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LE FRONTIERE DELLA PEDAGOGIA GENERALE (TERZA PARTE DEL MANUALE)

Delle diverse pedagogie, declinazioni più specifiche dell'ambito della pedagogia generale, ce

ne sono alcune che seguono il percorso di sviluppo di vita, le diverse età. Anche questo

aspetto è indicativo perché, come visto nei cenni di storia, in realtà, contrariamente a quanto

si potrebbe credere, l'infanzia è una concezione piuttosto recente. L'infanzia esiste, con

caratteristiche proprie (formulazione anche dei diritti dei bambini, una conquista i pochi anni).

Si è preso coscienza delle loro necessità, maggiore attenzione alla specificità di tale età. È

l'inizio di un percorso che porta all'età adulta. L'infanzia è una fase importante in cui si inizia a

costruire la propria personalità e a conoscere il mondo, si impara a guardarlo in un certo

modo piuttosto che in un altro. Tale conquista recente ha costituito la nascita di un campo di

studi, la pedagogia dell'infanzia, che si occupa di tale età. L'infanzia è rimasta uno dei punti

nodali della ricerca pedagogica e le prime avvisaglie di tale cambio di passo rispetto alla

tradizione si hanno all'inizio del Novecento grazie allo studio di Freud sul caso del piccolo

Hans. Questo studio ha messo in luce, tramite tale caso esemplare, che i bambini non sono

affatto entità angeliche, innocenti, né dal punto di vista spirituale né morale, ma sono esseri

umani già completi dal punto di vista dell'apparato psicologico, per esempio per quanto

riguarda il desiderio. I bambini hanno una sessualità biologica e psicologica. I bambini

sviluppano la loro libido e hanno delle pulsioni di piacere. Questo fatto ha portato a rompere

alcuni pregiudizi sull'infanzia. L'identità dei bambini, tra l'altro, non è indefinita: noi siamo in

presenza di un'identità complessa, fatta di carattere, atteggiamenti, gusti, sessualità. Gli studi

di Piaget dimostrano che i bambini hanno capacità cognitive, tipiche dell'infanzia: non è vero

che i bambini non comprendono nulla e che sanno solo giocare. Sanno già elaborare

informazioni e strutturare in un certo modo il loro pensiero. Dobbiamo ricordare anche gli

studi del medico Maria Montessori, vissuta a cavallo tra Otto e Novecento, una delle prime

donne a laurearsi in medicina. Aveva una formazione positivistica. Fece studi anche all'estero,

negli US, dove sviluppò il suo pensiero sull'infanzia in genere. Nei primissimi anni del

Novecento (forse 1906) fondò la prima casa dei bambini a Roma, una via sperimentale alla

scuola dell'infanzia. Siamo passati dall'asilo (etimologicamente il luogo del ricovero, della

custodia), alla scuola materna (indica una scolarizzazione ma anche l'atteggiamento

pedagogico materno: le educatrici dovevano ricoprire il ruolo di surrogati materni) alla scuola

dell'infanzia. Gli studi della Montessori hanno dato un apporto fondamentale: hanno fatto

capire che il bambino ha capacità logiche: i giocattoli costruiti dalla Montessori e utilizzati

nella casa sono figure geometriche ad incastro, giochi che lavorano sulla percezione della

geometria e dello spazio circostante. Le scuole montessoriane hanno la peculiarità di esser

costruite a misura di bambino (oggetti, arredi, attività didattica concepita in una dimensione

spaziale tarata sul bambino). Per prima Maria Montessori ha dato fiducia alle capacità del

bambino, facendo sì che imparasse tutta una serie di attività pratiche che in casa non

imparava, perché era sostituito, in queste attività, da un adulto. Il bambino nella scuola

montessoriana si lava da solo, si veste da solo, mangia da solo. Tutto ciò ha fatto in modo che

si valorizzasse l'infanzia in quanto tale. L'adulto non deve sostituirsi al bambino. Coi suoi

tempi, il bambino deve imparare a fare da solo, ad autonomizzarsi. È uno dei primi obiettivi

della scuola dell'infanzia ancora oggi. Maria Montessori ha lavorato sull'immaginazione

creativa del bambino e su un'idea secondo cui il bambino avrebbe una mente assorbente,

cioè le abilità senso motorie del bambino e le sue capacità osservatorie son tali da assorbire

dall'ambiente circostante e riprodurre azioni, gesti, movimenti. Anche Maria Montessori ha

scritto e lavorato molto, anche in India, il che ha favorito l'idea secondo cui l'infanzia sarebbe

oggetto di ricerca scientifica propriamente detta. Fino all'Ottocento si contrappongono due

figure dell'infanzia dal punto di vista socioculturale: differenza tra chi ha accesso e chi non ha

accesso alla casa dei bambini. C'è un modello d'infanzia borghese e c'è un modello d'infanzia

popolare. Fino all'Ottocento il piccolo borghese era custodito, coccolato, curato perché il

bambino costituiva un investimento non solo affettivo ma anche familiare: era l'erede.

