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TAGLIARE RENDICONTO.
–
Tipicità dei mezzi di prova Luiso dice che i mezzi di prova sono tipici. in realtà è una sua
opinione, la giurisprudenza è di altro avviso.
art. 116 c.p.c. “Il
Valutazione delle prove giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente
apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti. [Le prove sono quegli strumenti che servono
a garantire la dimostrazione dell’esistenza dei fatti che le parti devono allegare in giudizio.
Le prove legali (confessione, giuramento, atto pubblico, scrittura privata autenticata) fanno
= per taluni mezzi di prova il nostro ordinamento limita la portata dell’arti. 116, anzi la
eccezione
annichilisce: è il legislatore che stabilisce qual è la portata probatoria delle prove legali. Nel
processo penale non ci sono le prove legali, in quel processo non esiste limitazione al libero
convincimento del giudice]
Il giudice può desumere argomenti di prova [la nozione di argomento di prova è una nozione vaga:
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sono elementi che supportano i mezzi di prova che già ci sono. Non lo chiederà mai.] dalle risposte
che le parti gli danno a norma dell'articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire
che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo”
le ispezioni
Le prove documentali
Si forma fuori del processo.
L’atto art. 2699 (è una prova legale) “L'atto pubblico è il documento redatto, con le
1. pubblico
richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica
nel luogo dove l'atto è formato”
fede
Art. 2700 attesta che l’atto pubblico è una prova documentale: “L'atto pubblico fa piena prova, fino
a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché
delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua
L’atto pubblico fa piena prova (cioè è vincolante per il giudice –
presenza o da lui compiuti.” fino a
querela di falso: cioè bisogna instaurare un giudizio finalizzato a dimostrare che quell’atto pubblico
è falso) della provenienza dal notaio e delle dichiarazioni che il notaio attesta essere avvenuti in sua
presenza. “La
La querela di falso: art. 221 c.p.c. querela di falso può proporsi tanto in via principale quanto
in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio, finché la verità del documento non sia stata
accertata con sentenza passata in giudicato.
La querela deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli elementi e delle prove della falsità,
e deve essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale, con atto di
citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale d'udienza.
È obbligatorio l'intervento nel processo del pubblico ministero” il processo civile non ha ad
oggetto un diritto, ma un fatto. La competenza per materia è sempre del tribunale.
Come si comporta il giudice: art. 222 c.p.c. “Quando è proposta querela di falso in corso di causa,
il giudice istruttore interpella la parte che ha prodotto il documento se intende valersene in giudizio.
Se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile in causa; se è affermativa, il giudice, che
ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione della querela nella stessa udienza o in una
successiva; ammette i mezzi istruttori che ritiene idonei, e dispone i modi e i termini della loro
assunzione” “La scrittura privata [AUTENTICATA] fa piena prova, fino
2. La scrittura privata art. 2702
a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il
quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione [fa piena prova solo se la controparte
ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta”
conferma di aver sottoscritto],
art. 215 “La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta: 1) se la parte, alla quale la
scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è contumace, salva la disposizione
dell'articolo 293 terzo comma;
2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o
nella prima risposta successiva alla produzione.
Quando, nei casi ammessi dalla legge, la scrittura è prodotta in copia autentica, il giudice istruttore
può concedere un termine per deliberare alla parte che ne fa istanza nei modi di cui al numero 2”
Le prove costituende
art. 2721 c.c. “La
1. prova testimoniale: prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il
valore dell'oggetto eccede euro 2,58. 36
Tuttavia l'autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della
natura del contratto e di ogni altra circostanza”
qualità delle parti, della
Art. 244 “La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone
da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere
interrogata.”
Art. 246 c.p.c. “Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un
”
interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio
Art. 251 c.p.c. “I testimoni sono esaminati separatamente.
