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Estratto del documento

Friedrich von Schlegel (1772- 1829): Con il fratello August Wilhelm una delle figure chiave del Roman-

• ticismo, pubblica nel 1808 un libro destinato a enorme risonanza, Über die Sprache und Weisheit der In-

dier (Sulla lingua e sulla sapienza dell’India).

Friedrich Max Müller (1823-1900): Grandissimo studioso di lingua e letteratura sanscrita, vedica in par-

• ticolare, decisivo è il suo interesse per il mondo religioso antico indiano e indoeuropeo. Dirige, fra l’altro,

la fondamentale collana dei Sacred Books of the East (50 voll., Oxford 1879-1910).

• William Jones (1746-1794): Giudice della corte Suprema di Calcutta, è uno dei fondatori della Asiatic

Society of Bengal, ed è fra i primi ad affermare e a rendere autorevole l’idea della parentela fra il sanscri-

to e lingue dell’Europa antica.

Gli inglesi non entrano in contatto con la cultura araba (ispirata alla Persia) che ha invaso l’India, il musul-

mano indiano sarà visto come un indiano di serie B (diversamente dall’indiano dalla cultura sanscrita) e sarà

questo uno dei motivi che porterà alla partizione del paese e all’integralismo indù.

La prima scoperta è quella legata all’apparentamento delle lingue, in seguito vengono scoperti i testi.

In India esiste una letteratura in sanscrito antichissima. La storia in senso letterale del termine purtroppo non

è stata trascritta, e gli eventi storici maggiori sono stati mitizzati dalla letteratura. Le uniche fonti storiche

attendibili sono le epigrafi sui monumenti. Esiste un solo testo storico, scritto intorno all’II secolo in una

zona marginale dell’India (Kashmir) in cui si raccontano gli avvenimenti del regno. I massimi poeti dell’In-

dia antica non sono cronologicamente collocabili se non attraverso l’intuito, e la loro vita è legata a leggen-

de; il risultato è quello di una letteratura anonima o legata a nomi di cui si hanno scarsissime conoscenze.

Tuttavia, la lingua e i contenuti di alcuni testi denunciano origini antichissime.

Letteratura dei Veda

Veda significa scienza. I testi vedici sono testi sacri per l’induismo e l’induista è chiamato a credere in questa

verità. Non sono propriamente testi rivelati da Dio, ma testi da sempre esistenti, eterni, che una serie di veg-

genti - i rishi - in epoca remota hanno ascoltato sotto forma di sillabe eterne e li hanno poi trasmesse agli

uomini. In India il sapere funziona sempre in questo modo: esiste. Nella concezione indiana nulla è creato,

tutto è sempre esistito, va solo catturato, compreso e divulgato.

I Veda non sono emanati da qualcuno, ma da sempre esistenti, infatti fanno parte di una branca della lettera-

tura che si chiama Sutri (sciutri): ‘audizione’. La rivelazione vedica si divide in gruppi di testi.

Avvento della religiosità vedica e brahmanica: dal 1500 a.e.c. circa.

Testi vedici (śruti, “audizione”, cioè “rivelazione”).

Sono divisi in 4 gruppi che presuppongono i precedente (il brahmana presuppone il samitha, l’arayanka pre-

supppune il brahmana…) per questo motivo Max Muller intuisce che siano stati scritti in successione.

1. Saṃhitā: ‘Raccolte’ 7

2. Brāhmaṇa: “Testi sul brahman” o “dei brahmani”: sorta di manuali sul sacrificio

Āraṇyaka: “Testi della foresta”

3. Upaniṣad: “Dottrine riservate”

4.

1. Saṃhitā: “Raccolte”, la parte più antica in assoluto. Si divide in 4 parti:

Ṛgveda: veda degli inni. La parte più antica. Esiste una sola recensione, non ci sono varianti.

• Sāmaveda: veda dei canti, sono versetti del Rgveda risistemati per essere cantati

• Yajurveda: veda delle formule

• Atharvaveda: raccolta di inni magici per incantesimi

Scritti in sanscrito vedico, estremamente complicato. Sono inni (poesie) che lanciano invocazioni alle più

antiche divinità maschili (apparentate con altre divinità indoeuropee) e servono per le cerimonie dei sacrifici

in loro onore. Sono testi che hanno impegnato un numero enorme di studiosi nel tentativo di decriptarli per-

ché la maggior parte degli elementi presenti risulta ancora misteriosa. Conosciamo e storie ma non i miti che

stanno dietro. Gli stessi induisti capiscono poco dei veda. Nonostante la loro oscurità, la cosa fondamentale è

la loro pronuncia che deve essere corretta, se sbaglio a pronunciare l’inno posso andare incontro alla cata-

strofe. I versetti del inni si chiamano mantra, successivamente verranno chiamate mantra anche delle pre-

ghiere brevi che possono avere un significato così come non averlo, ma il cui sono può esaudire un desiderio.

Il mantra che il maestro consegna al discepolo ha natura diversa: meditazione.

Mantra: ‘tra’ è il suffisso indoeuropeo ‘tro’ (me-tro) che significa strumento (in latino e greco E/O

• diventano in sanscrito: A); man è la radice verbale che si trova nella parola ‘mente’. La traduzione po-

trebbe essere: strumento per la mente o strumento per pensare, il significato invece è: breve formula di

preghiera.

Esempi di divinità:

• Indra: re degli dei, dio guerriero che sconfigge i demoni

• Varuna: Dio potentissimo che nel tempo viene soppiantato da Indra, signore oscuro legato al cielo stel-

lato e all’oceano. È il dio più etico, è colui che punisce i malvagi. Punisce con il cappio

Agni: (Ag-ni): è il dio del fuoco sacrificale, lo si invoca come veicolo per portare le offerte agli dei.

