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8 LA FORMAZIONE DELLO STATO MODERNO
Cosa si intende per Stato? Come si è realizzato? Perché si è formato e si è poi
imposto come l'unico modello di organizzazione politica?
Per rispondere a queste domande dobbiamo tornare al concetto di Verband politico
territoriale di Max Weber e chiederci quando cominciò a diventare un Verband
prevalentemente territoriale e quando questo estese il proprio raggio di azione per
occupare un territorio vasto come quello degli Stati.
Con la rivoluzione neolitica, avvenuta 10000/12000 anni fa, si svilupparono le prime
unità “politiche” che comprendevano centinaia o migliaia di persone (prima di questa
soglia non ci furono forme di organizzazione intese come un Verband).
Tuttavia possiamo cominciare a parlare di “Stato” in quanto forma di organizzazione
solo a partire dal Cinquecento e in Occidente; nella polis (che pur spesso traduciamo
come “città stato”) non c'era infatti il monopolio dell'uso legittimo della forza fisica,
ad esempio, né una distinzione netta dei confini (ovvero caratteri propri degli Stati
moderni).
8.1 Le tappe della territorializzazione del potere
Il primo di questi caratteri è la territorialità: dire che il potere si sia territorializzato è
un passaggio importante perché ruppe una tradizione che troviamo già prima
dell'antico regime che è quella del comando esercitato sulla popolazione o su un
gruppo di persone.
Precedentemente le relazioni di potere erano relazioni personali che vincolavano gli
individui sulla base di rapporti di fedeltà (e il possesso della terra arrivò solo in
conseguenza di questo rapporto).
La territorialità fu un passaggio che si concretizzò tra il XIII e il XVI secolo, e portò
da una società costruita su associazioni personali a una società basata sulla sovranità
territoriale.
20 Richiamo alla spartizione della preda che già si profilò nelle prime comunità umane.
8.2 Altri caratteri dello Stato moderno
Il secondo carattere che caratterizza lo Stato moderno è l'unità del comando.
Ciò presuppone un potere monocentrico, esclusivo, nonché un potere sovrano in cui
la sovranità sia indivisibile; questo aspetto si lega strettamente all'affermazione del
monopolio dell'uso legittimo della forza, perché il potere centrale deve appropriarsi di
tutti gli strumenti politici, militari e giuridici precedentemente detenuti da autorità
locali (in conseguenza i gruppi sociali persero il diritto di dichiarare guerra).
Poi è necessario che il comando sia impersonale, ossia legato alla formazione di una
burocrazia.
C'è infine un ultimo elemento che è la razionalizzazione della gestione del potere.
Lo sviluppo dello Stato è connesso allo sviluppo di criteri razionali che consentano
l'esercizio del potere: ciò significa che lo Stato vuole razionalizzare gli strumenti con
cui opera e costruisce apparati burocratici per raggiungere i suoi scopi nel modo più
efficiente.
È pertanto necessario fissare procedure standardizzate che consentano agli operatori
dello Stato di agire in modo comune.
Il primo modello in cui riscontriamo queste caratteristiche è lo Stato Assoluto (vedi il
modello francese del XVII secolo); questo è lo Stato in cui l'aristocrazia perse ogni
potere e venne depoliticizzata.
8.3 La genesi dello Stato; Rokkan
Questo aspetto fu studiato dal politologo Stein Rokkan, che si chiese perché
nell'Europa del Trecento esistevano centinaia di regni privi di un territorio
chiaramente definito e alla fine del Seicento (ma anche nell'Ottocento) il numero di
questi stati si ridusse drasticamente.
Rokkan si chiese inoltre perché i sistemi di partito siano così differenti tra di loro nei
vari Paesi europei (per esempio in Inghilterra esisteva quasi un bipartitismo, mentre
in Italia c'erano 7/8 partiti anche molto distanti tra loro ideologicamente).
Rokkan si cimentò dunque nello studiò della storia europea a partire dal 476 d.C. 23/3
8.3.1 Centro e periferia
La sua ricerca si basò fondamentalmente sul concetto di centro (strettamente legato
al concetto di periferia – dicotomia centro-periferia).
Secondo Rokkan originariamente lo Stato è un centro politico, militare e
amministrativo che controlla un territorio e cerca di fissare confini più o meno stabili;
questo centro, così come ogni altro, tende ad estendere il suo controllo territoriale nei
confronti di periferie sempre più distanti e nei confronti di altri centri.
Pertanto la storia dello Stato è storia di un conflitto costante tra centri politico-
amministrativi in contrapposizione tra loro.
Ciò che differenzia lo Stato dalle altre formazioni politiche è, come già visto,
l'elemento territoriale, perché lo Stato è territorializzato e afferma un controllo
esclusivo sul territorio.
Per consolidarlo ogni centro cerca di costruire delle identità comuni (linguistica,
culturale eccetera); Rokkan partì quindi dal presupposto che le lingue e le culture non
siano preesistenti allo Stato ma siano costruzioni a partire dallo Stato.
Ogni centro per Rokkan è dunque un Verband che si territorializza grazie a un
apparato amministrativo e militare.
