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In molti romanzi, specie del Novecento, la rielaborazione dell’ordine della fabula e
dell’intreccio è dovuta a motivi ben diversi, quasi filosofici o conoscitivi. Scrivono Bourneuf
e Ouellet [1981]: «A partire soprattutto dall’inizio del secolo, con le opere di Proust, Th.
Mann, V. Woolf e M. Butor, per esempio, il tempo non è più soltanto un tema o la condizione
necessaria per portare a compimento un’azione, ma il soggetto stesso del romanzo, […] l’eroe
Cfr. Genette [1976: 162-207].
20 Hemingway, E., Il principio dell’iceberg. Intervista sull’arte di scrivere e narrare, a c. di G.
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Plimpton, Genova, Il melangolo, 1996: 61.
della storia». Al tempo degli orologi si sostituisce quello della coscienza. Nelle opere di questi
autori, l’interferenza dei tempi narrativi e il senso della complessa stratificazione degli eventi
nella coscienza dell’individuo, sono caratteristiche continue e si manifestano non solo
attraverso manifestazioni esplicite o tramite il raffronto fabula-intreccio, ma quasi ad ogni
pagina, a livello di contenuto, nel continuo viavai della coscienza ad epoche diverse, e a
livello di discorso, nel continuo alternarsi dei tempi verbali.
La possibilità di organizzare cronologicamente gli eventi relativi al tempo dell’avventura
porta Genette a distinguere fra analessi (analoga all’anafora) e prolessi (analoga alla
catafora):
(1) L’analessi indica «qualsiasi evocazione, a fatti compiuti, d’un evento anteriore al
punto della storia in cui ci si trova». Esempi di analessi si hanno, per es., quando Lucia
racconta l’incontro con don Rodrigo, oppure quando Zeno ricorda il proprio passato
studentesco o i racconti fatti ad altre donne precedenti alle Malfenti, o quando il vecchio
Eguchi ricorda una donna nel romanzo La casa delle belle addormentate di Y. Kawabata. Un
esempio di analessi è il seguente brano tratto da I fratelli Karamazov:
«Pëtr Il’ič fu accolto dalla stupefacente notizia che il vecchio Fëdor Pàvlovič era stato veramente
ucciso quella sera nella propria casa, ucciso e derubato. Lo avevano appena saputo nel seguente
modo.
Màrfa Ignàt’evna […] sebbene dormisse profondamente nel suo letto, e avrebbe potuto
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continuare a dormire ancora fino al mattino, si era svegliata di soprassalto. […]» .
Oppure si veda quest’altro esempio di analessi filtrata attraverso il ricordo Mastro-don
Gesualdo:
«Egli [mastro-don Gesualdo] invece non aveva sonno. Si sentiva allargare il cuore. Gli venivano
tanti ricordi piacevoli. Ne aveva portate delle pietre sulle spalle, prima di fabbricare quel
magazzino! E ne aveva passati dei giorni senza pane, prima di possedere tutta quella roba!
Ragazzetto... gli sembrava di tornarci ancora, quando portava il gesso dalla fornace di suo padre,
a Donferrante! Quante volte l’aveva fatta quella strada di Licodia, dietro gli asinelli che
cascavano per via e morivano alle volte sotto il carico! [...] Poi quando il Mascalise, suo zio, lo
condusse seco manovale, a cercar fortuna... Il padre non voleva, perché aveva la sua superbia
anche lui, come uno che era stato sempre padrone, alla fornace, e gli cuoceva di vedere il sangue
suo al comando altrui.– Ci vollero sette anni prima che gli perdonasse, e fu quando finalmente
Gesualdo arrivò a pigliare il primo appalto per conto suo... la fabbrica di Molinazzo... [...] Ne
aveva guadagnati dei denari! Ne aveva fatta della roba! Ne aveva passate delle giornate dure e
delle notti senza chiudere occhio! [...] Sempre in moto, sempre affaticato, sempre in piedi, di qua
e di là, al vento, al sole, alla pioggia; colla testa grave di pensieri, il cuore grosso d’inquietudini,
le ossa rotte di stanchezza; dormendo due ore quando capitava, come capitava, in un cantuccio
della stalla, dietro una siepe, nell’aia, coi sassi sotto la schiena; mangiando un pezzo di pane nero
e duro dove si trovava, sul basto della mula, all’ombra di un ulivo, lungo il margine di un fosso,
nella malaria, in mezzo a un nugolo di zanzare. – Non feste, non domeniche, mai una risata
allegra, tutti che volevano da lui qualche cosa, il suo tempo, il suo lavoro, o il suo denaro; mai
un’ora come quelle che suo fratello Santo regalavasi in barba sua all’osteria! [...] Dover celare
sempre la febbre dei guadagni, la botta di una mala notizia, l’impeto di una contentezza; e aver
sempre la faccia chiusa, l’occhio vigilante, la bocca seria! Le astuzie di ogni giorno; le ambagi
per dire soltanto “vi saluto”; le strette di mano inquiete, coll’orecchio teso; la lotta coi sorrisi
22 Dostoevskij, F.M., I fratelli Karamazov, Roma, Newton Compton, 2009, p. 454.
falsi, o coi visi arrossati dall’ira, spumanti bava e minacce – la notte sempre inquieta, il domani
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sempre grave di speranza o di timore...» .
