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PARAMETRO INTERPOSTO
un tra l’Art.11 della Costituzione e legge ordinaria successiva. Infatti, la legge
successiva del Parlamento, violando direttamente la legge di esecuzione e ratifica, viola indirettamente
PRINCIPIO GERARCHICO
anche l’Art.11. Come criterio di risoluzione dell’antinomia si afferma allora il che
porta all’ANNULLAMENTO per CONTRASTO con COSTITUZIONE. Nel caso “Frontini” quindi, la Corte
costituzionale annulla una legge che viola il diritto dell’Unione Europea, poiché indirettamente viola la
Costituzione, dichiarandola INCOSTITUZIONALE.
Fino alla riforma del 2001 infatti, la Costituzione italiana non conteneva alcuna norma che riguardasse la
Comunità europea. Gradualmente, con gli sviluppi, spesso imprevedibili, dell'ordinamento comunitario
hanno reso l'ORDINAMENTO NAZIONALE fortemente dipendente da quello EUROPEO.
11 Cost,
La Corte costituzionale individua nell'art. il PERNO a cui saldare l'ordinamento comunitario:
“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di
sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e
favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”
La dottrina dei controlimiti
Ma poiché il diritto dell’UE è un processo normativo in costante evoluzione, esso può anche portare allo
sviluppo di norme che possono violare la stessa Costituzione. Se la norma comunitaria risultasse quindi in
CONTRASTO con i PRINCIPI FONDAMENTALI COSTITUZIONALI, il giudice potrebbe ricorrere alla Corte
costituzionale impugnando l'ordine di esecuzione del Trattato, nella parte in cui ha implicitamente
consentito l'ingresso di quella specifica norma comunitaria nel nostro ordinamento Pertanto, la Corte dei
Costituzionale, pur riconoscendo le limitazioni di sovranità imposte dall’Art.11, propone una DOTTRINA
CONTROLIMITI: la Corte Costituzionale è competente ad annullare le leggi nazionali contrastanti con il
diritto dell’Unione Europea, ma quando il diritto dell’UE contrasta con i PRINCIPI COSTITUZIONALI
NAZIONALI, viene meno la copertura costituzionale dell’Art.11, e la Corte Costituzionale
dichiara l’ANNULLAMENTO della LEGGE di RATIFICA, annullando quella parte del diritto dell’UE che
contrasta con i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale. Occorre però sottolineare come la
DOTTRINA dei CONTROLIMITI non è però mai stata applicata in concreto, poiché i Trattati non hanno mai
contrastato con i principi fondamentali costituzionali, in quanto le istituzioni europee si sono dotate
preventivamente di un CATATLOGO dei DIRITTI FONDAMENTALI per evitare l’applicazione della dottrina dei
CONTROLIMITI.
Pertanto, le reazioni degli Stati membri con lo sviluppo di dottrine dei controlimiti (sono note le sentenze
Solange del Tribunale costituzionale federale tedesco) hanno avuto una funzione molto importante perché
hanno indotto la Corte di giustizia a intavolare un DIALOGO INTENSO con le corti nazionali, dialogo il cui
principale frutto è stato lo sviluppo della GIURISPRUDENZA sui DIRITTI FONDAMENTALI.
L’istituto della disapplicazione
sentenza Simmental,
Con la si sviluppano però ulteriori implicazioni. Infatti, il processo di integrazione
europea pone un alto numero di CONTRASTI COSTITUZIONALI della legge con il Diritto dell’Unione Europea,
portando il sistema della Corte Costituzionale a diventare lento e farraginoso. A livello europeo si inizia a
notare la LENTEZZA del PROCESSO DECISIONALE ITALIANO, e la Corte di Giustizia dichiara che non è più
ammissibile che, il giudice ordinario italiano per accertare il principio di competenza, faccia rinvio alla Corte
DISAPPLICAZIONE
Costituzionale. Pertanto viene riconosciuto l’istituto della della NORMA ITALIANA
INCOMPETENTE: è lo STESSO GIUDICE ORDINARIO, come GIUDICE EUROPEO, che deve procedere alla
disapplicazione della norma italiana incompetente e all’applicazione della NORMA EUROPEA in tal contesto
concreto, senza annullarla.
Sentenza Granital:
Con la la Corte Costituzionale accetta l’ISTITUTO della DISAPPLICAZIONE. Nella
SENTENZA la Corte Costituzionale afferma come:
1. L'ordinamento comunitario e l'ordinamento italiano sono due ordinamenti giuridici autonomi e
separati, ognuno dotato di un proprio sistema di fonti (TEORIA DUALISTICA);
2. Con la RATIFICA e l'ordine di esecuzione del TRATTATO, il legislatore italiano ha riconosciuto la
competenza della Comunità europea a emanare norme in determinate materie e la necessità che
queste norme si impongano direttamente nell'ordinamento italiano per la forza che ad esse
conferisce il Trattato. E dunque il TRATTATO che segna la RIPARTIZIONE di COMPETENZA tra i due
ordinamenti.
3. I conflitti tra norme vanno risolti dal giudice italiano applicando il CRITERIO della COMPETENZA: il
giudice deve accertare se, in base al Trattato, sia competente sulla materia l'ordinamento
comunitario o quello italiano e deve, di conseguenza, applicare la norma dell'ordinamento
competente.
4. Se la norma comunitaria è competente e ha EFFETTO DIRETTO e la norma interna contrastante non
viene ne abrogata (in applicazione del criterio cronologico) ne dichiarata illegittima (in applicazione
del criterio gerarchico), ma semplicemente non viene applicata (in applicazione del criterio della
competenza). Essa perciò resta valida ed efficace, applicabile eventualmente in altri casi, ma non in
tal caso specifico perché giudicata non competente.
