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Tipi di frattura e durezza dei materiali
Esistono tre tipi di frattura:
- Frattura di tipo I: rappresenta valori di tenacità a frattura per materiali con spessore maggiore a B.
- Frattura di tipo II: rappresenta valori di tenacità a frattura per materiali con spessore maggiore a C.
- Frattura di tipo III: rappresenta valori di tenacità a frattura per materiali con spessore maggiore a D.
Le differenze fra i tipi di frattura non dipendono dallo spessore del campione, ma sono valori associati ai tre diversi modi di frattura:
- Modo I: opening-mode - Lembi si allontanano verticalmente.
- Modo II: sliding-mode - Lembi slittano uno sull'altro.
- Modo III: tearing-mode - Lembi ruotano in direzioni diverse.
La durezza è una proprietà degli strati superficiali di un materiale. È definita come la resistenza che la superficie oppone alla scalfittura, all'abrasione ed alla deformazione plastica per compressione. Un materiale è considerato duro se, applicando un carico in un punto, si deforma poco plasticamente. La prova di durezza è una prova...
semidistruttiva (lascia un segno dell'ordine del millimetro sul materiale) Per farlasi usa un materiale più duro di quello da testare. La resistenza alla scalfittura è misurata, per confronto, dall'incisione prodotta da uno dei minerali della scala di Mohs. Dieci sostanze minerali sono state ordinate dai mineralogisti in modo che ognuna incide quella inferiore e viene incisa da quella superiore. Al diamante, la sostanza più dura in assoluto, è stato assegnato il valore 10. Al talco, la sostanza più tenera, è stato assegnato il valore 1.
Comportamento a fatica→ →Rottura a fatica Quando si ripete un movimento, l'oggetto che compie lavoro si indebolisce Un materiale sottoposto a cicli di stress, su un lungo intervallo di tempo, presenta prestazioni meccaniche inferiori, rispetto al materiale non sollecitato (possono insorgere microcrack interni o superficiali che possono condurre alla rottura del materiale).
Applicazioni di stress al
materiale che possono provocare la rottura a fatica: assiale, torsionale e flessorio.Fatica
Si definisce il degrado della resistenza meccanica subito da un materiale quando è sottoposto ad uno sforzo ciclico, anche d'entità variabile nel tempo. Questo fenomeno costituisce la causa principale di rottura di componenti in esercizio, sia perché la ripetizione dello sforzo porta a rottura in presenza di sollecitazioni inferiori al carico di rottura, sia perché molto spesso non si rilevano in tempo i segni premonitori che la accompagnano.
Dal punto di vista morfologico, le rotture per fatica si differenziano dalle altre per la loro superficie caratterizzata dalla presenza di almeno due zone distinte: una piuttosto liscia e lucente, solcata da linee concentriche o sostanzialmente parallele tra di loro ed una cristallina.
In generale i materiali si rompono in modo duttile.
➢ Applicando sollecitazioni cicliche, la rottura può avvenire per condizioni di carico
forza.tensione.Caratteristiche della superficie di frattura per fatica:
→ La zona liscia e lucente solcata da linee concentriche, che parte dal punto in cui si è innescata la cricca di fatica, è dovuta alla più o meno rapida propagazione della cricca.
→ La zona cristallina corrisponde alla rottura di schianto, che si verifica quando il carico applicato diventa superiore a quello consentito dalla sezione residua.
Comportamento del materiale in funzione del tempo
σ Anche se non c'è la variabile tempo, in realtà la deformazione del materiale dipende
→Comportamentianche dal tempo per cui è impressa la forza viscosi.
σ 0 εε 0
Viscoelasticità
Nei ceramici e metalli, il comportamento meccanico, in presenza di sollecitazione statica a temperatura ambiente, è funzione solo del istantaneo recupero di carico applicato e la deformazione risultante è indipendente dal tempo.
c'è bisogno di tempo. visdi più tempo
Nel caso che un materiale venga sollecitato ad alta temperatura, si osserva che il suo comportamento dipende anche dalla temperatura e che la sua deformazione è funzione del tempo (comportamento viscoso). Questo fenomeno viene definito scorrimento viscoso a ε è la deformazione viscosa viscaldo o creep.
Modello di Voigt (o Kelvin) → Descrive il fenomeno di creep, in particolare come la deformazione varia nel tempo: σ -t0 / ε(t) = (1 - e^(-λEt)) / λEη
Dove λ = Et
Se a un dato istante il carico viene rilasciato si assiste al fenomeno di creep recovery: -t/ε = ε ∙ e^(-λrecovery)
Dove ε è la deformazione istantanea.
Modello di Maxwell
Rilassamento degli sforzi → Quando viene applicata una deformazione costante nel tempo, con il tempo per mantenere la stessa deformazione bisogna applicare uno sforzo sempre minore.
σ(t)ε 0 E(t) = ε0τ−t⁄σ(t) = σ ∙ e λ0η Dove τ = E Comportamento ad alta temperatura ε = ε (σ, t, T)creep Il è legato al movimento di atomi, molecole, dislocazioni e vacanze per diffusione che avviene lentamente con il tempo in presenza di una sollecitazione e facilitato dalla temperatura elevata, infatti segue la Legge di Arrenus: Ea−D⏟ = P ∙ e nT0 Coefficiente di diffusione→Metalli e Ceramici Per i materiali metallici e ceramici la temperatura a cui inizia lo scorrimento viscoso è tanto più alta quanto maggiore è la temperatura di fusione. Lo scorrimento inizia a valori dif fI materiali ceramici hanno temperature di fusione molto più alte dei metalli. In pratica, in materiali con bassa temperatura di fusione il fenomeno del creep si può verificare anche a temperatura ambiente. Si dice che un materiale hatemperatura di scorrimento alta se c < T Polimeri A temperature maggiori di T, le catene di molecole slittano una dopo l'altra al variare del tempo (a temperature minori questo meccanismo è reso più difficile). Il fenomeno si manifesta per temperature basse a valori T ≥ Tg ε. Una generica curva di creep (ottenuta riportando la deformazione prodotta da un carico costante in funzione del tempo) presenta tre zone: 1. Una con velocità di deformazione decrescente, detto creep primario; 2. Una con velocità di deformazione costante, detto creep secondario; 3. Una con velocità di deformazione crescente, detto creep terziario. Durante la fase di creep primario (legato al movimento delle dislocazioni nel reticolo cristallino) prevale il meccanismo dell'incrudimento (che porta ad una progressiva diminuzione della velocità di scorrimento). Durante la fase di creep secondario possono avvenire fenomeni di riarrangiamento atomico (legati alladiffusione allo stato solido) che possono ridurre il numero delle dislocazioni presenti (fenomeno indicato come recupero che contrasta l'incrudimento). In questa fase il riarrangiamento atomico è contrastato dalla presenza delle dislocazioni, nel creep terziario questo contrasto non c'è più.
creep terziario Durante la fase di aumento della velocità di deformazione è legato alla formazione di vuoti o microcricche in corrispondenza dei bordi di grano, che porta alla rottura del materiale.
Perché caratterizzare un materiale? → Per lo sviluppo di nuovi materiali → Per controlli di qualità sulle forniture → Per la diagnosi del degrado caratterizzazione La si divide in:
- Meccanica: Prove a compressione, flessione, trazione indiretta, misura del modulo elastico, creep, fatica.
- Fisica: Misure di densità, porosimmetria, assorbimento d'acqua, distribuzione granulometrica.
- Chimica: Cromatografia.