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Rashkoff. Diversa sarà quindi anche la sensibilità che queste fibre
veicolano. Interpretare la variazione della sintomatologia significa
capire che il grado di infiammazione può essere o iniziale o molto
avanzato.
La vascolarizzazione è di tipo terminale e quindi la circolazione è
sfavorevole (il sistema venoso non è in grado di drenare tutto ciò che
si trova nella polpa in quanto è contenuto all’interno di strutture
inestensibili). Le arteriole che compongono la vascolarizzazione
terminale hanno origine da una o due arteriole che penetrano
attraverso il forame apicale e si portano fino allo strato di Weil e
ricevono l’innervazione da fibre simpatiche amieliniche
vasocostrittrici.
Il rallentamento degli scambi metabolici e la riduzione del trofismo
tissutale causa la formazione di calcificazioni (espressione di
sofferenza pulpare). Una polpa “anziana” è caratterizzata da scarsi
odontoblasti, da fibre collagene, da fibroblasti, da calcificazioni e da
un ridotto lume canalare.
Sensibilità, due teorie:
⁃ teoria idrodinamica (più accreditata);
⁃ processo odontoblastico come recettore.
La sensibilità è spesso l’espressione della presenza di un liquido
all’interno dei processi dentinali che subisce variazioni osmotiche. La
teoria di tipo fluido-dinamico fornisce gran parte delle spiegazioni
riguardanti la sensibilità ma non tutte e quindi è soggetta a continue
revisioni.
Fisiopatologia della polpa dentale.
Per valutare lo stato di salute pulpare si usano solo segni e sintomi,
non esistono esami strumentali o parametri chimico/fisici.
Cause di reazioni pulpari? Agenti fisici, chimici e batterici. Gli agenti
fisici e chimici rappresentano lo 0,5% degli insulti pulpari (ad es.
traumi non correttamente trattati).
I veri responsabili delle reazioni pulpari sono quindi i batteri: quando
essi superano la giunzione amelo-dentinale si genera un processo
infiammatorio (aumento della vascolarizzazione, attivazione degli
odontoblasti che depongono dentina terziaria). Anche in presenza di
una white spot si ha un coinvolgimento pulpare.
Le conseguenze iniziali del processo infiammatorio sono
l’obliterazione dei tubuli dentinali e la formazione di un vallo fibroso
(perdita di parte dello strato odontoblastico). Le conseguenze finali di
un processo infiammatorio sono la presenza di una polpa meno
difendibile rispetto ad una polpa sana. Le strutture nervose
subodontoblastiche agiscono come mediatori chimici
dell’infiammazione.
In conclusione la reazione infiammatoria causata dai processi cariosi è
una reazione di tipo cronico. Dall’inizio del processo carioso
(giunzione amelo/dentinale) all’invasione della camera pulpare il
tempo che intercorre è di almeno 2-4 anni e questo porta
all’instaurarsi di una reazione di tipo cronica. Una pulpite acuta non è
altro che una riacutizzazione di un processo cronico.
La pulpite (infiammazione della polpa) è quindi un evento acuto su
un quadro patologico di tipo cronico. Il passaggio dalla forma cronica
alla forma acuta si verifica quando l’omeostasi della condizione
cronica viene meno.
Classificazione delle pulpiti.
La pulpite può essere classificata su base istologica ma questo non è
realizzabile ovviamente nella pratica clinica. Quindi bisogna cercare
di capire, attraverso segni e sintomi, in che stadio si trova la pulpite.
Le pulpiti al lato pratico si dividono in due categorie: reversibili
(vanno conservate) e non reversibili (vanno eliminate). Quindi
quando si pone diagnosi di reversibilità si pone diagnosi di una
pulpite che può essere curata.
Per effettuare una diagnosi corretta bisogna quindi raccogliere un
corteo di segni e sintomi inserirti nel contesto clinico.
Appunti di Endodonzia, 25/10/2016 (Prof. Gagliani)
La pulpite è un evento acuto su un quadro clinico cronico. La lesione,
non appena interessa le parti superficiali dello smalto, determina una
reazione indiretta a livello pulpare: esistono dei mediatori chimici,
provenienti dalla componente batterica, che elicitano una reazione di
tipo infiammatorio. Questa reazione cronica, una volta perduta
l’omeostasi pulpo-dentinale, determina una reazione di tipo acuto che
si manifesta con un quadro sintomatologico esplicito.
Pulpite: corteo di segni e sintomi inseriti nel contesto clinico. E’ il
contesto clinico che ci dà le informazioni se una pulpite è reversibile
o meno.
In presenza di pulpite bisogna quindi stabilire se il dente è:
⁃ vivo e vitale —> vivo e in grado di riparare;
⁃ vivo e non vitale: non ha la capacità intrinseca di reagire ad uno
stimolo ——> vivo e non in grado di riparare.
Bisogna capire se la polpa dell’elemento dentale è in grado di reagire
positivamente o negativamente alla situazione o all’applicazione di
meccanismo diagnostici. Tutto questo deve portare a capire se la
polpa è in grado di reagire.
Una polpa non vitale deve essere rimossa dal contesto canalare —>
pulpectomia. La pulpectomia si distingue dalla pulpotomia, in quanto
quest’ultima toglie solo parte della polpa. La pulpotomia si esegue
quando si stabilisce che la polpa non è affetta da una patologia
irreversibile. In un trauma si può eseguire una pulpotomia a scopo
preventivo. Nei denti che hanno un canale solo è impossibile capire
dove finisce la polpa canalare e inizia quella radicolare, quindi la
pulpotomia si limita solo ai denti pluriradicolati.
