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EFFETTO PIGMALIONE
Il termine “Pigmalione” ha due origini :
1) Era un re appassionato d’arte, costruisce una statua femminile di cui si
innamora e chiede alle divinità di renderla reale.
2) Prende origine dalla commedia, quando si cerca di far diventare una donna
di umili origini una donna nobile.
Effetto : credere che una determinata persona ha una certa caratteristica
farà avere realmente a quella persone la caratteristica che desideriamo.
Ci sono altri effetti :
1) Effetto Osservatore -> L’intelligente Hans (un cavallo) sapeva risolvere
calcoli matematici. Così vennero iniziati alcuni studi (si fece far fare una
prova al cavallo attraverso una registrazione, ma questo non funzionò).
In maniera inconsapevole l’addestratore dava al cavallo un feedback
per cui il cavallo sapeva quando smettere di battere lo zoccolo.
(E’ alla base del disegno sperimentale del doppio cieco)
2) Effetto Hawthorne -> Sono state condotte delle ricerche per analizzare i
reparti di una fabbrica e vedere come lavoravano gli impiegati. Quando
entra il gruppo di ricerca si osserva un aumento della produttività.
Quando osserviamo il nostro oggetto di ricerca questo si modifica
perché involontariamente interagiamo conl’oggetto.
3) Effetto Pigmalione o Rosenthal -> Rosenthal e Jacobson sono andati in
scuole primarie dicendo di fare un test sull’intelligenza dei bambini,
senza poi prenderli in considerazione : comunicano qualche allievo a
caso della classe come più intelligenti. Alla fine dell’anno questi bambini
avevano risultati migliori e gli insegnanti si erano convinti
dell’informazione ricevuta da un’autorità. Questo provocava un
aumento di autostima nel bambino.
Jane Elliot compie uno studio per analizzare la discriminazione in una scuola dei
bambini di colore, di cui si avevano delle aspettative molto basse. Elliot lavorava in
una scuola di bambini dislessici. L’esperimento consiste nel far vivere ai bambini una
giornata come la vivevano i ragazzi coetanei di colore in America negli anni ’70. Crea
una realtà discriminatoria sulla base del colore degli occhi (= pelle). Vengono
discriminati tutti gli alunni che avevano gli occhi scuri, che indossano un fazzoletto e
ai quali si rivolge in modo discriminatorio. Il modo di stare a scuola cambiava nel
momento in cui venivano discriminati. Quest’esperienza riesce anche con gli adulti.
1. IL PARLARE COME PRATICA SOCIALE (DAL LINGUAGGIO COME SISTEMA ALLA
PRATICA SOCIALE)
Nell’interagire quotidiano il linguaggio svolge un ruolo di grande importanza,
per capirne meglio il significato, il linguaggio può essere inteso come sistema,
ossia come per esempio l’ordine delle parole nella frase o come
corrispondenza tra suono e significato (al grafema “effe” corrisponde il
fonema “F”). Però è possibile pensare al linguaggio in modo completamente
diverso ossia come pratica sociale, cioè una pratica che mette in relazione se
stessi o più persone. Il linguaggio ha infatti un ruolo di mediazione, ci
permette di fare una connessione tra passato e futuro, e tale connessione è
resa possibile dalla NARRATIVITA’, ovvero la capacità di RACCONTARE. Il
raccontare si proietta sia nel passato che nel futuro, attingendo dalle nostre
esperienze passate, le nostre sensazioni, e i nostri sentimenti, rendendoci
capaci di pianificare, immaginare e anche inventare. Vi sono tre concetti
importanti che saranno trattati : la performance, l’indessicalità e la
partecipazione. Intanto affrontiamo una pratica sociale che l’uomo dà per
scontata e sulla quale non abbiamo mai riflettuto : I SALUTI. I saluti nel
comportamento sociale umano sembrerebbero un atto convenzionale (norma
sociale), invece i saluti si possono combinare con altre attività (pronto? Ciao!)
infatti i saluti possono variare dal contesto e dalla situazione. (esempio : in
Italia si usa “ciao”, in altre società come in Samoa, il saluto cambia in base al
punto della stanza in cui la persona si siede).
PERFORMANCE : il linguaggio si realizza in concreti atti di parola
Gli atti di parola possono essere oggetto di studio, di conseguenza è possibile
avere una SCIENZA DEL LINGUAGGIO, partendo da spontanee conversazioni
tra individui, che trattano anche argomenti diversi dai saperi teorico-
sperimentali.
. . .
Il parlare non solo informa ma “fa”
L’uso del linguaggio è rivolto al portare al termine vari compiti, che spesso
possiamo esprimere con i verbi “performativi”, come richiedere, ordinare,
proibire, approvare, insistere, ricordare. In questo caso se una persona dice “ti
prometto che ti telefono” non solo ci comunica qualcosa, ma si impegna
anche ad attuarla. In questo caso non possiamo parlare di verità o falsità di
un’affermazione, ma piuttosto il portare a termine una serie di azioni.
L’arte e la parola
Per Richard Bauman la parola “performance” è un modo di comunicare con il
quale ci assumiamo una responsabilità vero un pubblico per come usiamo il
linguaggio. La performance può cambiare in base ai contesti in cui ci troviamo.
