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CALCOLO TENSIONE SULLE SPIRE
Esiste in qualche modo un legame tra il flusso, la corrente nella spira e la tensione di un ipotetico
generatore di tensione applicata al bipolo della spira?
Data una corrente I diretta lungo la spira dal nodo I
superiore come in figura, il flusso è diretto secon-
do il pollice nella regola del cavatappi; in cui la cor-
rente rappresenta le 4 dita che girano in senso anti-
orario.
La tensione ai capi dei due morsetti della spira è discorde
all’andamento del flusso e concorde a quello della corrente.
Pertanto la tensione verrà positiva dall’alto verso il basso.
e
La tensione e si calcola attraverso la legge di Faraday:
= −
Dove è il flusso concatenato. Per convenzione si sceglie una tensione concorde al flusso e quindi:
= − =
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PRINCIPI DI INGEGNERIA ELETTRICA – Prof. Mauri Marco – A.A.2012-13
6.1 - INDUTTANZA
INDUTTANZA E LEGAME COSTITUTIVO
Quando abbiamo definito l’induttanza non abbiamo avuto modo di definire il suo legame costitutivo.
L’induttanza L è la grandezza caratteristica dell’induttore, dispositivo che determina delle grandezze
nel circuito non costanti. Vediamo dove deriva il legame costitutivo dell’induttanza:
Partiamo dal dire che l’induttanza è definita come:
= =
La tensione ai capi dell’induttore è: =
Dove = . Quindi giungiamo alla formula della tensione:
=
L’induttanza essendo una grandezza caratteristica e costante:
=
CIRCUITO MAGNETICO EQUIVALENTE CON PIU’ DI UNA BOBINA
E’ possibile in un circuito magnetico inserire più di una bobina per creare un “aiuto” al flusso
magnetico all’interno del conduttore. Questo collegamento si può effettuare tramite l’inserimento di
un’altra spira come negli schemi seguenti:
A N I N I
1 1 2 2
N N
1 2
Questo porta a definire delle nuove grandezze:
Quando le induttanze sono alimentate con le correnti su di esse situate, tali grandezze vengono
definite Autoinduttanze.
Quanto viceversa le induttanze vengono alimentate tramite correnti di altre induttanze, tali grandezze
si definiscono Mutue Induttanze.
= =
= =
73
PRINCIPI DI INGEGNERIA ELETTRICA – Prof. Mauri Marco – A.A.2012-13
AUTOINDUTTANZE
Vediamo la dimostrazione dell’autoinduttanza:
= = N I N I
1 1 2 2
2 2
= ; ⇒ = =
Come vediamo, le autoinduttanze dipendono solo
dalla geometria della spira. N I N I
Così anche la seconda autoinduttanza: 1 1 2 2
=
MUTUA INDUTTANZA
Dobbiamo considerare il flusso uscente dall’induttanza
2, con un flusso uscente dall’induttanza 1. N I N I
1 1 2 2
=
= =
La stessa formula si ricava con l’altra mutua induttanza.
Riconosciamo quindi che le mutue induttanze sono reciproche e pertanto le chiameremo con la
lettera M.
6.2 - ENERGIA ACCUMULATA E DISSIPATA
Supponiamo di collegare l’induttore (la bobina a un circuito generico): I 2
I R
1 I
R 2
I 2
1 1 V
E
E
V 2
2
1
1
Vediamo che di tutta la potenza generata da V , una parte viene dissipata dalla resistenza del cavo, il
1
resto viene immagazzinato nell’induttore. Possiamo dire che la potenza nell’induttanza è un’energia
conservativa. 74
PRINCIPI DI INGEGNERIA ELETTRICA – Prof. Mauri Marco – A.A.2012-13
Consideriamo due casi per il calcolo dell’energia: il primo caso in cui il traferri è costante e il pezzo di
ferro sottostante rimane fermo e il caso in cui il traferri diminuisce, aumentando la forza di attrazione
tra i due pezzi di ferro.
TRAFERRI COSTANTE
Nel primo caso = 0, pertanto il traferri è costante. Parleremo solo di energia accumulata
dall’induttanza, cioè di energia cinetica indotta dall’energia dell’induttanza sottoforma di flusso .
N I N I
1 1 2 2
N N
1 2
Dato un sistema come in figura andiamo a considerare i contributi delle energie delle auto e mutue
induttanze. L’energia cinetica solitamente è data dalla massa e dalla velocità, rappresentate in questo
caso da induttanze e correnti elettriche.
Pertanto l’energia accumulata all’interno del sistema è la somma algebrica di tutte le energie cinetiche
del sistema: 1 1
= + +
2 2 I 1
Tenendo conto che a seconda di come gira la corrente
negli avvolgimenti il secondo flusso può essere con- N N
1 2
corde o discorde al primo, inseriamo una doppia pos-
sibilità di segno alla mutua induttanza secondo le se-
guenti convenzioni.
Se la corrente è applicata al morsetto superiore,
il flusso per la regola del cavatappi non può far altro
che andare verso l’alto e girare nel circuito in senso orario.
I
1
Per far sì che il segno di M sia positivo dob- I
2
biamo fare in modo che il flusso in sia concorde N N >0
rispetto a . Pertanto la corrente dev’essere ap-
plicata al morsetto superiore anche nella seconda
induttanza. I
1
La formula dell’energia accumulata pertanto è: N N I <0
2
1 1
= + ±
2 2 75
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6.21 - FORZA DI ATTRAZIONE TRAFERRI
Nel secondo caso, il traferri non è più costante non avremo solo energia accumulata, ma anche lavoro
compiuta dalla forza magnetica sul pezzo di ferro da attrarre.
