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La casualità e la dimostrazione di una relazione causa-effetto
Nessun test statistico può dimostrare, di per sé, la prova della casualità di un'associazione, ossia la prova dell'esistenza di una relazione causa-effetto tra il fattore studiato e la malattia. Al fine di dimostrare l'esistenza di una relazione causa-effetto tra due fenomeni, occorre:
- Osservare l'esistenza di un'associazione
- Escludere la presenza di BIAS
- Applicare i 5 criteri di casualità
- Se i precedenti vengono rispettati, l'associazione è da ritenere causale; altrimenti, non casuale
Consistenza: studi diversi, in tempi diversi e in condizioni diverse, evidenziano la stessa associazione.
Forza: esprime un'associazione di forza più o meno elevata tra un presunto determinante di malattia e la malattia stessa.
Specificità: misura la costanza con cui una specifica esposizione produce una determinata malattia.
Temporalità: basata sul semplice e inoppugnabile principio che ogni causa deve essere preceduta dall'effetto.
precedere il relativoeffetto.Coerenza: richiede che la presunta causa sia verosimilmente inquadrabile nel contesto delle conoscenzesull’argomento e sulla patogenesi
STUDI EPIDEMIOLOGICI
Una volta effettuato un qualsiasi tipo di studio sperimentale o osservazionale, si calcoleranno gli INDICI DIMALATTIA, che saranno diversi in base al tipo di studio effettuato.
Studi osservazionali: studi descrittivi
Sono studi semplici, dati routinati, generalmente rappresentano un primo approccio. I dati provengono dastatistiche correnti, registri delle patologie, le schede di morte e di dimissione, notifiche di malattieinfettive: costi molto bassi, facilmente attuabili e dati accessibili.
Sono molto utili per caratterizzare un problema e i suoi fattori di rischio, valutare la prevalenza el’incidenza delle patologie e solitamente forniscono spunto e fanno da background a studi più rigorosi.
BIAS: possibile sottostima del fenomeno per mancanza di segnalazione, dubbia attendibilità
Di alcune tipologie di dati e l'impossibilità di effettuare una verifica diretta.
Studi osservazionali: studi analitici
Studio delle relazioni tra malattie e fattori di rischio o casuali. Risponde ad una precisa domanda: "che relazione c'è fra i fenomeni che prendo in considerazione?" questo per conoscere cause o i fattori di rischio delle malattie.
Ecologici
Si prefiggono lo scopo di verificare eventuali correlazioni tra fattori di rischio e patologie per aree geografiche o intervalli di tempo. Generalmente sono usati per proporre nuove linee di ricerca, richiedono spesso una verifica da parte di altri studi su più ampia scala.
Trasversali
Misurazione della diffusione di una patologia in una popolazione esposta ad un determinato fattore di rischio, in un dato momento o in un determinato periodo di tempo. Effettuabili su campioni o popolazioni intere. È quindi possibile stimare la prevalenza della malattia nei soggetti ma non
l'incidenza.
Longitudinali (Studi di Coorte)
Valuta l'insorgenza della malattia nella popolazione ed in gruppo a rischio.
- Scelta di un campione senza malattia e raccolta dei fattori di interesse.
- Rilevamento dell'insorgenza di malattia in un periodo di tempo stabilito.
Considera un gruppo di individui che presentano caratteristiche comuni e che hanno come unica differenza tra loro l'esposizione o meno al fattore di rischio
Studi caso-controllo
Sono studi RETROSPETTIVI che confrontano 2 gruppi omogenei: 1° gruppo: campione che presenta un specifico interesse; 2° gruppo: controllo. Si indaga l'esposizione pregressa a specifici fattori di rischio correlati con l'esito d'interesse. Sono ideati per la ricerca eziologica.
Odds Ratio (OR): esprime il rapporto tra la probabilità di trovare il fattore di rischio tra i casi e la probabilità di trovare il fattore di rischio tra i controlli, mi da un indice che restringe la
probabilità di trovare un fattore di rischio tra la popolazione malata.
Prevalenza, incidenza e rischio relativo
PREVALENZA: Puntuale: calcolato in un preciso momento temporale. Periodale: calcolato in un periodo temporale
Prevalenza = numero di persone malate in un momento specifico / popolazione a rischio nello stesso momento.
INCIDENZA:
Incidenza = numero di persone che si ammalano nel periodo scelto / somma dei tempi durante i quali ogni soggetto è a rischio.
TASSO DI INCIDENZA COMULATO (IC):
IC = (numero di persone che si ammalano nel periodo / numero di soggetti liberi dalla malattia all'inizio dello studio) X 100
RISCHIO RELATIVO: rapporto tra tassi di prevalenza in gruppi con diversa esposizione a fattori di rischio. Rappresenta la probabilità di trovare il fattore di rischio studiato nei malati.
RR = IC negli esposti / IC nei non esposti
TAVOLA DI CONTINGENZA A DOPPA ENTRATA:
Per verificare la veridicità di una ipotesi di lavoro statistico, vengono utilizzate
Le Tavole di contingenza adoppia entrata, il tutto per determinare se la distribuzione di una variabile dipende in maniera condizionata (o contingente) dall'altra variabile. Tipicamente, negli studi prospettivi o retrospettivi più semplici, le due variabili tabulate sono rappresentate dalla "esposizione" e dalla "malattia".
STUDI SPERIMENTALI
Studi su cui il ricercatore interviene attivamente nell'analisi dell'out-come. Evidenziano l'associazione tra fattore ed effetto, sono considerati come studi analitici, per motivi etici possibili solo quando l'intervento previsto è positivo.
