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TEMA DELL’INTERPRETAZIONE DEL DIRITTO
L’interpretazione è il processo logico per passare dagli enunciati alle norme, dai significanti ai significati. Le norme
sono codificate in enunciati verbali, messi su supporto cartaceo; le regole sono il senso di questi enunciati verbali.
Essi possono avere una pluralità di sensi, l’attività interpretativa è l’attività di attribuzione del senso normativo
dell’enunciato verbale, è un’attività logica che può essere esercitata secondo diversi metodi. Per cercare di garantire
la certezza del diritto il legislatore è intervenuto anche in tema di interpretazione. L’Art. 12 delle preleggi parla
dell’interpretazione della legge, è il decalogo dell’attività di interpretazione delle fonti. Ci indica le varie fasi per
attribuire un senso, si segue un procedimento per gradi.
Primo tipo di interpretazione: letterale, dall’enunciato traggo ciò che l’insieme delle parole rende. L’interpretazione
letterale può essere restrittiva o estensiva, bisogna capire qual è il senso della norma. Nel caso in cui non si riesca a
trarre il senso dall’interpretazione letterale si è affiancati dall’intenzione del legislatore, cioè la ratio della norma.
Secondo tipo di interpretazione: intenzione del legislatore, ratio, l’intenzione del legislatore risiede nei lavori
parlamentari, i quali contengono le valutazioni che storicamente hanno portato ad adottare quella decisione
piuttosto che un’altra, cioè la ratio per cui il legislatore ha emanato quella regola di condotta. Le motivazioni delle
norme emanate anni fa talvolta non sono più le stesse di oggi. Nel caso in cui le motivazioni rimangano le stesse, la
ratio è data dall’interazione che quella norma spiega con il resto dell’ordinamento. La ratio quindi non è più quella
soggettiva (cioè quella storica) ma quella oggettiva (quella attuale), ovvero la ragione per cui nonostante siano
cambiate le condizioni sociali, politiche, economiche quella norma esiste ancora. Non si ragiona sui lavori storici ma
in base a quale esigenza attuale risponde la legge.
Terzo tipo di interpretazione: interpretazione analogica, consiste nell’applicare una disciplina prevista per casi simili.
Ci sono due ipotesi di analogia, analogia legis e analogia iuris. L’analogia legis è il “caso simile” ovvero una fattispecie
che non trova una disciplina espressa nella fonte ma è rinvenibile una disciplina espressa in una ipotesi molto affine.
Nel caso in cui manchino anche norme che regolino casi simili, la lacuna può essere colmata facendo ricorso ai
principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato, ricavabili per via interpretativa, in questo caso si applica
l’analogia iuris. Per esempio: figlio legittimo e naturale, la posizione del figlio naturale non è uguale a quella del figlio
legittimo. Vado ad applicare estensivamente una disposizione specifica al figlio naturale la disposizione del figlio
legittimo. Diversa è l’ipotesi della disciplina di un figlio legittimo e di un soggetto interdetto, perché malato di mente.
Non ci sono posizioni equiparabili, analogia iuris, materie analoghe. Un altro esempio è quello del mercato
dell’energia eolica o idrica, sono mercati completamente diversi, ma se si possono creare problemi nel settore
eolico, vado a ricorrere alle fattispecie che riportano gli stessi elementi tali per cui la ratio di una disposizione
potrebbe essere la stessa. Su questo punto l’art. 14 delle preleggi limita il procedimento per analogia, dicendo che
esso non si applica nel diritto penale, non si usa solo in malam partem. Non posso usare l’analogia se essa va a
limitare la libertà personale, se invece l’applicazione della stessa determina la non applicazione della sanzione, quella
analogia devo applicarla obbligatoriamente perché altrimenti andrei contro il principio di uguaglianza.
Quarto tipo di interpretazione: interpretazione sistematica, è la norma di chiusura del cerchio. Ci dice che se non si
riesce a trarre un significato normativo dalle parole, dagli obiettivi e da casi simili, dobbiamo cercare di trarre un
Rivisitazione personale degli appunti di “Istituzioni di Diritto Pubblico” dalle lezioni tenute dal Prof. Tosi Dario Elia.
significato normativo, di trovare una regola da applicare guardando all’insieme del sistema. Si guarda quindi la
posizione che il sistema ha su determinate problematiche.
Lacuna interna e lacuna esterna.
La lacuna interna è una mancanza di una posizione espressa da parte del sistema giuridico, la lacuna esterna è una
limitazione della sfera di azione dell’ordinamento giuridico.
Le disposizioni sulle interpretazioni sono inserite nell’art.12 delle preleggi, che a loro volta devono essere oggetto di
interpretazione. Gli interpreti del diritto possono essere studiosi, cittadini e il legislatore, ma l’unico che può dare
un’interpretazione vincolante per tutti è il legislatore che con un atto normativo chiarisce la legge.
Elenco delle fonti del nostro sistema.
