per la trattativa privata, perché è un caso del tutto particolare.
Di solito un soggetto che acquista acciaio è qualcuno che già ci lavora: si sentono i soggetti e si
guarda chi è disposto a comprare.
- ACCIAI vengono venduti integralmente (100%) con un ricavo di 624mld
- SME
Le aziende alimentari vendute prima si trovavano nella SME.
Tolte quelle già vendute, si riuniscono quelle rimaste e si è capito che conviene vendere per sotto-
settori, anche non omogenei, ma che possano interessati gruppi legati a questi settori.
Tolti italgel e cirio/bertolli, SME viene divisa in 3 gruppi, riunendo i settori merceologici che
sembravano più adatti:
1. Si vende attraverso una tranche che va a trattativa privata.
Si vede il 32% con 723 mld di ricavo
2. Ha un altro sviluppo: mentre si sta preparando l’offerta pubblica di vendita, arriva un’offerta
pubblica di acquisto; viene chiesto di acquistare questo raggruppamento.
IRI fa i suoi calcoli e trova ragionevole l’offerta di acquisto e decide di aderire all’ OPA (offerta
pubblica acquisto)
341 mld di ricavo
3. L’idea di far fare un’OPA che venisse dal mercato ha avuto successo e si ha anche in questo
caso un’adesione all’OPA.
120 mld di ricavo
Così tutta la SME è ceduta.
- ITALTEL : era dentro STET, ma non è nelle società indicate per la fusione -> resta fuori dal
processo di fusione di telecom.
Italtel procedeva apparecchiature telefoniche, soprattutto centralini ed era la filiale italiana della
Siemens.
Viene fatta un’asta a cui si presentano vari acquirenti; il principale è Siemens, che si ricompra la
sua divisione italiana.
ITALTEL va Siemens al 40% con 1.000 mld di ricavo
- NUOVA TIRRENIA
- AEROPORTI DI ROMA: viene fatta di nuovo un’offerta pubblica di vendita
- TELECOM ITALIA: cessione
L’acquisto che aveva fatto il Ministero del Tesoro non serviva per tenere in sua proprietà la
Telecom; era stata fatta in vista della sua cessione.
E’ la privatizzazione più complicata e più difficile.
Per Telecom non viene fatta una semplice asta -> non una trattativa privata.
Si deve trovare una formula che viene copiata dai francesi, che nello stesso periodo avevano
sviluppato una politica di privatizzazioni in parallelo attraverso la logica che veniva detta dei
“noccioli duri&