Dente vivo e vitale: pulpite reversibile.
Vivo e non vitale: pulpite irreversibile.
Diagnostica.
Algoritmo diagnostico:
⁃ Anamnesi.
⁃ Ispezione.
⁃ Palpazione.
⁃ Auscultazione/Percussione.
⁃ Esami strumentali di supporto.
L’anamnesi è fondamentale perché da questa fase si esce già con un
orientamento. L’anamnesi influenza la diagnosi, proprio per questo è
fondamentale.
Dall’anamnesi è importante ricavare:
⁃ l’età (consente di valutare le capacità rigenerative della polpa -
se il soggetto è sotto i 20 anni il dolore è poco rappresentato, se
il soggetto è anziano sopra i 60 anni il dolore è molto
rappresentato);
⁃ la durata e la tipologia della sintomatologia: la necrosi della
polpa può svilupparsi a livello dei nocicettori nello strato
subodontoblastico e quindi la sintomatologia dolorosa non si
manifesta. Il fatto che il dolore non ci sia più è un fattore che ci
fa capire che la patologia è andata avanti. Come è cambiato il
dolore? Il dolore è spontaneo o provocato? Intermittente o
continuo? Localizzato o irradiato? Queste connotazioni del
dolore ci danno le informazioni fondamentali per capire se la
pulpite è irreversibile o reversibile.
Qualificazione del dolore:
⁃ reversibile: localizzato, intermittente, provocato;
⁃ irreversibile: irradiato, continuo, spontaneo.
Il dolore localizzato appartiene ad una sfera della sintomatologia
algica in cui non abbiamo la possibilità di localizzare la sede in modo
preciso. La sintomatologia algica deriva quindi da luoghi in cui la
localizzazione può essere precisa. La sensibilità veicolata dai
nocicettori pulpari è assolutamente poco prevedibile. Il luogo dove
queste sintomatologie devono essere decodificate a livello corticale è
poco rappresentato.
Il dolore localizzato è molto prevalentemente un dolore di tipo
parodontale, mentre il dolore irradiato è dato dall’infezione pulpare.
Dolore irradiato:
⁃ verso l’occhio: tempia zigomo: dente arcata superiore;
⁃ verso l’orecchio: dente arcata inferiore.
Un ascesso a carico del canino superiore dà una sintomatologia a
carico dell’occhio a causa di un ridotto drenaggio linfatico dell’area
oculare, con conseguente rigonfiamento dell’area orbitaria.
Il dolore di notte aumenta in quanto la posizione declive fa sì che
l’afflusso di sangue sia maggiore all’interno del dente, con
conseguente aumento dell’edema.
Dolore spontaneo: dolore che si manifesta senza l’applicazione di
stimoli esterni.
Dolore provocato: causato dall’ingestione di alimenti con un
potenziale osmotico considerevole, cibi caldi e freddi, masticazione,
cibi dolci. Il dolore provocato dà sempre la possibilità della
reversibilità ma non è un paradigma assoluto. Il dolore viene
ulteriormente connotato con una elicitazione del dolore stesso con
l’ingestione di alimenti caldi o freddi. Un dolore esacerbato va
distinto dal dolore provocato in quanto parte da una soglia in cui vi è
una sintomatologia di modesta entità, la quale aumenta molto di più
all’ingestione di cibi caldi o freddi.
Appunti di Endodonzia, 08/11/2016 (Prof. Gagliani)
Non è sufficiente fare diagnosi solo con l’anamnesi, ma servono altre
prove per localizzare il dente colpito. Bisogna quindi ricorrere
all’esame obiettivo: ispezione, palpazione, percussione. Gli esami
strumentali sono da organizzare solo ed unicamente dopo aver fatto
l’esame obiettivo.
Ispezione.
Obiettivo: individuare l’elemento dentario responsabile della lesione
curiosa.
Come eseguire l’ispezione:
⁃ asciugare superficie smalto e gengive: così facendo lo smalto si
disidrata e assume una caratteristica gessosa;
⁃ utilizzare sonda a punta smesso per non ledere la giunzione
smalto-dentina;
⁃ valutare la variazione del cromatismo dello smalto: asciugando
si nota il colore gessoso tipico;
⁃ valutare l’estensione della lesione cariosa: bisogna capire in che
direzione è andato il processo (se verso la superficie occlusale o
se verso la superficie mesiale o distale).
Palpazione.
Bisogna andare a palpare i tessuti di sostegno del dente, ovvero le
gengive e la mucosa alveolare. Attraverso la palpazione noi siamo in
grado di capire quali siano i coinvolgimenti dei tessuti periapicali in
caso di patologie pulpari. Bisogna quindi percorrere con il dito indice
tutto il fornice per valutare la presenza di eventuali tumefazioni o per
apprezzare eventuali sintomatologie algiche che il paziente ci
riferisce.
Percussione.
La prova della percussione si fa con il manico dello specchietto sul
margine occlusale dell’elemento. Questa manovra ci fornisce
l’informazione di un eventuale coinvolgimento del legamento
parodontale. Il fatto di avere un dente dolente alla percussione ci fa
fare diagnosi di patologia pulpare irreversibile, perché il grado di
infiammazione è tale da coinvolgere anche i tessuti periapicali e il
legamento parodo