La Costituzione è una fonte sovraordinata ed è divisa in articoli, all’interno la struttura del documento vede delle
partizioni in “principi fondamentali” e in “parti”, prima e seconda; all’interno delle parti ci sono i titoli, dedicati a
delle macro aree e all’interno dei titoli vi sono le sezioni. All’interno delle sezioni vi sono gli articoli che a loro volta
sono strutturati in commi (paragrafi). In alcuni testi, non in Costituzione, vi sono anche le rubriche, che si affiancano
ai titoli e sintetizzano l’oggetto della disposizione. La Costituzione prevede all’art. 138 e seguente la procedura per la
sua revisione, essa infatti non è immutabile, è il frutto di un’assemblea costituente ma si ha la possibilità di cambiare
le regole fondamentali, non è un documento perpetuo. Il cambiamento della Costituzione rappresenta l’esercizio di
un potere sommo ma è pure sempre un potere costituito (quando si rivede la Costituzione), si ha invece un potere
costituente quando si sta elaborando una Costituzione. La costituzione segna l’inizio di un modo di vivere, crea,
costituisce qualcosa che prima non vi era; la revisione costituzionale invece interviene su qualcosa che già esiste. Il
potere costituente è un potere che operando in assenza di strutture è un potere libero, non incontra limiti; il potere
costituito opera in una realtà in cui già esiste una struttura, frutto del potere costituente, e proprio perché opera in
quella struttura il potere costituito è legittimo se e solo se esso risponde ai requisiti procedurali e sostanziali fissati
dal potere costituente. Il nostro potere costituente ha avuto un solo limite: con il referendum del 2 giugno 1946 il
popola ha deciso che il nostro sistema sarebbe stato repubblicano (Art.139). L’assemblea costituente approva la
Costituzione e definisce le modalità per la sua revisione. L’elemento di compromesso lo si ritrova nel processo di
revisione perché esso si caratterizza dalla richiesta che il costituente ha fatto che si proceda a cambiare la
costituzione solo se ci sia un consenso che vada oltre la maggioranza di governo. Nell’art.138, primo comma, la
procedura è la stessa identica sia che si intervenga sul testo della costituzione, sia nell’intervento di integrazione
della Costituzione. Nel secondo comma il procedimento di revisione è bicamerale, sono leggi di revisione e leggi
costituzionali. Non è specificato chi possa proporre le leggi di revisione costituzionale, ma essendo leggi, l’art. 71
afferma che sia il Governo a proporre l’iniziativa di legge, quindi è il Governo a proporre le leggi. Non dice molto
riguardo il procedimento, quindi si deduce che le norme siano le stesse del procedimento legislativo ordinario, le
norme specifiche che differenziano il processo di revisione costituzionale da quello ordinario sono inserite nel primo
comma: nella prima votazione la maggioranza nelle camere non è prescritta quindi è una maggioranza semplice,
nella seconda votazione invece la maggioranza deve essere assoluta. I tre mesi di attesa servono a riflettere sulla
deliberazione assunta dal Parlamento ed infine il testo viene nuovamente approvato a maggioranza assoluta. È
possibile proporre degli emendamenti ma i regolamenti prevedono che si possa presentare soltanto durante la
prima fase di approvazione, perché se fosse emendabile il disegno di legge costituzionale nella seconda parte noi
avremmo una elusione del testo costituzionale. L’art. 138 dice che la legge di revisione deve essere approvata per
due volte perché il Parlamento deve esplicitare la volontà precisa di modificare la costituzione. Il disegno di legge
costituzionale va alla Camera dei Deputati e deve essere approvato a maggioranza semplice, in seguito va al Senato e
deve essere approvato con maggioranza semplice, dopo tre mesi torna alla Camera dei Deputati dove deve essere
approvata a maggioranza assoluta, torna quindi al Senato dove anche lì deve ottenere la maggioranza assoluta. Dopo
essere stato approvato il disegno di legge finisce sulla Gazzetta Ufficiale. Nell’articolo 138 è presente anche una
garanzia per le minoranze, infatti se entro tre mesi dalla pubblicazione, 1/5 dei membri del Parlamento, 500.000
elettori o 5 consigli regionali, lo chiedano, la Costituzione non è promulgata. Questo è un referendum confermativo
o approvativo, perché si chiede di confermare la delibera del Parlamento. La legge che è sottoposta a referendum
viene promulgata anche se il corpo elettorale si è totalmente disinteressato, basta il 50% + 1 dei votanti, questo
articolo non impone un quorum strutturale, perché questo è un atto endoprocedimentale. Nel terzo comma si
Rivisitazione personale degli appunti di “Istituzioni di Diritto Pubblico” dalle lezioni tenute dal Prof. Tosi Dario Elia.
hanno tre mesi in cui le minoranze possono chiedere il referendum, se lo richiedono si va al voto e se si ottiene il
50% + 1 dei voti la legge passa e allora il presidente approva la legge; se entro tre mesi non viene richiesto il
referendum e quindi la legge costituzionale va bene anche alle minoranze, dopo 3 mesi si va dal Presidente della
Repubblica per l’approvazione. Non si fa luogo al referendum e si va subito alla promulgazione se al posto della
maggioranza assoluta, si ha nella seconda votazione la maggioranza dei 2/3, perché questa maggioranza rappresenta
quel compromesso fra maggioranza e minoranza che replica quel consenso che si è cercato all’interno
dell’assemblea costituente. Questo processo cerca di salvaguardare la costituzione da modifiche unilaterali, richiede
massima cautela nell’approccio alla modifica del testo costituzion