(2) La prolessi, invece, indica «qualsiasi manovra narrativa che consista nel raccontare o
evocare in anticipo un evento ulteriore». Un esempio di prolessi è il seguente brano tratto da I
fratelli Karamazov:
«La notizia della sua morte [la morte dello stàrec Zòsima] si diffuse subito nell’eremo e arrivò al
monastero. […] Prima ancora dell’alba, come poi si raccontò, la notizia della sua morte giunse in
città. Al mattino quasi tutti parlavano dell’avvenimento e una folla di cittadini sfilava verso il
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monastero. Ma di questo parleremo nel libro seguente […]» .
Un altro esempio di prolessi possiamo trovarlo all’inizio del cap. VII dei Malavoglia:
«– Questo qui [Luca] non scriverà per danari, quando sarà laggiù, pensava il vecchio [padron
’Ntoni]; e se Dio gli dà giorni lunghi, la tira su un’altra volta la casa del nespolo. Ma Dio non
gliene diede giorni lunghi […] e quando giunse più tardi la notizia che era morto, alla Longa [la
madre di Luca] le rimase quella spina che l’aveva lasciato partire colla pioggia, e non l’aveva
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accompagnato alla stazione» .
Va però precisato che analessi e prolessi non vanno definite in relazione al momento della
scrittura (perché rispetto al tempo della scrittura tutto è analessi), bensì in relazione al filo
principale del racconto, ossia a ciò che lo stesso Genette chiama ‘racconto primo’. Nel passo
di Svevo, il ‘racconto primo’ concerne il racconto delle avventure studentesche vissute da
Zeno in casa Malfenti.
In rapporto al racconto primo, le analessi e le prolessi costituiscono delle anacronie, cioè,
come dice Genette, delle «forme di discordanza fra l’ordine della storia e quello del
racconto», ossia fra fabula e intreccio. Per esempio, in The Old Man and the Sea di
Hemingway si ha una analessi quando il vecchio ricorda che «una volta in una taverna di
Casablanca […] aveva giocato al braccio di ferro col grande negro di Cienfuegos». Oppure
prendiamo i Promessi sposi: quando il racconto delle peripezie di Lucia giunge al momento in
cui lei incontra la monaca di Monza, il narratore ritiene «opportuno di raccontar brevemente
la storia antecedente di questa infelice» (ossia della monaca), affinché il lettore possa capire
quanto di “insolito” e di “misterioso” vi fosse nel comportamento della monaca. Pertanto,
tutto il racconto delle vicende di Gertrude anteriori all’incontro con Lucia costituisce
un’ampia analessi (analessi ancor più ampia nel Fermo e Lucia). Al contrario, il passo in cui il
narratore allude al futuro tradimento del Griso («Va a dormire, povero Griso, che tu ne devi
aver bisogno…», Promessi sposi, cap. XI) rappresenta una anticipazione di eventi non ancora
accaduti e, quindi, è una prolessi.
Per quanto concerne le anacronie (analessi e prolessi), comunque, l’analisi di Genette è
molto più dettagliata. Infatti, va anzitutto precisato che le anacronie hanno una ‘portata’
(definita da quanto tempo ci si discosta dal racconto primo) e una ‘ampiezza’ (definita dalla
durata del racconto anacronico).
A loro volta, le analessi possono essere:
Verga, G., Mastro-don Gesualdo, cit., pp. 71-73.
23 Dostoevskij, F.M., I fratelli Karamazov, cit., p. 332.
24 Verga, G., I Malavoglia, cit., p. 109.
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(1) parziali: se narrano un evento isolato o se terminano con una ellissi, senza cioè ricollegarsi
al momento presente del racconto primo; ad es., se il momento presente del racconto
primo è il 1920, un’analessi parziale concernerà gli anni 1900-1910;
(2) complete: se narrano eventi che si ricollegano al momento presente; ad es., se il momento
presente del racconto primo è il 1920, un’analessi completa concernerà gli anni 1900-
1920.
Inoltre, le analessi possono essere:
(1) esterne: il racconto anacronico concerne un’epoca diversa da quella del racconto primo;
per es., se il racconto primo avviene negli anni 1900-1920, un’analessi esterna potrebbe
concernere gli anni 1885-1890;
(2) interne: il racconto anacronico concerne un’epoca già coperta dal racconto primo; per es.,
se il racconto primo avviene negli anni 1900-1920, un’analessi interna potrebbe
concernere gli anni 1905-1910. A loro volta, le analessi interne possono essere:
(A) eterodiegetiche: raccontano fatti accaduti ad altri, a personaggi diversi dal
narratore, non attivi nel racconto primo quando esso era giunto al momento
dell’analessi;
(B) omodiegetiche: raccontano fatti accaduti allo stesso narratore o a un personaggio
attivo nel racconto primo, ma non citati nello stesso racconto primo. Le analessi
interne omodiegetiche si possono ulteriormente suddividere in:
(a) completive: colmano una lacuna del racconto o ellissi;
(b) ripetitive: viene rinarrato un evento già narrato. Queste ultime possono
avere:
(i) ‘significazioni differite’: un evento narrato come misterioso o privo
di significato acquista significato nel momento in cui viene
raccontato;
(ii) ‘sostituzioni di significato’: un evento, all’atto di essere raccontato,
ci viene proposto con un significato diverso da quello che ci era
stato proposto al momento in cui era stato raccontato la prima volta;
(3) miste: il racconto anacronico concerne un’epoca che inizia prima della data di inizio del
racconto primo, ma termina in un’epoca successiva a quella data; per es., se il racconto
primo avviene negli anni 1900-1920, un’analessi mista potrebbe concernere gli anni 1895-
1905).
Vanno inoltre presi in considerazione anche i seguenti due casi:
(a) la possibilità che si abbiano prolessi all’interno di analessi. Si veda il seguente brano
tratto sempre da I fratelli Karamazov:
«[…] Pëtr