La dicotomia centro-periferia venne ripresa da Rokkan, specificando che le periferie
non sono necessariamente territori lontani dal centro ma sono territori marginali dal
punto di vista culturale, politico ed economico.
Rokkan si chiese poi perché in alcuni casi l'estensione del territorio da parte di
un centro abbia successo, e in altri casi no: cosa spiega dunque il successo di un
centro e l'insuccesso di un altro?
Una delle variabili che considerò fu la differenza tra il raggio di azione potenziale e il
raggio di azione effettivo di un centro.
Il raggio di azione potenziale dipende ad esempio dai trasporti e dalle tecnologie
disponibili, e stabilisce il limite potenziale oltre cui il centro non può estendersi; il
raggio di azione effettivo, invece, dipende dalla dotazione effettiva di cui dispone un
centro a proposito di risorse militari o vie di comunicazione che gli permettano di
coprire determinate distanze in modo da controllare la periferia.
Al termine di questa indagine l'autore costruì una mappa geopolitica dell'Europa in
cui emerse una fascia centrale dell'Europa in cui sono molto radicate le strutture
urbane, cioè le città (dalla Germania settentrionale all'Italia centrale).
Questi non sono solo centri politici ma anche economici, dispongono di vie di
comunicazione sviluppate e hanno codici di comunicazione comuni dovuti non tanto
alla lingua ma soprattutto ai residui del vecchio impero romano.
In questa fascia policefala (le “molte teste” in questione sono le grandi città che
sorgono in questo territorio) ci furono le maggiori resistenze alla costruzione dello
Stato: di conseguenza i sistemi politici più forti e stabili, gli Stati più forti, si
formarono al limite del vecchio centro imperiale romano, mentre nei territori più
vicini rimase una grandissima frammentazione politica.
La tesi di Rokkan è quindi quella per cui esiste una fascia centrale di territori
policefali in cui nessun centro emerge sugli altri; dato che la concorrenza è forte, il
processo di sottomissione della periferia da parte di un centro è più graduale.
Le zone monocefale sono invece a est, a nord e a ovest della fascia centrale, e lo Stato
si formò prima perché esisteva minore concorrenza tra i centri (questo processo
cominciò già dal XII/XIII secolo).
Il processo di formazione dello Stato per Rokkan impiegò quindi circa mille anni.
8.3.2 I processi “minori” e le fratture
Rokkan individuò altri processi “minori” che caratterizzarono lo sviluppo dello Stato.
A tal proposito l'autore introdusse l'idea per cui ogni processo che accompagna la
costruzione dello Stato determina una frattura.
Il primo fu la costruzione dello Stato in senso stretto, sostanzialmente la conquista e il
mantenimento di un controllo su uno Stato; ciò comportò il conflitto con un altro
centro e la sua sottomissione.
Questa immagine della frattura allude a un conflitto che non si verifica solo tra due
principi produce una lacerazione nel tessuto culturale di un territorio, dividendo la
popolazione in due campi contrapposti (si dividono soprattutto le élite del centro
vincitore e di quello sconfitto); tali fratture sopravvissero nel corso dei decenni e dei
secoli.
Il secondo processo fu quello di costruzione della nazione, cioè una serie di
dinamiche con cui un centro politico cerca di uniformare culturalmente le popolazioni
sottoposte al proprio controllo.
Lo strumento principale è l'uniformazione linguistica, con la costruzione e la
diffusione di una lingua nazionale (vedi il caso del Manzoni nell'Italia post
unificazione).
Entrare nel merito della questione linguistica, e quindi scolastica, andò anche a
intaccare la dimensione religiosa (perché per cercare di ottenere il monopolio
nell'istituzione scolastica lo Stato entrò in conflitto con le istituzioni ecclesiastiche
che avevano ancora il monopolio dell'educazione).
Quindi il processo di formazione della nazione produsse quasi sempre una frattura tra
Stato e Chiesa, che nei paesi europei si svolse in periodi differenti e assunse
soprattutto implicazioni politiche (in alcuni casi l'autorità politica cercò addirittura di
sottomettere quella ecclesiastica nominando ad esempio i vescovi).
In Francia ciò avvenne tra il XV e il XVII secolo, con la Rivoluzione che portò al
compimento di questo processo; in Germania, Austria e Italia, invece, la frattura si
consumò solo successivamente.
Il terzo processo ha a che vedere con la trasformazione della struttura sociale in una
struttura sociale moderna e industrializzata, quindi con il processo di
industrializzazione.
Tale processo implicò la modernizzazione della struttura economica-sociale e il
graduale passaggio da una struttura agricola a una industriale: dal punto di vista
politico ciò comportò l'emergere della frattura che divise gli interessi agrari da quelli
21
industriali (dividendo le élite in due campi contrapposti ).
In Italia questa frattura non si identificò facilmente, ma in quei Paesi dove la
Rivoluzione industriale prese forte piede si vede soprattutto nella contrapposizione
tra liberali e conservatori.
La quarta frattura contrappone invece i datori di lavoro ai lavoratori salariati e fu un
prodotto del processo di industrializzazione.