Otteneva attenzioni e cure inimmaginabili per il modello d'infanzia popolare, nel quale il

bambino era utile, doveva essere utilizzato il prima possibile, era sfruttato fin da piccolo per i

piccoli lavori domestici, oggetto di violenze e anche di abbandono. La deprivazione culturale

(analfabetismo, indigenza economica) contribuiva a fare dell'infanzia più un impiccio, un

fastidio che doveva durare il meno possibile che non una risorsa. Infanzia adultizzata

precocemente – infanzia custodita come modello prezioso. I due modelli erano nettamente

contrapposti. Nel Novecento tale forte contrapposizione si riduce fortemente: rimangono

modelli di comportamento distinti, ma viene riconosciuta l'infanzia in quanto tale. Rimane, da

allora, tale duplice impronta che vede l'infanzia sia dal punto di vista socioculturale come

l'embrione di società promettente per il futuro sia, dal punto di vista scientifico come oggetto

di ricerca e di studio. La fantasia, l'avventura, le capacità dell'infanzia durante tutto il

Novecento son molto valorizzate, fino ad arrivare alla costituzione di un Diritto per l'infanzia,

diventata oggetto di studio anche per i giuristi. Oggi tutti i bambini del mondo son portatori di

diritti sanciti dalla Legge, tra cui quello al gioco (importantissimo: significa sviluppare

intelligenza), alle relazioni socioaffettive, all'ascolto, al dialogo. Il problema è la discrasia tra

la presenza di tale normativa e il suo rispetto. Ci sono grosse lacune, se si guarda alla tutela

del bambino a livello planetario, ma ci sono situazioni molto preoccupanti anche nelle società

avanzate. Proprio perché avanzate considerano questi diritti come acquisiti e ovvi e non si

rendono conto di non rispettarli più.

La scuola è l'oggetto più classico di studio della pedagogia. Messa la pedagogia della scuola al

centro, tutte le altre pedagogie possono ruotare intorno ad essa. La pedagogia della scuola ha

una storia richiama l'attenzione sul fenomeno dell'istruzione. Una pedagogia della scuola

esiste da quando esiste la scuola, ma non è mai stata codificata in questi termini. La

pedagogia della scuola in quanto tale esiste soprattutto da quando il fenomeno dell'istruzione

si è imposto come paradigma tipico della scuola. E per istruzione si intende il rapporto tra

insegnamento e apprendimento. Riguarda la scuola, però, anche la dimensione

dell'educazione, come quella della formazione. Questi due ulteriori ambiti son in genere tenuti

in minor considerazione dai professionisti della scuola. Molto spesso gli insegnanti

commettono l'errore di sovrapporre scuola e istruzione, di farle coincidere, e di non tenere in

conto dimensione educativa e formativa della scuola.

Questa trascuratezza degli insegnanti non è soltanto formale, e non è solo un punto di vista

(cioè quello secondo il quale il compito della scuola è insegnare e quello dello studente

apprendere): non è solo questione di pdv ma è una questione di intrecci. Quando la scuola si

prefigge come unico obiettivo quello di istruire, non istruisce come potrebbe. Soltanto se

l'istruzione è intrecciata all'educazione e alla formazione, lo studente avrà risultati migliori

nell'apprendimento. Questo perché l'educazione riguarda tutte le forme di apprendimento che

ogni individuo assorbe dal suo ambiente. C'è un'educazione a breve termine e una a lungo

termine. C'è un'educazione più manifesta, più evidente, e ce n'è una implicita, indiretta.

(abitudini, visioni e interpretazioni della realtà che sono la base di qualsiasi educazione diretta

a breve termine)

Lo stesso studente può non aver acquisito per sé comportamenti, attitudini, abitudini a quella

che è l'educazione civica: può anche comportarsi non in conformità con quanto appreso:

questo quando l'apprendimento resta distante dall'esperienza individuale. Quello che

dovrebbe accadere è che l'apprendimento a breve termine (es. lo studio della costituzione)

dovrebbe costituire il fondamento della comprensione del funzionamento dello stato e, di

conseguenza, dovrebbe funzionare come consapevolezza dei propri compiti civili. Le due cose,

se restano separate, funzionano male entrambe. Non solo l'apprendimento sarà formale e

astratto, quando c'è, ma anche il comportamento civile e la consapevolezza politico-civile del

proprio essere membro di una società, saranno bassissimi o assenti. Un apprendimento

formale non è sufficiente e non è lo scopo dell'educazione e della scuola. La pedagogia della

scuola è la disciplina che cerca di favorire tale appaiamento tra educazione e istruzione. La

grande attenzione all'istruzione, cioè ai meccanismi con cui l'individuo apprende, è stata di

successo negli anni Settanta. Con gli sviluppi della teoria cognitivista (Piaget, Bruner),

l'attenzione della pedagogia si era centrata sul fenomeno dell'istruzione, o sulla

organizzazione dei metodi considerati migliori, grazie ai quali l'insegnamento avrebbe potuto

favorire il migliore apprendimento possibile. Era il periodo delle tassonomie, della didattica

per obiettivi. Le tassonomie sono quelle misurazioni tramite le quali si valuta l'introiezione di

un certo apprendimento, il numero di studenti sottoposti a tale tipo di apprendimento, le

verifiche di tale apprendimento, insomma tutte le componenti che dovrebbero garantire un

certo tipo di apprendimento son quantitative, misurate e misurabili.

La didattica per obiettivi, imperante dai Settanta ai Novanta (rimanenze anche oggi) era tutta

tarata sugli obiettivi. Le unità didattiche erano concepite partendo dall'obiettivo finale. (es:

obiettivo – acquisire il genitivo sassone: tutta l'attività &egrav

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
69 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valentein_ di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Madrussan Elena.