Dopo un’osservazione fatta in Samoa, si è potuto distinguere lo stile
cerimoniale da quello politico, poiché si presentavano delle performance
diverse. In una cerimonia, infatti, l’oratore è in piedi, usa un tono di voce alto,
recita proverbi e poesie. In questo caso l’oratore è responsabile di se stesso e
del linguaggio che usa, in quanto ci sono delle persone che sono lì proprio per
ascoltare i suoi discorsi. In un villaggio invece, dove si devono prendere
decisioni giuridiche o politiche, l’oratore parla a voce bassa, seduto, egli viene
valutato non per “come” ha parlato (al contrario del caso precedente) ma
piuttosto per l’opinione espressa e la capacità che ha avuto di convincere gli
altri. Ma non sono solamente gli altri a valutare una nostra “performance”,
anche noi, nel momento in cui ci rendiamo conto che stiamo parlando davanti
ad un pubblico più o meno ampio, cerchiamo di parlare correttamente,
autoriflettiamo su quello che dobbiamo esprimere, facciamo delle pause per
“scegliere la parola giusta”.
INDESSICALITA’
Il nostro cervello ha un ruolo decisivo nella codifica o decodifica dei messaggi,
solo che non tutto ciò che noi ascoltiamo è “mentale”, ovvero decifrabile
grazie alla mente. Per la comprensione di alcune parole il contesto ha un ruolo
molto importante. Se per esempio sentiamo la frase “ma questa te la porti
dietro?”, se non siamo presenti nella situazione non potremmo mai capire a
cosa si riferisce la parola “questa”. C’è una parte del significato che è
sostenuta dal contesto fisico e culturale in cui si trovano i parlanti, infatti il
significato della parola “questa” cambia da situazione in situazione. Il termine
INDESSICALITA’ si riferisce alla proprietà che hanno alcuni segni linguistici e
non linguistici di dipendere per la loro codificazione dal contesto in qui
vengono detti. Per alcuni antropologi del linguaggio l’indessicalità non è
un’eccezione ma una regola e che tutte le espressioni linguistiche hanno un
valore indessicale, che va interpretato nel loro contesto d’uso.
GLI ACCENTI
Anche l’accento diventa indice di un atteggiamento, non solo verso una
persona ma verso tutta una comunità. L’accento innesca delle inferenze
(deduzioni) che causano un giudizio o un pregiudizio. (Anna ha l’accento
catanese – i catanesi di solito sono educati -> Anna è educata)
PARTECIPAZIONE
Per molto tempo il linguaggio è stato studiato come se fosse prodotto
solamente da individui singoli, capaci di produrre o interpretare frasi solo
grazie alla loro conoscenza linguistica, senza la collaborazione di altri parlanti-
ascoltatori. Ma in realtà il linguaggio è sempre collettivo, anche se la
partecipazione degli altri è minima. Per questo si da importanza al concetto di
partecipazione, che rende il PARLARE un processo interattivo (tra due o più
persone) e culturale (chi partecipa, come e perché). In un discorso ci sono
sempre interlocutori che richiedono o aggiungono dettagli, o mettono in
discussione quello che dice il narratore. Goffman propone allora di sostituire il
termine “parlante” con altri 3 termini, in quanto colui che parla non è sempre
l’autore di ciò che viene detto, in quanto può capitare che cita dei discorsi
fatti da altre persone. Goffman introduce l’animatore, ovvero la persona che
sta verbalizzando, l’autore, cioè la persone che decide le parole e il principal
ossia il responsabile di quanto comunicato.
UN ESEMPIO : LE PROPRIETA’ DEI SALUTI DI APERTURA
- Compaiono all’inizio di un incontro (ma non costituiscono necessariamente le
prime espressioni che vengono dette)
- Stabiliscono un campo percettivo da condividere per un
periodo più o meno lungo
- Sono strutturati in coppie adiacenti (ciao/ciao)
- Hanno dei contenuti e delle espressioni relativamente
predicibili (utilizzano una gamma di espressioni prevedibili e standardizzate)
- Stabiliscono implicitamente un’unità spazio-temporale di
Interazione (una visita, una giornata lavorativa)
- Identificano l’interlocutore come un essere distinto e che merita di essere
riconosciuto (il fatto stesso di salutare qualcuno lo classifica come una
persona che ha o ha avuto un ruolo nella nostra vita e con cui potremmo
avere una conversazione)
PSICOLOGIA CULTURALE
L'idea fondamentale della psicologia culturale come è intesa da Vygotskij, da Cole e
dalla maggior parte degli psicologi culturali di oggi è che la relazione che le persone
hanno con l'ambiente è mediata dalla "cultura" e che questa è costituita da un
sistema di artefatti che hanno appunto la funzione di collegare nel migliore dei modi
le persone e l'ambiente sociale e fisico in cui esse vivono.
Cole partecipa a un progetto di nome New Mathematics Project. In Liberia i bambini
avevano problemi ad apprendere la matematica, così Cole costruisce un impianto di
ricerca, e confronta quei bambini con le capacità dei bambini americani. Dopo aver
stampato i test e averli somministrati, si accorge che i bambini della Liberia non
riescono a rispondere. Cole approfondisce i suoi studi, e vivendo in quel luogo si
accorge che i bambini gestivano la compravendita dei beni delle famiglie con molto
successo. I bambini avevano quindi delle buone capacità matematiche. A questo
punto Cole critica la sua ricerca,