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Capitolo VII: Azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni alla pace e agli atti di aggressione

Il Capitolo VII della Carta dell'ONU è quello che si occupa del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Art. 39: Il Consiglio accerta l'esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione alla pace o di un atto di aggressione, e fa raccomandazione o decide quale misure debbono essere prese in conformità agli articoli 41 e 42 per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Il Consiglio di Sicurezza quindi, secondo l'articolo 39, può agire solo quando si verifichi una delle tre situazioni elencate nell'articolo stesso. Solitamente, quando il Consiglio di Sicurezza è intervenuto, ha giustificato la propria azione in risposta ad una situazione di "minaccia alla pace": si tratta infatti della situazione più generica e più politicamente facile da raggiungere. Le situazioniviolazione alla pace e atto di aggressione presuppongono l'esistenza di un soggetto colpevole. La giustificazione dell'atto di aggressione è stato usato solo un paio di volte dal Consiglio di Sicurezza (tra cui l'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq). L'Assemblea generale nella risoluzione 3314 del 1974 si pronuncia sul termine aggressione, dandone una definizione molto specifica ma lasciando comunque dei margini di incertezza. Questa stessa risoluzione ci dice molto chiaramente che questa definizione non intende condizionare l'attività del Consiglio di Sicurezza nell'attività di definizione dell'aggressione ai sensi dell'articolo 39. Ancora una volta quindi è lasciata ampia discrezionalità al Consiglio di Sicurezza. La violazione della pace è un atto più limitato e blando, ma anche questo rimanda ad una situazione di conflitto. Il presupposto

La nozione della minaccia della pace è utilizzata più spesso perché, a differenza degli altri due, non implica l'esistenza di una minaccia di conflitto. La situazione della minaccia alla pace può essere puramente interna ad uno Stato (guerra civile, colpo di Stato, ecc...). Questo ha consentito al Consiglio di Sicurezza di intervenire anche in conflitti interni. Essendo così flessibile, la nozione di minaccia della pace ha inglobato anche altri casi, come gli attentati terroristici ad esempio. Si ha una contrapposizione tra soggetto privato (terroristi) e Stati: non si tratta di un conflitto statale. Ci potrebbe però essere uno stato compiacente: l'Afghanistan ad esempio si poteva identificare con Al-Qaeda (11 settembre): i talebani avevano protetto i terroristi e sposato le loro battaglie, come a significare che Al-Qaeda agisse come una specie di organo del governo dei talebani. Nel caso delle torri gemelle si è proceduto contro

l'ultimo paragrafo potrebbe essere formattato come segue:

Questo ci dimostra anche come, grazie a tale espressione, si sono cambiati un po' i caratteri della missione del Consiglio di Sicurezza. Se era nata come risoluzione e prevenzione di conflitti interstatali, oggi viene reinterpretata anche come una missione che il Consiglio di Sicurezza ha di tutelare interessi generali, a vasto raggio, della società internazionale. Di recente, l'ultima definizione di

“minaccia della pace” è stata usata per la pandemia. Anche nell’epidemia da Ebola, che rimase confinata in Africa, il Consiglio di Sicurezza dovette intervenire anche perché si scatenarono grossissimi problemi: si scatenò anche un’epidemia di colera attraverso l’acqua dei fiumi. Fu il primo caso in cui una malattia venne definita minaccia della pace (per il Covid è stata la seconda).

Art. 40: Allo scopo di prevenire l’aggravarsi della situazione, il Consiglio di Sicurezza prima di fare le raccomandazioni o di decidere sulle misure previste dall’articolo 41, può invitare le parti interessate ad ottemperare a quelle misure provvisorie che esso consideri necessarie o desiderabili. Tali misure provvisorie non devono pregiudicare i diritti, le pretese o la posizione delle parti interessate. Il Consiglio di Sicurezza prende in debito conto il mancato ottemperamento a tali misure provvisorie.

adottare misure provvisorie, ad esempio quando c'è un conflitto tra Stati il Consiglio di Sicurezza richiede il "cessate il fuoco". Non si tratta però di un potere vincolante, ma della possibilità di fare raccomandazioni durante la fase interlocutoria, allo scopo di prevenire l'aggravarsi della situazione.

Art. 41: Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l'impiego della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un'interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche.

L'articolo 41 riguarda le misure non implicanti l'uso della forza armata (seppure vincolanti), a differenza dell'articolo 42. Il carattere vincolante di

tali decisioni si desume dall'uso del verbo "decidere". L'elencazione delle misure all'interno di questo articolo non è esaustiva, ce ne possono essere anche altre ("queste possono comprendere..."). L'interruzione totale o parziale delle relazioni economiche è il cosiddetto embargo. L'embargo è generale quando c'è il divieto di commerciare qualsiasi tipo di bene o prodotto. Questa misura è la più classica, ed è stata spesso usata poiché toglie allo Stato la possibilità di approvvigionamento delle risorse fondamentali, per cui si genera una pressione politica che lo induce a cessare le ostilità (è particolarmente efficace l'embargo di armi). Se il Consiglio di Sicurezza decide per un embargo, l'obbligo non è verso il paese bersaglio ma verso gli altri Stati dell'ONU che sono i veri destinatari della decisione: sono loro che...

nondevono vendere armi o altri beni allo stato in questione. È fondamentale la collaborazione degli altri Stati. La rottura delle relazioni commerciali, talvolta impone agli Stati di non rispettare accordi internazionali che avevano preso con lo Stato bersaglio della decisione del Consiglio di Sicurezza. Come si risolve questo problema fra obblighi contrastanti? Tale problema è risolto dall'art. 103 che ci dice che nel caso di conflitto prevalgono gli obblighi dell'ONU (clausola di prevalenza). Uno Stato che deve osservare l'obbligo di embargo, quindi, non rischia di incorrere in un illecito internazionale per il non rispetto di trattati internazionali con lo Stato. Anche le fonti secondarie sono incluse nella clausola di prevalenza. Secondo l'articolo 103 la Carta dell'ONU prevale su qualsiasi altro trattato, dando effettività agli articoli della Carta. L'articolo 41, nella sua applicazione ha messo in evidenza una debolezza derivante

dal fatto che quando vengono decise queste misure di embargo, si va a colpire la popolazione civile dello Stato soggetto all'embargo. Ecco perché con il tempo sono state previste alcune eccezioni, le così dette eccezioni umanitarie, per alcuni beni di prima necessità (tra cui ad esempio i medicinali). È inutile dire che la popolazione in ogni caso risente di un eventuale embargo, ma è esso stesso un meccanismo di pressione politica. Rispetto al terrorismo internazionale queste misure non funzionano. Per colpire i terroristi il Consiglio di Sicurezza ha escogitato lo strumento delle sanzioni mirate (smart sanctions). Quando il Consiglio di Sicurezza ha ravvisato un problema di minaccia alla pace dovuto alla minaccia terroristica, ha deciso di sottoporre determinate persone (per questo ha creato delle black list) a misure di congelamento dei beni, di blocco di movimento (togliendo loro il passaporto). I destinatari di questi obblighi, ancora una volta,sono gli Stati dell'ONU: sono loro a dover bloccare i conti e sequestrare passaporti. Questo meccanismo, che da un lato si è verificato efficace, ha determinato degli altri problemi: un problema di rispetto dei diritti umani di queste persone che non hanno possibilità di ricorso giudiziale. Le delibere non sono motivate, in quanto spesso avvengono sulla base di informazioni segrete dell'intelligence, e quindi le persone non possono accedere alle motivazioni. Si crea quindi un grosso problema di tutela giurisdizionale, di accesso alla giustizia. Ancora una volta il Consiglio di Sicurezza agisce come l'organo politico. Nel sistema dell'Unione Europea c'è stato il caso Kadi che ha fatto discutere molto: si trattava di un individuo inserito nelle black list che ha fatto ricorso davanti al tribunale dell'Unione Europea, in primo grado. I destinatari delle decisioni del Consiglio di Sicurezza inoltre non sono solo gli Stati, ma anche soggetti.privati come imprese, banche, ecc.. Per questo è fondamentale avere una trasposizione nell'ordinamento interno. Nel caso dell'Italia tale trasposizione avviene con decreto legislativo oppure, nel caso dell'Unione, con un regolamento dell'Unione Europea. Quest'ultimo è stato il caso Kadi. Egli fece ricorso davanti al tribunale dell'Unione europea, per richiedere l'annullamento del regolamento. Il Tribunale, in primo grado, afferma la validità del regolamento in quanto conforme ad obblighi internazionali prevalenti rispetto al diritto dell'Unione, derivanti dalla Carta dell'ONU. In appello, la sentenza viene ribaltata dalla Corte di Giustizia, che afferma l'invalidità del regolamento. Tale parere è giustificato dal fatto che il regolamento non era conforme alla Carta dei diritti fondamentali, alla quale ogni regolamento deve essere necessariamente conforme. In teoria quindi si supera il principio gerarchico.rispolverando il concetto di principio di equivalenza, usato anche dalla CEDU per quanto riguarda l'immunità. La Corte, per il caso Kadi, afferma che siccome il livello di tutela dei diritti fondamentali garantito dall'Unione Europea è equivalente a quello garantito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, i giudici dell'Unione Europea devono applicare gli stessi standard di protezione dei diritti fondamentali stabiliti dalla CEDU.
Dettagli
A.A. 2022-2023
239 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gabrielebuttiglione di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Russo Deborah.