5. Se la norma comunitaria non ha effetto diretto, la norma interna contrastante deve essere
dichiarata ILLEGITTIMA.
6. Se la norma comunitaria risultasse poi in CONTRASTO con i PRINCIPI FONDAMENTALI
COSTITUZIONALI, il giudice potrebbe ricorrere alla Corte costituzionale impugnando l'ordine di
esecuzione del Trattato, nella parte in cui ha implicitamente consentito l'ingresso di quella specifica
norma comunitaria nel nostro ordinamento (TEORIA dei CONTROLIMITI).
Spetta quindi al GIUDICE NAZIONALE valutare se, rispetto al caso che ha di fronte, la norma comunitaria di
riferimento sia dotata di effetti diretti (ai fini di questa valutazione i precedenti della giurisprudenza della
Corte di giustizia assumono piena rilevanza). Ma può essere che invece la norma comunitaria non abbia
affatto i requisiti necessari perché le si accreditino gli effetti diretti, ad esempio perché esprime un principio
non sufficientemente circostanziato. Il giudice può allora prospettare un rinvio pregiudiziale
d’INTERPRETAZIONE della disposizione comunitario in relazione alla fattispecie concreta. Può accadere che
la NORMA la Corte di giustizia ricava dall'interpretazione della disposizione comunitaria acquisti i caratteri
di sufficiente precisione necessari a produrre EFFETTI DIRETTI.
L'obbligo del rinvio pregiudiziale (interpretativo e di validità), la responsabilità dei giudici e
l'adattamento delle regole processuali interne
Il Trattato riserva alla Corte di giustizia il MONOPOLIO dell'INTERPRETAZIONE del DIRITTO
COMUNITARIO: questo monopolio è reso effettivo con l’OBBLIGO, posto a carico delle GIURISDIZIONI
NAZIONALI di ULTIMA ISTANZA, di investire la Corte di giustizia dei DUBBI INTERPRETATIVI che dovessero
sorgere nel corso di un giudizio attraverso il RINVIO PREGIUDIZIALE di VALIDITÀ.
Naturalmente, rientra nella DISCREZIONALITÀ del GIUDICE valutare se il dubbio sussista davvero. Capita
tuttavia che i giudici nazionali, per una forma di NAZIONALISMO GIUDIZIARIO, o forse solo per
pigrizia, tendano talvolta ad abusare di questo potere discrezionale e a ispessire oltre misura il filtro
attraverso il quale passa il promovimento di QUESTIONI PREGIUDIZIALI. sentenza
La Corte di giustizia ha escogitato perciò un modo per sanzionare questo comportamento: la
Traghetti del Mediterraneo (2006) ha stabilito che qualsiasi VIOLAZIONE MANIFESTA del diritto
comunitario può innescare la RESPONSABILITÀ dello STATO.
Ma l’ipotesi del RISARCIMENTO sorge a soltanto quando vi sia un PRIVATO che possa dimostrare di aver
subito un DANNO dell'ERRORE del GIUDICE. Ma la Corte è giunta a delineare anche un'altra possibile
strategia con cui impedire che diritto comunitario venga violato da parte dei giudici nazionali con
sentenza Lucchini
la (2007). La sentenza riguarda il recupero di contributi pubblici concessi a un'impresa
italiana a seguito di una decisione definitiva del giudice civile: il giudice aveva deciso a favore del privato
ignorando che sulla vicenda la Commissione europea si era già espressa dichiarando tali aiuti contrari i
principi comunitari. La CORTE di GIUSTIZIA ha quindi sentenziato come l'impresa privata NON aveva il
diritto di rivendicare, in forza del giudicato, il contributo pubblico in questione.
La Corte di giustizia ha quindi affermato:
- Obbligo di interpretazione conforme del diritto interno
- Esigenza di rendere effettiva la tutela multilivello dei diritti e delle libertà fondamentali
- Obbligo posto a carico del giudice comune, di interpretare le stesse norme dell'Unione in modo
conforme ai PRINCIPI GENERALI del DIRITTO dell'UNIONE EUROPEA. In forza di tale obbligo, là dove
il giudice nazionale dovesse ritenere la norma dell'Unione non suscettibile di un'interpretazione
conforme ai principi generali del diritto dell'UE, deve sollevare una QUESTIONE
PREGIUDIZIALE di VALIDITA dinanzi alla Corte di giustizia. Tale questione può essere sollevata sia da
giudici in ultima istanza che da giudici le cui sentenze possano essere suscettibili di impugnazione.
Nell'ottica dell'obbligo dell'INTERPRETAZIONE CONFORME del diritto interno al diritto dell'Unione, emerge
l'importanza di un ulteriore PRINCIPIO, elaborato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, in forza del
quale le REGOLE PROCEDURALI NAZIONALI che vengono applicate per garantire la tutela di situazioni
soggettive riconosciute attribuite dal dell'Unione europea, non devono risultare MENO FAVOREVOLI di
quelle che si applicano per le posizioni soggettive tutelate dal DIRITTO INTERNO (criterio
dell'equivalenza) e in ogni caso non devono rendere impossibile o anche soltanto più gravosa la tutela
dell'effettività).
giurisdizionale richiesta dal diritto dell'Unione (criterio
Merita inoltre evidenziare che talvolta, a garanzia della PREMINENZA del DIRITTO dell'UNIONE sul DIRITTO
INTERNO, è la stessa Corte costituzionale italiana a sollecitare i giudici comuni a investire la Corte di
Giustizia di dubbi relativi alla COMPATIBILITA’ COMUNITARIA delle norme italiane. Siccome, a seguito della
sentenza G