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Estratto del documento

Weber e Sombart analizzano il capitalismo delle origini, quello tutto mirato alla produzione.

Invece, Durkheim, come anche altri autori che vedremo successivamente, si è snaturato rispetto

al capitalismo iniziale: la produzione di beni e servizi non è più quasi un dato prioritario, perché

si è sviluppata una specie di ossessione per la speculazione finanziaria.

Il primo autore che prendiamo in considerazione nel parlare del capitalismo di seconda

generazione è proprio Durkheim.

Sono prima necessari, al riguardo, dei lineamenti di sociologia generale.

Durkheim è considerato, insieme a Weber, il padre della sociologia, perché a lui dobbiamo il

merito di aver fatto fare alla sociologia un salto di qualità. Grazie a lui, la disciplina si è

svincolata dall’influenza della tradizione, della religione, ecc., ed è divenuta una scienza

indipendente. La sociologia, con Durkheim, applica il metodo scientifico (tipico delle scienze

naturali) alle scienze sociali. Per la prima volta, un sociologo lavora come uno scienziato sociale

moderno: unisce e combina alla riflessione teorica anche il lavoro empirico: ricerca dei dati,

elaborazione di statistiche, di indici, ecc., per spiegare i fenomeni sociali.

Con Durkheim siamo nella seconda metà dell’800. Egli è un francese positivista. Il positivismo

ritiene che la realtà sociale debba essere spiegata in maniera oggettiva, con gli strumenti della

scienza: osservazione, esperimento, analisi comparata. Il positivismo è erede dell’illuminismo

francese, caratterizzato dalla fiducia nel progresso, nelle capacità dell’uomo, nella possibilità di

usare la ragione per spiegare la realtà che circonda l’uomo. Tutto ciò è in opposizione rispetto

all’ambiente culturale da cui viene Weber (storicismo tedesco): gli storicisti ritengono che i

fenomeni sociali abbiano una loro peculiarità rispetto ai fenomeni naturali, tale per cui non si

possono utilizzare gli stessi metodi delle scienze naturali, ma si deve, per esempio, fare

affidamento all’intuizione, all’empatia, ecc.

Nel 1893, Durkheim scrive La divisione del lavoro sociale, la sua tesi di dottorato, considerata

oggi una pietra miliare della sociologia. In essa, egli analizza, come da titolo, un tema tipico

della sociologia economica: la divisione del lavoro. Secondo lui, sociologia ed economia sono

due cose differenti. Dunque, la spiegazione che vuole fornire è esclusivamente in termini

sociologici, non economici. Ma ciò è vero solo in parte.

Per spiegare la divisione del lavoro, Durkheim parte dall’affermare che essa è l’istituzione

fondante tipica della società a solidarietà organica. Che vuol dire?

Tutti i sociologi mettono a confronto la società antica/premoderna e quella moderna. Durkheim

semplicemente chiama la prima “società a solidarietà meccanica” e la seconda “a solidarietà

organica”.

La società premoderna è caratterizzata dal criterio della somiglianza: i membri di questa società

sono accomunati da simili modelli comportamentali, valori, ecc.; i legami sociali risultano così

molto forti. La “coscienza collettiva”, in questo tipo di società, ingloba la “coscienza

individuale”: gli individui sono talmente dentro la società che i comportamenti che pongono in

essere sono il risultato di questa imposizione.

Al contrario, la società moderna è caratterizzata dalla differenziazione. Gli individui sono in una

società più individualizzata, in cui la coscienza individuale si autonomizza dalla coscienza

collettiva. C’è sì un condizionamento della società, ma non un’imposizione: gli individui non

agiscono plasmati dalla società, ma interagiscono tra di loro per soddisfare obiettivi in una

logica di scambio. Ed ecco qui che subentra la divisione del lavoro.

La divisione del lavoro è l’istituzione sociale che consente agli individui di soddisfare i loro

bisogni scambiandosi mezzi, competenze e beni.

Mentre nella società antica i legami sono molto forti, nascendo da una forte condivisione di

norme e valori, nella società moderna i legami sono strumentali: nascono dal bisogno di

interagire con gli altri per avere da essi ciò che da soli non saremmo in grado di procurarci.

A questo argomento si ricollega il dibattito tra individualisti e collettivisti metodologici (cfr.

paragrafo 4). Durkheim, che è il collettivista per eccellenza, in questo contesto non si rende

conto che sta fornendo una spiegazione della divisione del lavoro che è molto vicina, invece,

alla spiegazione che darebbe un individualista, proprio perché chiama in campo questa idea

dell’interazione finalizzata a raggiungere gli obiettivi che gli individui si prefiggono.

Come Durkheim spiega il passaggio dal primo al secondo tipo di società? Quand’è che gli

individui si ritrovano in una nuova società, quella moderna? Durkheim dice che la spiegazione

sta nell’aumento della c.d. “densità morale” e “materiale”.

1. Densità materiale l’aumento della popolazione. La società moderna è più popolosa della

società premoderna.

2. Densità morale aumentate le persone, aumentano anche le interazioni sociali.

Durkheim, in questo, è anche influenzato da Spencer: è quest’ultimo che gli ha messo in testa

l’idea della differenziazione. Spencer, infatti, diceva che, come si evolvono le specie viventi (da

organismi semplici a complessi), così si evolvono le società (da semplici ad articolate). La

società moderna è un’evoluzione della società premoderna: la società, da semplice, si è fatta

articolata.

Spencer è inglese e negli anni in cui vive viene pubblicata anche l’opera L’origine delle specie

di Darwin, in cui lo scienziato spiega la sua teoria dell'evoluzione, secondo cui “gruppi”

di organismi di una stessa specie si evolvono gradualmente nel tempo attraverso il processo

di selezione naturale.

L’idea di Darwin è ripresa da Spencer, da cui a sua volta riprende anche Durkheim, applicando

tale idea alla società le società moderne, che risultano essere società differenziate, sono

società in cui la densità materiale (cioè l’aumento della popolazione) ha prodotto una densità

morale (cioè un aumento degli scambi), e quindi di fatto coloro che sopravvivono all’interno

delle società moderne sono, parafrasando Darwin, coloro che hanno le caratteristiche vincenti

per adattarsi all’ambiente, cioè coloro che, in particolare, dimostrano di avere le competenze e

le conoscenze per risolvere i problemi propri e degli altri con cui entrano in relazione (perché

soltanto in questo modo potranno essere oggetto di scambio). Basti pensare alla lotta che

dovremo fare noi giovani di oggi per sopravvivere nel mondo del lavoro, in cui ci sarà

necessario dimostrare di avere le caratteristiche giuste.

Ma dov’è il contributo originale di Durkheim? Egli ritiene che, in questa società moderna, in cui

l’interazione tra gli individui è legata a uno scambio strumentale, i legami siano deboli, nel

senso che sono legati all’interesse degli individui. Durkheim vede ciò come qualcosa di

negativo. Egli si concentra sulle condizioni che rendono sempre più sfilacciati questi legami,

sulle conseguenze che può comportare questa perdita di solidarietà tra gli individui e sulle

eventuali soluzioni. È qui che Durkheim inizia a mettere in evidenza le criticità del capitalismo.

Mentre Weber, ad esempio, dava una lettura positiva della società capitalistica, intesa come

società del benessere, Durkheim si concentra sulle negatività: questa società non garantisce solo

livelli di ricchezza più alti; sul piano sociale, provoca delle conseguenze gravi per la

sopravvivenza della società stessa. Quello che egli ravvisa come problema più serio è quello che

denomina “anomia”.

“Anomia” letteralmente significa “assenza di regole”. Ma quello che Durkheim attribuisce a

questo termine è un significato più profondo: l’anomia è quella condizione che si verifica

quando c’è una discrasia tra i progetti di vita degli individui che fanno parte di una società e i

mezzi istituzionali che la società mette loro a disposizione per realizzarli. L’anomia, come la

vede Durkheim, è prima di tutto una condizione di frustrazione dei membri di una collettività

che non individuano nella società i mezzi per poter realizzare i propri progetti di vita.

Merton ha scritto un’opera intitolata Sulle spalle dei giganti, in cui riprende le teorie dei grandi

(quelli che lui chiama, appunto, “giganti”); tra di loro, non rientra solo Weber e la sua idea sul

protestantesimo, ma anche Durkheim, da cui Merton riprende, appunto, l’idea dell’anomia.

Secondo lui, similmente, l’anomia è una discrasia tra mete culturali e mezzi istituzionali.

Esempio: io ho un progetto di vita (lavoro, famiglia, ecc.); se la società non mi mette in

condizione di realizzare questi progetti (non permettendomi, ad esempio, di accedere al credito

per comprarmi una casa), si crea l’anomia.

Come si può abbastanza intuire, Durkheim è molto vicino alle posizioni dei socialisti, tant’è che

fu amico fraterno per tutta la sua vita di Jaurès, che sarebbe poi diventato il leader del partito

socialista francese.

Secondo Durkheim, l’anomia può portare al suicidio. Egli parla proprio di “suicidio anomico”:

quel suicidio causato dall’insoddisfazione di chi brama ad avere tanto (perché la società del

benessere è quella che, comunque, dà più stimoli), ma non ha i mezzi per ottenere ciò che

brama.

Durkheim è preoccupato per le ripercussioni sociali che possono derivare dall’anomia: infatti,

l’insoddisfazione crea disordine sociale. Dunque, l’insoddisfazione porta a minare le basi della

società stessa. Tra l’altro, essendo francese, Durkheim sente particolarmente questo problema

del disordine sociale.

Qual è la soluzione a questo problema dell’anomia? Nonostante Durkheim sia socialista, egli

non crede in una rivoluzione dal basso, perché non crede ci siano le condizioni necessarie per

attuarla. Egli assegna allo Stato il compito di assicurare l’ordine. Lo Stato è, per Durkheim, il

cervello della società, depositario di una conoscenza superiore. Lo Stato ha il compito di erge

Dettagli
A.A. 2018-2019
49 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/09 Sociologia dei processi economici e del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessandra180697 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università internazionale degli studi sociali Guido Carli - (LUISS) di Roma o del prof Fallocco Simona.