Il giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza religiosa e morale del giuramento e
sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti e legge la formula: «consapevole della
responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio, se credente, e agli uomini, giurate di
dire la verità, null'altro che la verità». Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento
pronunciando le parole: «Lo giuro»”
La parte non può essere testimone, ma se vuole può porre in essere una confessione. La confessione
è illustrata nel c.c. e nel c.p.c. nei suoi aspetti dinamici.
confessione: art. 2730 “La
2. confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad
essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte.
giudiziale o stragiudiziale [fuori del processo]”
La confessione può essere
Per essere valida deve essere posta in essere dal titolare del diritto e non può essere revocata se non
si prova che è frutto di errore in fatto o di violenza.
l’interrogatorio formale della parte. art. 228 c.p.c.
Alla confessione giudiziale si arriva tramite
può essere decisorio o suppletorio. Art. 2736 “Il
3. giuramento: giuramento è di due specie:
1) è decisorio quello che una parte deferisce all'altra per farne dipendere la decisione totale o
parziale della causa;
2) è suppletorio quello che è deferito d'ufficio dal giudice a una delle parti al fine di decidere la
causa quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto
sfornite di prova, ovvero quello che è deferito al fine di stabilire il valore della cosa domandata, se
non si può accertarlo altrimenti” Nel giuramento, chi giura vince la causa, a differenza della
confessione, perché l’altra parte non è ammessa a provare il contrario, né può chiedere la
–
revocazione della sentenza nemmeno quando il giuramento è stato dichiarato falso in sede penale.
–
Le sentenze non definitive art. 279 c.p.c.
L’art. 187 c.p.c. fonda il principio della ragione più liquida, il giudice istruttore rimette le parti
collegio se ritiene che la causa sia matura per la decisione o quando non c’è bisogno di
davanti al
fare attività istruttoria (= quando la controversia si fonda su fatti pacifici) o quando si deve decidere
–
una questione pregiudiziale di rito o una questione preliminare di merito. In questi casi quando il
collegio concorda con le valutazioni dell’istruttore – la conclusione sarà: rigetto della domanda nel
merito per prescrizione del diritto o si chiude il processo in rito per carenza di un pres. proc.
positivo o per esistenza di un pre. proc. negativo non si pone il problema delle sentenze non
definitive.
Quando invece il collegio non concorda con il giudice istruttore, si pone il problema perché quando
il giudice rimette la causa in decisione, ormai il processo è incanalato in una strada per cui si deve
pronunciare una sentenza. Si risolve la situazione con la sentenza non definitiva. Le sentenze non
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definitive nascono sempre da un errore del giudice istruttore:
“Il soltanto su questioni relative all’istruzione della
collegio pronuncia ordinanza quando provvede
causa, senza definire il giudizio, nonché quando decide soltanto questioni di competenza. In tal
caso, se non definisce il giudizio, impartisce con la stessa ordinanza i provvedimenti per l’ulteriore
istruzione della causa.
Il collegio pronuncia sentenza:
1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione;
2) quando definisce il giudizio decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni
preliminari di merito;
3) quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito;
4) quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1, 2 e 3, non definisce il giudizio e
impartisce distinti provvedimenti per l’ulteriore [il caso è quello dell’art. 187
istruzione della causa;
– –
il collegio non concorda col giudice istruttore in questo caso il collegio emette una sentenza non
ha commesso un errore e con un’ordinanza rimette
definitiva in cui si dice che il giudice istruttore
la causa in istruttoria.]
5) quando, valendosi della facoltà di cui agli articoli 103, secondo comma, e 104, secondo comma,
decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite, e con distinti provvedimenti dispone la
separazione delle altre cause e l’ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al
giudice inferiore delle cause di sua competenza.
I provvedimenti per l’ulteriore istruzione, previsti dai numeri 4 e 5 sono dati con separata
ordinanza.
I provvedimenti del collegio, che hanno forma di ordinanza, comunque motivati, non possono mai
pregiudicare la decisione della causa; salvo che la legge disponga altrimenti, essi sono modificabili
e revocabili dallo stesso collegio, e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti per le
sentenze. Le ordinanze del collegio sono sempre immediatamente esecutive. Tuttavia, quando sia
stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma, il
giudice istruttore, su istan