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ESTETICA
La teoria del processo è, per questa prima parte, scienza del giudizio estetico. Alla ragione giuridica si collega, infatti, una sensazione prima o un'emozione. L'intuizione soggettiva rappresenta questa emozione, una pre-comprensione del diritto nell'agire quotidiano, indipendentemente dal riferimento esplicito della legge. Le locuzioni sono del tipo "non hai il diritto di offendermi", "è giusto darti ciò che ti spetta". Si tratta di un'intuizione che prefigura in alcuni punti decisivi, senza una particolare analisi o discussione, un sensus communis, un senso che appare condiviso da tutti. Questo aspetto della pre-comprensione è messo in evidenza anche da Sergio Cotta in "il diritto nell'esistenza": "... l'agire e il parlare quotidiano attestano in modo innegabile che l'uomo comune ha una pre-comprensione del diritto sufficientemente adeguata, anche se spesso latente.del proprio comportarsi quotidiano. Trasmessa dall'ambiente in cui si vive, dallo stesso linguaggio appreso e poi usato, tradotta negli atti più comuni, questa precomprensione appare "naturale", nel senso di familiare, irriflessa, non elaborata intellettualmente.
Alcune sensazioni non sono costruite per genere prossimo e differenza specifica, né sono al termine di sillogismi ben sviluppati: sono simili alle intuizioni dell'arte. Kant, nella critica della ragion pura, ritiene che la natura, rispetto a certi bisogni fondamentali come la giuridicità e la validità, ha fatto di tutto per rendere conoscibili anche ai fanciulli queste verità, che non sono il prodotto di una riflessione, ma il prodotto naturale di intuizioni prime del soggetto; esse entrano nella valutazione giuridica quando si parla del processo perché la natura, di fronte ad un bisogno così importante (cioè di mettere nelle condizioni di
agire in modo corretto), svela subito il contenuto di questi valori già quando siamo fanciulli, percui è scritto negli stessi cuori degli uomini. È questa una fenomenologia delle emozioni giuridiche fondamentali. Anche Socrate parla di intuizioni, di questa verità che lui possiede dentro e che “simanifesta come qualche cosa di divino e demoniaco…come una voce che si fa sentire da quandoero fanciullo” e che non è il prodotto di riflessioni. Si tratta, come spiega Cicerone in “de oratore”, di “cose radicate nel senso comune e di cui la natura ha voluto che non vi fosse nessunoassolutamente incapace di sentirle ed averne esperienza”. Chi dice “oh, che bel quadro surrealista” non fa un ragionamento del tipo:
- “tutta la pittura surrealistica è bella”
- “Questo quadro di Paul Klee fa parte della pittura surrealistica”
- “Dunque, questo quadro è
cui può essere universalmente comunicato. Le emozioni fondamentali prodotte dall'esperienza dell'umanità, della storia, sono irreversibili: alcuni giudizi sui diritti dell'uomo e dei popoli sono irreversibili, così come non si può pensare ad una società fondata su sistemi totalitari o su leggi razziali; o ancora pensiamo al genocidio, alla violenza sui bambini, etc. Sono fenomeni improponibili per i quali non c'è bisogno di un pensiero filosofico. L'Estetica quindi propone emozioni contenute nell'intelletto comune: quel sensus communis che ci fa prendere posizione sugli eventi della nostra vita. Un motivo di riflessione dell'Estetica è come ha fatto l'umanità del '900 a sfociare nell'olocausto e dove era la coscienza dell'umanità:
- la prima tesi (di ordine storico) è del filosofo tedesco Karl Jasper, con l'opera "la questione della colpa": i
I tedeschi si sono resi conto di aver fatto una cosa improponibile, ma a tutto il popolo tedesco è estendibile solo la responsabilità politica (per la quale ogni cittadino è corresponsabile per le azioni compiute dallo stato), ma non la responsabilità morale di chi ha partecipato intellettualmente o nei fatti ai delitti sotto accusa: per esempio la nomina a cancelliere di Hitler nel 1933 da parte del presidente della repubblica tedesca Von Hinderburg implica la responsabilità politica di questi, ma non la responsabilità morale del genocidio. La responsabilità politica investe tutti, ma questa responsabilità non è la stessa di chi persegue direttamente con l'anima un crimine.
La seconda tesi (di ordine socio-fenomenologico) è quella di Hannah Arendt, secondo cui la burocratizzazione delle coscienze condotta in modo sistematico dal terzo reich produce la "banalità del male": la morte ed il terrore.
sono sradicati dalla coscienza ed annientati davanti al sentimento, sono insomma resi un evento banale. Il male burocratizzato è diviso, frantumato, spezzettato in modo che chi lo compie vi partecipa senza accorgersene; questa frammentazione ha come conseguenza che chi deve eseguire degli ordini ha una percezione minore del male che sta producendo, non se ne rende conto. Più il soggetto è distante dagli effetti o dalle cause della sua azione, più è incapace di distinguere il bene dal male. Possiamo ricollegare il significato dell'olocausto ad alcune considerazioni di Hans Mommesen, uno dei maggiori storici tedeschi sul nazismo. Secondo Mommesen, l'umanità occidentale è riuscita a realizzare un'inimmaginabile distruzione di massa attraverso la creazione di una mentalità puramente burocratica dinanzi al male. Ma in che modo? Lo spiega bene Anders. Il soggetto è cieco dinanzi a ciò che fa: o non sa dove gli stessiFatti vadano a finire o ignora da dove traggono origine. In questa astrazione, ogni azione non è un qualsiasi lavoro. Il soggetto è indifferente. Più il soggetto è distante dagli effetti o dalle cause della sua azione, più è incapace di distinguere il bene dal male.
Per ciò che riguarda i rischi che si potrebbero correre affidando la realizzazione di una natura solo allato emotivo, possiamo far riferimento a Martha Nussbaum. "Una comprensione chiara del contenuto di pensiero del disgusto, dovrebbe renderci scettici circa l'opportunità di basarci su di esso come base per la costruzione di una legge. Tale scetticismo dovrebbe accrescersi di molto nel comprendere come il senso di disgusto sia stato usato nella storia per escludere ed emarginare gruppi e persone alle quali è capitato di incarnare le paure e l'avversione del gruppo dominante nei confronti della propria animalità e moralità".
L'origine psicologica del disgusto può essere il desiderio umano di non animali. L'angoscia della morte spinge a proiettare all'esterno su persone o gruppi vulnerabili un'idea causa della situazione estrema di disagio che si avverte. sono naturalmente reazioni irrazionali, in senso normativo, sia perché contengono l'aspirazione di essere una creatura che non si è, sia perché nel perseguire tale aspirazione, si prendono a bersaglio altri infliggendo loro danni evidenti. "Tutto questo è vero. L'errore è però quello di sostenere che la sfera delle emozioni sia sempre, e ovunque, senza un pensiero alle spalle. Allo scopo di evitarlo, basta guardare ciò che abbiamo acquisito. Alcuni risultati formano già, per dirla con Hegel, il contenuto di una vera e propria "scienza dell'esperienza della conoscenza". Proviamo tutti un senso di profonda avversione contro ogni
discriminazione razziale o crimine di genocidio. Mi fermo all'orrore del nazismo. La conoscenza avverte l'assoluta insostenibilità del principio razziale nel commentario di Wilhelm Stuckart e Hans Globke. L'affermazione che la razza determini le idee del singolo non sembra avere alcuna possibilità di essere ammessa. Non si tratta né del senso privato di disgusto che l'autore di un delitto prova nei confronti di una vittima, né tanto meno della risposta privata di disapprovazione da parte di un giudice, come nel famoso processo contro Oscar Wilde. L'accusa era di "gross indecency" (oltraggio al pudore). Il giudice Willis impartì una dura condanna, dichiarando di "tacere i sentimenti che devono originarsi in petto ad ogni uomo d'onore il quale abbia dovuto ascoltare i dettagli di questi due terribili processi". In Salomè il dramma di Wilde, musicato da Richard Strauss, si celebra proprio
l'insostenibile leggerezza dei sentimenti umani. Si evince dal testo il senso fluttuante e contraddittorio del gusto e del disgusto che dissipa ogni regola e il principio stesso della riflessione. La danza di Salomè è la splendida superficie che inganna. La