Sperimentazioni cliniche controllate randomizzate
- SPERIMENTALI: il ricercatore somministra il trattamento su pazienti affetti da malattia e ne valuta l'efficacia.
- CONTROLLATI: richiede un gruppo di controllo per valutare remissioni spontanee ed effetto placebo.
- RANDOMIZZATI: viene randomizzata l'assegnazione del paziente per evitare
CECITÀ: il paziente od anche il clinico non conoscono il trattamento somministrato.
Queste costituiscono una fase delle sperimentazioni cliniche:
- I fase: farmacologica clinica
- II fase: sperimentazione clinica iniziale
- III fase: sperimentazione clinica randomizzata controllata
- IV fase farmaco-vigilanza
Sperimentazioni sul campo
Valuta l’efficacia di interventi di prevenzione su soggetti esposti a rischio, non malati.
Sperimentazioni di comunità
Valuta l’efficacia di interventi preventivi su comunità.
TERZA LEZIONE ANALISI DEI DATI E LORO INTERPRETAZIONE
TERMINOLOGIA
Unità statistica: minima unità di cui si raccolgono le informazioni
Tipi di variazioni: ciascuna informazione raccolta
- Quantitative (numeriche)
- Possono essere contate: discreta (può assumere solo valori interi), continua (può assumere qualsiasi valore compreso in un intervallo)
- Qualitative (non numeriche): nominali (dicotomiche: sesso,
STATISTICA DESCRITTIVA
Le informazioni raccolte vengono riportate su una matrice dei dati, su ogni riga troviamo le unità statistiche esaminate, sulle colonne individuiamo i valori delle variazioni
Frequenza e grafici: comparsa di una caratteristica all'interno di una colonna presente/assente
- Frequenza assoluta (numero casi)
- Frequenza relativa (numero casi/totale casi)
- Frequenza percentuale (frequenza relativa x 100)
Le percentuali di risposta forniscono la distribuzione del carattere e possono essere interpretate come le probabilità per un generico paziente di rispondere o non rispondere al trattamento. Rispetto al conteggio delle frequenze assolute, il passaggio alle frequenze relative è una ulteriore sintesi: si perde l'informazione sulla numerosità totale, che è invece fondamentale per capire l'attendibilità / la
della distribuzione. Ad esempio, il primo quartile (Q1) separa il 25% delle osservazioni più basse dal restante 75%, il secondo quartile (Q2) corrisponde alla mediana e separa il 50% delle osservazioni, mentre il terzo quartile (Q3) separa il 75% delle osservazioni più basse dal restante 25%. Misure di dispersione Varianza: misura la dispersione dei dati rispetto alla media. Si calcola sommando i quadrati delle differenze tra ogni valore e la media, diviso per il numero di unità statistiche. Si indica con il simbolo σ^2. Deviazione standard: radice quadrata della varianza. Rappresenta la dispersione media dei dati rispetto alla media. Si indica con il simbolo σ. Intervallo interquartile: differenza tra il terzo quartile (Q3) e il primo quartile (Q1). Rappresenta l'ampiezza del 50% centrale della distribuzione. Misure di forma Asimmetria: indica la mancanza di simmetria nella distribuzione dei dati. Può essere positiva (distribuzione a destra), negativa (distribuzione a sinistra) o nulla (distribuzione simmetrica). Curtosi: misura la forma delle code della distribuzione rispetto a una distribuzione normale. Può essere positiva (code più pesanti rispetto alla normale) o negativa (code più leggere rispetto alla normale). Queste misure statistiche forniscono una sintesi dei dati e permettono di comprendere meglio la distribuzione e le caratteristiche dei dati raccolti.percentuali: il 1° quartile (Q1) separa il primo 25% dal restante 75%, il 1°decile separa il primo 10% dal restante 90%, il 95° percentile è tale che solo il 5% ha un valore superiore aesso.
Misure di dispersione
Range: differenza riscontrata tra il valore massimo ed il valore minimo delle variazioni, non fornisce peròinformazioni sulla dispersione dei dati.
Varianza: si inizia a calcolare la distanza di ogni valore della media e proviamo a calcolare la distanzamedia, “in media, quanto si discostano i valori dalla media, per avere solo numeri positivi eleviamo tutto alquadrato e otteniamo la varianza. Non ha la stessa unità di misura degli indici statistici in oggetto, quindinon molto pratica. La varianza è tanto più grande quanto più i dati si discostano attorno alla media.
Deviazione standard: estraendo dalla radice quadrata otterremo lo scarto quadratico medio.
QUARTA LEZIONE LA DISTRUBUZIONE NORMALE O GAUSSIANALA DISTRUBUZIONE
NORMALE (O GAUSSIANA)
Una curva normale è definita in maniera univoca da due soli parametri: il valore medio atteso μ e lo scarto quadratico medio σ della distribuzione stessa. Se si varia μ si sposta orizzontalmente l'asse di simmetria della curva e se si varia σ la curva si allarga.
Definizione: è la distribuzione più importante ed utilizzata in tutta la statistica. La curva delle frequenze della distribuzione normale ha una forma caratteristica, simili ad una campana.
Tipi di forme: la distribuzione normale non descrive in realtà una sola distribuzione, ma piuttosto una famiglia di distribuzioni, tutte con la stessa forma a campana, ma caratterizzata da media e varianza diverse. Per lo statistico è importante riuscire a calcolare l'area sottostante alla curva in un tratto qualunque della distribuzione normale. La funzione N dipenderà sempre dai due parametri fondamentali μ e σ.
Aree di una gaussiana: