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MACERAZIONE
Il processo di macerazione tipico è quello del feto morto in cativa uterina, immerso nel liquido amniotico
sterile, a sacco integro.
Si osserva anche nei cadaveri sommersi, ove l'azione dei germi della putrefazione è ostacolata.
Consiste in una imponente idratazione delle strutture più superficiali, quelle cornee, che aumentano di
volume, imbiancano, si raggrinzano e infine si sfaldano.
I visceri sono molli e grigio-pallidi, i muscoli si distaccano facilmente dalle inserzioni scheletriche.
Iniziando ai palmi delle mani e alle piante dei piedi, ove la cute è più spessa, il processo si diffonde a tutto il
corpo nell'arco di qualche mese (a secondo della stagione).
In genere è abbinata alla saponificazione.
MUMMIFICAZIONE
La mummificazione è dovuta ad una intensa disidratazione dei tessuti per evaporazione molto rapida di
liquidi, nei cadaveri che soggiornano in ambiente caldo (clima deserto) o freddo (catacombe), con aria secca
e ventilata ed terreno poroso e ricco di Sali (in questo caso è spontanea).
Viene inibita la putrefazione, data la rapida evaporazione dei tessuti e l'assenza di umidità necessaria allo
sviluppo dei batteri.
Trattasi di una trasfomazione tipicamente conservativa del cadavere.
Può essere anche artificiale, attuata con tecniche che favoriscono il blocco delle attività enzimatiche tessutali
o batteriche, mediante prodotti chimici o con la riproduzione delle condizioni che provocano la
mummificazione spontanea.
I cadaveri mummificati sono leggeri, di aspetto ligneo, la superficie esterna ha consistenza pergamenacea e
colorito giallo-brunastro.
Gli organi interni sono secchi e raggrinziti e conservano per tempo indefinito la struttura istologica propria.
È favorita nei cadaveri di persone magre, denutrite, morte per emorragia o disidratazione.
L'integrità del cadavere può essere intaccata da muffe e tarli che polverizzano i tessuti.
In genere, il processo di mummificazione si completa in un anno, ma esistono mummificazione anche più
rapide.
CAPITOLO VII: OSTETRICIA FORENSE
--- ABORTO ---
La tutela giuridica del prodotto di concepimento si estende a tutta la durata della vita intrauterina, essendo
considerato aborto anche la soppressione del feto vitale.
Il risultato dev'essere la morte del prodotto di concepimento, altrimenti se il feto vive non si può parlare di
aborto, ma di tentativo di aborto, accelerazione di parto ecc. .
Il diritto penale considera “persona” l'essere umano prima ancora che abbia luogo la nascita vera e propria, e
fa coincidere tale qualifica giuridica con un momento anteriore, rappresentato dall'inizio del travaglio di
parto, ossia quando la gravidanza è giunta spontaneamente a conclusione e comincia il distacco del feto
dall'alveo materno.
Comunemente con il termine “aborto” si indica l'interruzione della gravidanza prima del suo termine naturale
e la conseguente perdita del prodotto di concepimento.
La definizione medico-legale di aborto non è dissimile, intendendosi per tale “l'interruzione della gravidanza,
prima del suo termie fisiologico dalla quale derivi la morte del concepito”.
Netta, invece, è la differenza tra tale definizione (medico-legale e giuridica) e quella ostetrica, secondo la
quale l'aborto è “l'interruzione della gravidanza prima del 180°giorno di gestazione, alla quale deve
necessariamente seguire la morte del concepito”, ritenuto non in grado di sopravvivere anche se nato vivo
(dopo il 6°mese si parla di parto prematuro, quando invece anticipa di poco il termine naturale si parla di
parto precoce).
Ciò che caratterizza la definizione medico-giuridica di aborto sono l'assenza di delimitazione cronologica,
per cui l'aborto può verificarsi in qualsiasi momento della gestazione e prima che questa sia terminata
fisiologicamente, comprendendo quindi nell'arco di tempo di tutta la gravidanza tutte le possibili forme di
sua interruzione e di morte dell'embrione e del feto, che vanno sotto il nome di parto prematuro, morte
intrauterina del feto e aborto ostetrico.
Caratterizzante la definizione giuridica è anche l'esistenza di un rapporto causale tra interruzione della
gravidanza e morte del concepito, mentre è irrilevante l'espulsione del feto, che può essere ritenuto nell'alveo
materno (c.d. aborto interno).
Inoltre, è irrilevante la vitalità del prodotto di concepimento, la cui morte può verificarsi prima o dopo che
questi abbia raggiunto un grado di sviluppo tale da consentirgli un'autonoma sopravvivenza, purché la morte
si verifichi prima che la gravidanza sia giunta al suo termine naturale e che tra morte e interruzione della
gravidanza esista un reciproco rapporto di dipendenza.
Ciò è importante per differenziare l'aborto dall'infanticidio, in quanto il primo si realizza prima che inizi
spontaneamente il parto, il secondo invece dopo l'avvio del parto (durante il parto nel caso di feticidio,
immediatamente dopo nel caso di infanticidio).
