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GERARCHIA
Editore (imprenditore): può licenziare il direttore o gli altri giornalisti che non si
adeguano alla linea del giornale.
Direttore: chi davvero detta la linea del giornale è il direttore, che decide cosa si
pubblica e cosa non si pubblica perché se viene commesso un reato ne risponde, il
direttore può proporre assunzioni e licenziamenti.
Capo redattore: è a stretto contatto con il direttore.
Capi servizio: sono coloro che coordinano determinati settori del giornale.
Singoli redattori (giornalisti)
Nello statuto dei lavoratori ci sono delle deroghe per quanto riguarda l’attività
giornalistica, il redattore che si allontana dalla linea del giornale può essere
allontanato.
Il direttore responsabile deve essere iscritto all’ordine dei giornalisti.
Art. 57: gran parte della dottrina ritiene che, nonostante la formulazione nuova (a
titolo di colpa), di fatto la responsabilità del direttore sembra scivolare verso una
responsabilità di tipo oggettivo. Omesso controllo: il direttore risponde per
un’omissione, cioè per un fatto proprio e non altrui. Tuttavia, una volta che viene
provata la commissione di un reato, la prova dell’omesso controllo è agevole. Gli
indirizzi prevalenti escludono A) la possibilità di delegare il controllo, B) di dare 43
qualunque rilievo alla circostanza che il giornale sia di piccole o grandi dimensioni. Il
direttore potrebbe salvarsi solo dimostrando un evento imprevedibile che gli ha
impedito di esercitare il controllo.
Insindacabilità delle opinioni espresse dai parlamentari: se un articolo diffamatorio
rientra nella copertura dell’art. 68 della Costituzione, secondo una costante
giurisprudenza, la responsabilità del direttore permane anche nell’ipotesi in cui, nei
confronti del parlamentare autore della pubblicazione, sia intervenuta una delibazione
di insindacabilità.
Viene mossa una critica a questo orientamento: l’opinione del parlamentare è di
interesse pubblico, il fatto di non escludere la responsabilità del direttore per ciò che
dice il parlamentare coperto da insindacabilità, potrebbe limitare molto la circolazione
di notizie di rilevante interesse pubblico. Di fatto si va a frustrare non solo l’art. 21, ma
anche lo stesso art. 68.
Direttore di un giornale online fino al 2010 la giurisprudenza era altalenante, non si
era ancora consolidato un indirizzo. Dal 2010 ad oggi, l’orientamento è molto chiaro
nello stabilire che la fattispecie incriminatrice prevista all’interno dell’art. 57, non si
applica al direttore della testata telematica.
Art. 1 legge stampa: fornisce una definizione di stampa e stampati, dice che sono
considerati stampati tutte le riproduzioni tipografiche o ottenute con mezzi meccanici
o fisico chimici, in qualsiasi modo destinato alla pubblicazione il giornale online non
può essere ricondotto a questa disposizione.
Art. 57 c.p.: si riferisce espressamente ai reati commessi con il mezzo della stampa e
la definizione di stampa è contenuta nell’art. 1 della legge stampa.
divieto di analogia in malam partem
In virtù del , è stata esclusa la possibilità di
estendere la responsabilità prevista dall’art. 57 al direttore del giornale online.
Questa è la prima ragione che la cassazione fornisce per escludere l’estensione
Vi è un’altra argomentazione che viene accennata nella motivazione del caso
Brambilla del 2010 e approfondita in un caso del 2011 l’art. 57 non si può estendere
perché le caratteristiche dell’informazione online impongono di non estendere quella
controllare che con
fattispecie incriminatrice. La condotta richiesta dalla norma, cioè
la pubblicazione non siano commessi reati, è una condotta inesigibile per il direttore di
un giornale telematico.
Nel giornale cartaceo le notizie vengono inserite di notte, c’è un momento in cui il
direttore ha davanti a sé l’intero giornale pronto per essere mandato in stampa.
Nel giornale online le notizie sono pubblicate 24 ore su 24, il flusso informativo è
talmente rapido e costante che il direttore non ha la possibilità di svolgere un controllo
su tutto quello che viene pubblicato.
Sequestro – le Sezioni Unite sono arrivate ad estendere, in bonam partem, le garanzie
previste dall’art. 21 in materia di sequestro all’online, per fare questa operazione
hanno introdotto una definizione evolutiva di stampa.
Una volta intervenuta questa nuova definizione di stampa, vale la stessa regola per le
fattispecie incriminatrici? Un mese fa, in una sentenza della cassazione, non si è fatta
menzione della giurisprudenza in materia di sequestro, la cassazione si è limitata a 44
citare le sentenze del 2010 e del 2011 che escludono l’estensione della responsabilità
al direttore del giornale telematico.
Anche dopo la nuova definizione di stampa, va comunque esclusa l’estensione dell’art.
57 all’online.
Protezione delle fonti
I giornalisti hanno da sempre reclamato il diritto al segreto professionale, tuttavia il
segreto professionale reclamato è diverso da quello del medico, dell’avvocato o del
ministro di culto.