• Soma (‘o’ chiusa): è una divinità identificata con la luna. La luna ha vari nomi fra cui Soma, ed è vista

come un recipiente che si riempie e si svuota. Soma è anche una sostanza che si offre agli dei per forti-

ficarli, Indra ne è un grande consumatore. Non si sa esattamente cosa fosse, ma quasi certamente un

succo semi allucinogeno filtrato da una pianta, forse efedra o amanita muscaria, ma non si può sapere

con certezza.

George Du Mesille si è occupato della comparazione fra le varie divinità indiane, latine e germaniche, ana-

lizzandole in base alla loro funzione.

• Sacrificio: Il sacrificio vedico è alla base degli inni. Esistono due tipi di sacrifici:

Quello più domestico: fatto dal capo famiglia

• Solenne: con un committente che incarica dei bramani per la celebrazione. Si costruivano altari di

mattoni per invocare la divinità. Il dio arrivava sul posto e dopo essersi cibato delle offerte esaudiva i

desideri. Il rito del sacrificio è privo di immagine religiose e di templi. Gli dei sono descritti in modo

antropomorfo ma non sono raffigurati da statue. Vengono invocati per ottenere dei benefici materiali

immediati (la richiesta di una lunga vita o di avere molti figli maschi. I figli maschi sono gli unici in-

dividui che in vita possono mantenere - grazie al sacrificio agli dei - i loro antenati nell’aldilà). Non

esistono qui i concetti chiave di Karman, reincarnazione e ciclo della vita. I vedici hanno una visione

meno spirituale di quella del pensiero indiano successivo ed è molto concentrata sul ‘maschio’. I sacri-

fici comportano l’uccisione di animali che vengono bruciati insieme a vegetali; il fuoco è il veicolo

che porta alla divinità la vittima sacrificale. Gli animali vengono uccisi fuori dall’area sacrificale e

sono animali da allevamento: capre, pecore e bovini. Vacche e tori vengono sacrificati agli dei solo in

seguito. Le stesse carni si possono mangiare (vedi paragrafo sui sacrifici).

L’ipotesi è che verso il 1400/500 a.c. avviene la migrazione

4. Upaniṣad: “Dottrine riservate” 8

La stesura dell’Upanishad cambia la storia, portando lentamente e progressivamente alla dissoluzione del

mondo vedico e alla nascita di nuove divinità e di nuovi concetti basilari per la cultura indiana, come Kar-

man e ciclo delle rinascite e la liberazione. Max Muller fa notare che queste ‘innovazioni’ contenute nell’U-

panishad si trovano anche nel buddismo (di cui conosciamo la data nascita grazie alla vita del Buddha) è

probabile dunque che il testo sia stato scritto in epoca vicina a quella della nascita del Buddha (V/VI secolo

circa). Considerando il tempo necessario per la mutazione linguistica, Muller ritiene che sia necessario uno

scarto di circa 200 anni fra la stesura dei vari testi, arrivando così a datare il samhità/rgveda approssimativa-

mente intorno al 1440 a.c. I testi vedici Vengono tramandati oralmente per secoli da maestro a discepolo, ma

la loro prima stesura scritta risale all’epoca dell’invasione araba, durante la quale vengono trascritti per paura

che vadano persi.

Verso il 1500 si suppone dunque che si avvenuta verso l’India la migrazione di genti parlanti lingue indoeu-

ropee. Questi popoli portano con sé la loro religione e la loro poesia (che si esprime nel rgveda) in una lingua

indoeuropea apparentata con le altre lingue europee; si suppone perciò che il resto dei veda sia stato via via

composto in terra indiana. Tutto è stato supportato dal fatto che in un piccolo regno dell’Asia Minore - Mi-

tanni - si scopre un testo che racconta di un patto fatto fra il rego e un sovrano ittita in anatolia. Nel patto si

nominano degli dei che hanno lo stesso nome di quelli vedici, dunque i veda sono per forza passati dall’Asia

Minore (1400). Ci sono altre parole vediche nella documentazione di questo regno.

Dopo la formulazione della teoria di Muller viene scoperta la civiltà dell’Indo; incrociando tutti gli elementi

storici si è quindi formulata una seconda teoria storica, cioè che gli Arii siano emigrati in India e abbaino

distrutto la civiltà dell’Indo. Teoria che però viene presto scartata dopo aver accertato che la civiltà dell’Indo

è morta di morte naturale forse a causa di un terremoto, di un’inondazione o di qualche altra calamità natura-

le che l’ha impoverita al punto da dissolverla. Di fatto, però, nei veda troviamo menzione degli Arii che arri-

vano e fanno razzia (nei testi sono chiamati Dasa) saccheggiando e distruggendo le cittadelle. Gli Arii (o

Aria) trovano un’India già abitata che ci descrivono appunto nei Veda trascritti dai bramani. Questa è la sto-

ria - ristretta a una piccola parte dell’India che darà vita all’induismo - che noi conosciamo; una storia che

rimane un’ipotesi legata alla lingua. Si tratta insomma solo di una supposizione che, non essendo supportata

sufficientemente da fonti storiche o archeologiche certe, negli anni recenti è stata mesa in discussione. Degli

altri popoli abitanti il territorio non sappiamo quasi nulla.

Errore nel Walpert: i primi testi scritti risalgono a

Dettagli
A.A. 2016-2017
52 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/18 Indologia e tibetologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher arianna.zoggia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Indologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Pieruccini Cinzia.