I 1 I 2
N
N 2
1 F
In questo caso, senza fare troppi integrali e derivate ci riconduciamo ad un’altra nuova grandezza di
uso comune che esprime la forza in funzione del campo e delle caratteristiche tecniche e geometriche
della bobina.
6.22 - PRESSIONE MAGNETICA
Ciò che ci permette in qualche modo di calcolare la forza di attrazione tra i pezzi di ferro è la pressione
magnetica misurata in N/m .
2
La pressione è definita tramite l’azione del campo fratto la permeabilità caratteristica del materiale.
= 2
La pressione magnetica moltiplicata per l’area di azione del campo magnetico ci porta a trovare la
forza desiderata: = = 2
Sapendo che = , la forza di attrazione diventa:
= 2
Se ci fossero più contributi di attrazione all’interno del sistema con bobine, allora la forza totale non
è nient’altro che la sommatoria di tutte le forze attrattive scaturite da ogni sezione e ogni flusso:
1
= 2
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6.3 - TRASFORMATORI IDEALI
Trattati i circuiti magnetici, passiamo a studiare un dispositivo comunemente utilizzato in ogni luogo
che serve per convertire le alte tensioni di linea in tensioni di sicurezza fino alle case nostre.
Prima di capire come funzionano però, cerchiamo di comprendere il motivo per cui vengono utilizzati:
La tensione viene prodotta dalle centrali a relativamente bassi voltaggi (1000 V) e alti correnti che
vengono successivamente inseriti in linea.
Per preservare la potenza ed evitare le ingenti perdite di energia per effetto joule sulle lunghe linee
percorse dalla corrente, un primo trasformatore alza moltissimo la tensione (10.000 V) e diminuisce al
massimo la corrente, riducendo il termine di potenza dissipata sulla linea = .
Arrivata alle nostre case, la tensione non è in sicurezza e pertanto un secondo trasformatore la riduce
da 10000 a 220 Volt prima di fare arrivare la corrente nei nostri apparecchi. Possono esserci altri tipi
di trasformatori collegati all’utenza che, riducono ulteriormente la tensione all’interno dei nostri
dispositivi. Schematizzando il tutto abbiamo che:
V U
g 1 000 V 10 000 V 220 V
Dove i cerchi sovrapposti rappresentano i trasformatori.
E’ importante dire che i trasformatori funzionano solo in alternata e non fanno altro che conservare la
potenza, trasformando i parametri ad essa legata, come corrente e tensione.
Consideriamo per ora solo trasformatori ideali, in cui non ci sono perdite.
Qui di fianco vediamo la schematizzazione di un
trasformatore che, tramite un flusso all’interno
del pezzo di ferro trasforma la tensione 1 nella 2
e di conseguenza, cambia i parametri della cor-
rente.
Il trasformatore parte dall’idea di conservare la potenza
elettrica e pertanto, idealmente abbiamo: = ⇒ =
Se indichiamo i rapporti tra tensioni e tra correnti otteniamo il cosiddetto rapporto di
trasformazione: = =
Ma come avviene fisicamente la conversione dei parametri elettrici all’interno del trasformatore
passando per il flusso?
E’ da tenere in considerazione anche il numero di avvolgimenti che avvolge il pezzo di ferro.
77
PRINCIPI DI INGEGNERIA ELETTRICA – Prof. Mauri Marco – A.A.2012-13
Essendo infatti che la tensione di un circuito magnetico equivalente si conserva secondo le relazioni:
=
=
Ricavando il rapporto , otteniamo sia il rapporto tra le correnti che quello tra gli avvolgimenti.
Avremo pertanto: = = =
Il trasformatore, idealmente si può rappresentare con un circuito elettrico equivalente, separato da
uno spazio che rappresenta il pezzo di ferro tra le bobine. A sinistra di questa induttanza vi è il
circuito primario mentre al di là del secondo avvolgimento, il circuito si definisce secondario. La
schematizzazione di un trasformatore ideale pertanto è il seguente:
Le induttanze centrali rappresentano le bobine con gli avvolgimenti.
6.4 - TRASFORMATORI REALI
Abbiamo parlato del trasformatore e del suo utilizzo e abbiamo inoltre ipotizzato che la permeabilità
del ferro fosse infinita, considerando così un trasformatore ideale, senza perdite.
Cosa succede però se poniamo la permeabilità del ferro diversa da infinito e le assegnamo il valore
reale?
Il circuito magnetico equivalente di un trasformatore ideale si può schematizzare così:
Dove la coesistenza dei due generatori del campo, ovvero
le due bobine, porta alla formazione del flusso .
In un circuito magnetico equivalente reale, in cui il ferro mostra una certa resistenza al flusso del
campo magnetico, è opportuno inserire un simbolo che ci indichi tale attitudine del materiale, quale
una riluttanza di valore .
Il circuito diventa quello qui di fianco:
dove = e ≅ 10 78
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Applicando la legge di Kirchhoff delle tensioni alla maglia
prima ottenevamo: =
mentre adesso ricaviamo una relazione che tiene conto delle perdite all’interno del ferro:
( )=
+ +
Dove il primo membro tiene conto della corrente che viene erogata dal generatore, la quale ha il
compito di dare una spinta al flusso per superare la riluttanza. Il secondo addendo al secondo membro
tiene conto della &ld