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Stereotipi culturali e di genere

Gli stereotipi di genere hanno caratterizzato gli uomini come più aggressivi delle donne. Il comportamento aggressivo era più legittimato per il genere maschile piuttosto che per quello femminile. Il cambiamento nelle società occidentali dei ruoli sessuali ha portato a una disinibizione delle donne rispetto alla messa in atto di comportamenti aggressivi. Le statistiche a riguardo (crimini, omicidio) mostrano che gli atti vengono realizzati più da uomini che da donne, ma che la percentuale di donne è cresciuta nel corso del tempo. L'esistenza di figure femminili a capo di organizzazioni criminali è un avvenimento nuovo dato dall'apertura anche alle donne dei comportamenti aggressivi.

Violenza domestica

Il fenomeno della violenza è evidente in ambito domestico. I gruppi più a rischio sono donne (asimmetria di genere), bambini e anziani. Anche se a volte le vittime sono gli uomini, ciò

è dovuto a una necessità di difesa da parte delle donne. Perché le persone vogliono far male a chi è loro più vicino? Non esistono risposte semplici, ma ci sono dei fattori influenti:

  • Sindrome della molestia ripetizione di comportamenti aggressivi che si determinano trasversalmente alle diverse generazioni. All’interno del nucleo famigliare vengono appresi modelli di aggressività, che sono assunti da genitori e altre figure significative, e accompagnati da una scarsa competenza nel rispondere in maniera non aggressiva.
  • Vicinanza dei membri famigliari, che li rende sia fonti sia bersagli di disagio e frustrazione.
  • Tensioni, rappresentate principalmente da difficoltà finanziarie, disoccupazione e malattia.
  • Divisione del potere in nuclei familiari tradizionali, che avvantaggia l’uomo.
  • Alto livello di consumo di alcolici, correlato alla molestia maschile sulla moglie.

All’interno delle nostre

società esistono: • Cultura dell'onore: cultura che approva la violenza maschile come modo di affrontare i pericoli che derivano dalle minacce riguardanti la reputazione sociale o la posizione economica. • Fenomeno del machismo: codice di comportamento secondo cui sfide, offese e persino differenze di opinione possono essere affrontate con pugni o con altre armi. Alcune dimostrazioni si hanno nella quotidianità, dove si afferma l'idea che la violenza sia un modo adeguato per rispondere alle minacce relative alla reputazione sociale → idea culturalmente diffusa. RIDUZIONE DELL'AGGRESSIVITÀ: Alcune soluzioni per il problema dell'aggressività sono state immaginate facendo riferimento ai modelli di tipo istintuale e individuale, in particolare l'ipotesi catartica: idea secondo cui agire aggressivamente o guardare materiale aggressivo riduce i sentimenti di ira e aggressività. Si riferisce all'utilizzo del nostro.

comportamento come valvola di sfogo o rilascio di un’emozione repressa. Quest’idea, sebbene associata a Freud, la ritroviamo anche in Aristotele, secondo cui dando sfogo alle proprie emozioni le persone purificano i propri sentimenti.

Sono stati sollevati dei dubbi riguardo l’efficacia dell’ipotesi catartica. La ricerca sperimentale ha rifiutato apertamente la catarsi come base utile a ridurre la successiva aggressività.

Ricerche sull’utilizzo dei punching-ball per ridurre lo stress hanno evidenziato che non porta a una riduzione dell’aggressività, ma aumenta.

Le soluzioni che appaiono più capaci di produrre risultati sono le soluzioni di comunità → lavorano sull’idea che l’aggressività sia un fenomeno multicausale, appreso per modellamento, come una risposta adeguata da mettere in atto per molte situazioni, quindi la soluzione adeguata deve passare attraverso un processo di tipo educativo complesso.

singoli individui e tra popoli. L'educazione alla pace si basa sull'insegnamento di valori come la tolleranza, la solidarietà, la giustizia e il rispetto reciproco. Per promuovere la riduzione dell'aggressività, è importante insegnare ai giovani l'importanza delle relazioni sociali positive. Questo può essere fatto attraverso l'insegnamento di tecniche di autocontrollo e di gestione dei conflitti, così come sviluppando il senso critico nei confronti delle rappresentazioni dei generi. A livello di comunità, esistono studi sul movimento per la pace, che si occupano dello studio e della promozione di un clima di pace. Questo movimento multidisciplinare si impegna a comprendere le cause della violenza e a promuovere strategie per prevenirla. È importante sottolineare che l'aggressività non riguarda solo le relazioni tra individui, ma anche le relazioni tra popoli. Le guerre sono spesso il risultato di conflitti tra nazioni e culture diverse. Gli studi sulla pace si concentrano su come favorire la pace tra i popoli, ma è importante considerare che queste posizioni culturali possono essere soggette a cambiamenti e critiche. L'educazione alla pace non si limita a essere una campagna contro la guerra o contro l'idea stessa di guerra. È piuttosto un processo di costruzione di un contesto in cui il comportamento aggressivo sia considerato disfunzionale nelle relazioni tra individui e tra popoli. Questo processo si basa sull'insegnamento di valori e competenze che favoriscono la convivenza pacifica e il rispetto reciproco.

Individui e popoli. Insegnare ai bambini più piccoli come mantenere un'autostima elevata senza che si leghi all'aggressività può avere un impatto a lungo termine. L'apprendere modelli di comportamento positivi o l'idea dell'autostima senza aggressività ha un effetto duraturo nel corso del tempo.

Aiutare gli altri - capitolo 9

Le azioni compiute a vantaggio di un'altra persona sono indicate nei termini di comportamento prosociale, azioni valutate positivamente dalla società. È volontario e finalizzato al bene degli altri, e comprende:

  • Comportamento di aiuto: azioni compiute intenzionalmente a favore di qualcun altro. L'aiuto è intenzionale e viene compiuto a favore di un altro essere vivente o gruppo. L'aiuto può però essere anche antisociale, come si verifica ad esempio quando è motivato dal desiderio di apparire generosi, o finalizzato a mantenere gli

altri in uno stato di inferiorità.• Altruismo: speciale forma di comportamento di aiuto, talvolta dispendiosa, caratterizzata dall'interesse per i propri simili e compiuta senza aspettative di ricompensa. Azione finalizzata al vantaggio altrui più che proprio. Il comportamento prosociale include anche amicizia, cooperazione, comprensione, fiducia, sacrificio.

Perché aiutiamo gli altri?

APPROCCI BIOLOGICI:

Si tratta di un approccio basato sulla teoria dell'evoluzione e che traccia analogie tra il comportamento animale e umano. Secondo questo approccio gli umani hanno tendenze innate a mangiare, bere, unirsi, lottare, ma anche aiutare il prossimo. Il comportamento d'aiuto, nel favorire la cooperazione sociale, può mantenere una rete di relazioni sociali positive e quindi far sì che le specie possano aiutarsi nella lotta per la sopravvivenza. Secondo questo approccio, sarebbero sopravvissuti i geni che favoriscono la messa in atto di

comportamenti altruistici. Ci sono 2 spiegazioni del comportamento cooperativo di animali e uomini: 1. Mutualismo: idea che nel mettere in atto un comportamento di aiuto il vantaggio ricade sia sulle persone che vengono aiutate, sia sulla persona che presta l'aiuto. 2. Selezione familiare: un cooperatore dimostra tendenze sistematiche all'aiuto verso i propri parenti perché ciò permette la diffusione dei propri geni. Burnstein e i suoi colleghi indagarono le regole decisionali dell'altruismo, che potevano avere a che fare con la sovrapposizione genetica tra le persone. Hanno osservato che: - Favoriscono il malato rispetto al sano in situazioni di vita quotidiana, ma il sano rispetto al malato in situazioni di vita o morte. - Danno maggiore peso alla parentela nella vita di tutti i giorni e alla buona salute nelle situazioni di vita o morte. - Era più probabile che fornissero assistenza a un individuo molto giovane o molto vecchio.situazioni ordinarie, ma in condizioni di carestia, aiutassero chi aveva tra i 10 e i 18 anni (piuttosto che neonati o anziani). In ogni caso, il grado di parentela impatta sulla disponibilità dichiarata delle persone di mettere in atto un comportamento di aiuto. Chi aiuta prova empatia? Un'esperienza comune che precede l'azione prosociale consiste in uno stato di attivazione seguito da empatia → capacità di sperimentare le esperienze di un'altra persona, identificazione e condivisione delle emozioni, dei pensieri e degli atteggiamenti altrui. È una risposta emotiva alla sofferenza altrui, una reazione legata all'essere testimone di un evento inquietante. Diversi studi hanno provato a ragionare sul ruolo di comportamenti di ordine sociale nel comportamento di aiuto. Un primo modello è quello di costi benefici calcolati dallo sperimentatore → la messa in atto del comportamento di aiuto non è di tipo automatico, ma dipende da.

Un ragionamento che le persone fanno. Prima di intervenire in una situazione di emergenza, infatti lo spettatore calcola costi e benefici percepiti nel prestare aiuto, mettendoli a confronto con quelli associati al non farlo.

Nel momento in cui vediamo una persona in difficoltà, passiamo attraverso 3 fasi:

  1. Siamo fisiologicamente attivati dalla sofferenza altrui.
  2. Etichettiamo questa attivazione come emozione (classificazione dell'attivazione).
  3. Valutiamo le conseguenze della nostra azione.

L'empatia gioca un ruolo nell'attivazione e nella classificazione fisiologica. Sperimentare coinvolgimento empatico richiede di mostrarsi capaci di vedere la situazione di un'altra persona dal suo punto di vista. Include sentimenti di affetto, disponibilità e compassione nei confronti della persona in difficoltà. È importante nelle prime 2 fasi del modello, e più è forte più influenza la messa in atto del comportamento.

d'aiuto. L'attivazione però può determinare anche disgusto o paura, e quindi allontanamento. L'idea dell'aiuto non è di tipo automatico, ma segue un processo di ragionamento. Nei processi di ragionamento siamo influenzati culturalmente e dall'insieme delle esperienze che abbiamo appreso relativamente alla messa in atto di comportamenti d'aiuto. Secondo la teoria del ruolo sociale, le donne sono socializzate in modo da dare importanza all'interdipendenza, facendo sì che il loro comportamento sia più orientato al prossimo. Mentre la cultura di genere tradizionale prevede che gli uomini diano importanza all'indipendenza e quindi siano più orientati verso se stessi. La ricerca mostra che la differenza fra donne e uomini nel provare empatia si osserva soprattutto in relazione all'avere già vissuto un'esperienza simile a quella rispetto alla quale si sta misurando l'empatia. Quando non

hanno vissuto l'esperienza, il livello di empatia è uguale a quella degli uomini.

In questo caso l'empatia era rivolta ad un adolescente in crisi, in quanto preso in giro per il suo fisico.

Le donne si sentono più autorizzate ad essere empatiche,

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
98 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Yrin08 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Montali Lorenzo.