In materia occorre distinguere tra feto e neonato:
il feto è il prodotto nascente dal momento in cui ha inizio il suo distacco dall'utero fino a quando si è
– completata l'espulsione dal corpo materno;
il neonato è il nato di recente vivo, vitale o no, che abbia raggiunto un sufficiente grado di sviluppo.
– Si considera tale l'essere umano completamente espulco, anche se ancora unito alla madre dal
cordone ombelicale (il “nascere vivo” è il presupposto del delitto di infanticidio).
In rapporto alle cause che l'hanno provocato, l'aborto si distingue in:
spontaneo;
– accidentale (da cause esterne, senza responsabilità da parte di terzi);
– provocato:
– – terapeutico o da “autodeterminazione” (I.V.G.);
– criminoso.
L'aborto spontaneo si verifica quando l'interruzione della gravidanza e la morte del feto siano conseguenza di
cause interne di carattere patologico.
La cause possono essere:
fetali (dette anche ovulari):
– – cromosomiche;
– annessiali;
– genetiche;
materne:
– – genitali (es. malformazioni dell'utero);
– generali:
--- gravidiche (gestosi);
--- non gravidiche (es. malattie infiammatorie croniche).
Nel caso di aborto spontaneo, non vi è più l'obbligo di denuncia da parte del medico.
L'aborto accidentale è quello dovuto a cause lesive estere, la cui azione è stata casuale e fortuita, senza
responsabilità di alcuno e senza che l'evento fosse prevedibile quanto ai tempi e alle circostanze
dell'accadimento.
Le cause lesive sono molteplici e di varia natura, spesso favorite nella loro azione da fattori predisponenti,
locali o generali.
Possono distinguersi in:
traumatiche:
– – dirette (a livello dell'apparato genitale);
– indirette (in punto distante dall'apparato genitale);
tossiche:
– – da veleni;
– medicamentose;
– professionali;
psichiche (es. profonde crisi d'ansia).
–
L'aborto criminoso è la volontaria interruzione della gravidanza, prima del termine fisiologico, per provocare
la morte del prodotto di concepimento, per motivazioni personali ed economiche, quali il desiderio di evitare
i disagi della gravidanza e dell'allevamento dei figli e i problemi economici da essi derivanti, o motivi
eugenici, connessi con la volontà di evitare la nascita di soggetti fisicamente o psichicamente handicappati.
I mezzi abortivi vengono distinti, a seconda del meccanismo di azione, in:
psichici;
– chimici (sostanze abortive):
– --- minerali (es. fosforo bianco);
--- emmenagoghe, che provocano un aumento del flusso ematico e la congestione dell'utero;
--- ecboliche, che provocano un aumento della contrazione uterina;
--- sostanze purgative (es. aloe, ricino);
--- sostanze ormonali prostaglandine (pillola del giorno dopo);
fisici (manovre abortive):
– --- esterne, effettuate sulla parete addominale;
--- vaginali, per eccitare la contrazione uterina;
--- cervicali, mediante dilatazione del collo uterino (trattasi, di solito, di manovre preparatorie);
--- endouterine:
--- distruzione del feto, con iniezioni intra-amniotiche;
--- espulsione dell'uovo, con puntura delle membrane, uso di paste abortive, introduzione di sonde
ecc.;
--- estrazione dell'uovo, mediante svuotamento dell'utero (può essere manuale, strumentale o per
aspirazione)
Non mancano, però, le conseguenze dannose, alcune delle quali di particolare gravità.
Si possono ricordare:
intossicazioni (es. epatosi da fosforo);
– lesioni traumatiche, da strumenti introdotti a scopo abortivo;
– emorragie, che possono essere immediate o tardive;
– infezioni post-abortive;
– embolie (gassosa, adiposa, trombotica);
– morte per inibizione (es. riflesso cardio-inibitore da stimolazione del canale cervicale).
–
INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA
on la l. 194/1978 (intitolata “norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della
C
gravidanza”) è stata disciplinata l'interruzione volontaria della gravidanza, prevedendo le condizione per le
quali essa può essere interrotta volontariamente e legittimamente dalla donna per salvaguardare la propria
salute.
Nella legge si parla di “interruzione volontaria della gravidanza” e non di “aborto”, termine utilizzato solo
nelle fattispecie criminose.
La normativa ha preso avvio dopo che la Corte Costituzionale, con la sentenza del 18 febbraio 1975, aveva
dichiarato l'incostituzionalità dell'art 546 cp (“delitto di aborto della donna consenziente”) nella parte in cui
non prevedeva che la gravidanza potesse essere interrotta quando l'ulteriore gestazione implicasse danno o
pericolo grave, medicalmente accertato e non altrimenti evitabile, per la salute della donna.
L'art 546 cp era incostituzionale nella parte in cui puniva chi cagionava l'aborto di una donna col consenso di
lei e la donna stessa, anche quando era accertata la pericolosità della gravidanza per il benessere fisico e
l'equilibrio psichico della gestante, ma senza gli estremi dello “stato di necessità”.
Vi era pertanto un'assoluta prevalenza della salvaguardia del prodotto di concepimento, che persona deve
ancora diventare, a scapito del diritto alla vita e alla salute della madre.
In seguito a tale sentenza, l'aborto punibile cessa di essere un delitto contro l'integrità e la sanità della stirpe
(per proteggere la procreazione e la gestazione al f