Il segreto delle altre professioni riguarda il contenuto della conversazione, il giornalista
vuole rivelare il contenuto della conversazione, ciò che vorrebbe non rivelare è la fonte
della notizia, magari perché la fonte rilascerebbe al giornalista l’informazione solo nel
caso in cui questi assicuri di non rivelare il soggetto che ha rilasciato delle informazioni
o dichiarazioni.
Tra i doveri dei giornalisti, l’art. 2 della legge 69/1963, prevede un obbligo: rispettare il
segreto professionale sulla fonte quando questo è richiesto dal carattere fiduciario
della stessa fonte delle notizie.
È un dovere del giornalista che può essere sanzionato in sede disciplinare dall’ordine
di appartenenza.
Proteggere le fonti e quindi garantire il segreto professionale ai giornalisti, è uno
strumento per assicurare una maggiore circolazione delle informazioni, quindi diventa
una garanzia per la libertà dell’informazione, per la libertà di stampa ecc.
Fino al codice dell’’88 non esisteva una disposizione che andasse a tutelare il segreto
professionale per i giornalisti, se un giornalista veniva chiamato a deporre in un
processo a carico di x, non poteva opporre il segreto ed era obbligato a rivelare la
fonte, i testimoni non possono essere reticenti.
Si creava un conflitto con la legge 69 del 1963.
La questione arrivò davanti alla C.C. – sentenza n.1/1981 la Corte respinge la
questione, però enuncia alcuni principi che saranno determinanti per la redazione del
nuovo codice di procedura penale, in particolare dell’art. 200.
La Corte riconosce l’importanza della protezione delle fonti e quindi del segreto
professionale, ma dice che solo il legislatore può scegliere se prevedere il segreto per i
giornalisti e la Corte non può sostituirsi ad esso.
In questa sentenza l’articolo sospettato di incostituzionalità era l’art. 351 del vecchio
codice di procedura, che prevedeva il segreto professionale per alcune categorie, ma
non per i giornalisti. Le norme di parametro erano gli artt. 21 e 3 della Costituzione.
Art. 3 Cost.: la Corte dice che un eventuale segreto per i giornalisti ha una natura
diversa rispetto a quello previsto dall’art. 351 per altri professionisti perché va a
proteggere la fonte e non il contenuto.
Art. 21 Cost.: la Corte riconosce l’importanza del ruolo della stampa e del diritto
all’informazione, tuttavia dice che spetta al legislatore contemperare le esigenze
contrapposte e trovare un giusto bilanciamento tra interessi di rango costituzionale.
Spetta al legislatore valutare se l’informazione possa prevalere su interessi di giustizia.
Casi in materia di protezione delle fonti:
Corte europea dei diritti dell’uomo – 1996: un giornalista inglese aveva ottenuto
delle informazioni da una fonte interna di una società, fonte che aveva ottenuto
un documento trafugato illegalmente da quella società. Le informazioni 45
riguardavano un dissesto finanziario della società stessa. la società riesce ad
ottenere un’ingiunzione con cui si vieta al direttore di pubblicare il pezzo e si
ordina al giornalista di rivelare la fonte.
Il giornalista si oppone e ottiene una condanna, esaurite le vie interne si arriva
alla Corte europea. Andava verificato se l’ingerenza fosse giustificata, occorreva
valutare tre aspetti: 1) se persegue un obiettivo legittimo: sì perché si
proteggevano diritti altrui, 2) se la misura è prevista dalla legge: sì, 3) se tale
misura era necessaria e proporzionata: la Corte afferma lo stretto collegamento
tra libertà di espressione e protezione delle fonti, arriva a sostenere che
l’ingiunzione emessa dal giudice inglese di rivelare la fonte, violasse il principio
di proporzionalità. La Corte europea dei diritti dell’uomo si pronuncia sul caso
concreto, dice che la misura non era né necessaria né proporzionata allo scopo
perseguito.
Corte europea dei diritti dell’uomo – caso olandese: un giornalista aveva
fotografato e fatto dei video di una gara automobilistica clandestina con il
permesso degli organizzatori della gara, a patto che fosse garantito loro
l’anonimato e che le auto non fossero riconoscibili. Le autorità ordinano di
consegnare la documentazione, il giornalista si rifiuta e le autorità minacciano di
svolgere una perquisizione che avrebbe bloccato il lavoro della redazione. Viene
consegnato un cd ma poi viene proposto ricorso per la restituzione. Esaurite le
vie interne, occorreva valutare se l’ingerenza nella libertà tutelata dall’art. 10
Cedu fosse giustificata, cioè se fossero esistenti le condizioni che l’avrebbero
resa legittima. In questo caso la Corte non si concentra molto sulla necessità e
sulla proporzionalità, ma valuta se la legge prevedeva l’ingerenza in questione.
La Corte dice che il requisito deve essere inteso non solo in senso formale
(presenza di una legge), ma anche in senso sostanziale. La Corte ravvisa una
violazione dell’art. 10 perché, pur essendovi nel diritto olandese una legge che
consentiva una simile ingerenza, quella legge era carente sul piano della
qualità, cioè dal punto di vista sostanziale. L’Olanda viene condannata.
Art. 200 c.p.p.: riconosce il segreto professionale anche ai giornalisti ma con delle
limitazioni. giornalisti professionisti
Il comma 3 stabilisce che i iscritti all’albo possono as