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Heichmann in Argentina; nel momento in cui gli agenti del governo israeliano hanno
compiuto questa cattura, hanno compiuto un’azione coercitiva violando la sovranità
territoriale Argentina (ricordiamo che avevano poi “rimediato” chiedendo scusa).
Episodi di questo genere non mancano nella prassi internazionale e normalmente si
risolvono tutti in questo modo. A Bardonecchia, pochi giorni fa, alcuni agenti della
dogana francese hanno fatto irruzione nella stazione di Bardonecchia e hanno
50
costretto una persona che arrivava dalla Francia a fare degli esami; in questo caso, a
detta della Francia, non c’è stata alcuna violazione della sovranità italiana, anzi, si è
fatto valere un accordo di cooperazione doganale concluso tra Italia e Francia nel
1990. A proposito di questo, esistono poi alcune regole nel contesto degli Accordi di
Schengen (soppressione dei controlli alle frontiere tra gli Stati dell’Unione europea);
questa situazione di soppressione dei controlli si è controbilanciata mettendo in atto
alcune misure di cooperazione di polizia (per i casi relativi ad esempio alla fuga di
Istituto
criminali da uno Stato all’altro). A tale proposito venne creato l’
dell’inseguimento transfrontaliero; per cui se alcuni agenti di polizia stanno
inseguendo un criminale e oltrepassano una frontiera non presidiata possono
proseguire l’inseguimento in un altro Stato, anche se a una serie di condizioni:
informando immediatamente le autorità della Stato sul quale vanno a operare e
quando queste ultime riescano ad intervenire, bisogna lasciar intervenire loro. Nel
caso di Bardonecchia non si sta parando di un vero e proprio inseguimento oltre
frontiera; la persona protagonista della vicenda era su un treno che arrivava dalla
Francia e si sospettava che trasportasse della droga, ciò ha portato all’intervento delle
forze di polizia a Bardonecchia (ciò non farebbe valere il caso di inseguimento
transfrontaliero).
Tornando al principio generale, dobbiamo aggiungere che, il linea di principio, lo Stato
territoriale gode della massima libertà circa le forme e i modi con cui esercitare i propri
poteri di governo. Anche se in realtà il diritto internazionale ha gradualmente imposto
dei limiti allo Stato proprio nell’esercizio del suo potere interno, ad esempio quelli
relativi al trattamento della persona in quanto tale, a prescindere dalla sua nazionalità
(dunque si tratta di diritti umani). Oppure ancora i limiti discendenti dal diritto
internazionale dell’ambiente, tradizionalmente la sovranità territoriale implicava la
piena libertà di sfruttare le risorse naturali presenti sul territorio, ma in seguito a
preoccupazioni ambientali, si sono posti dei limiti allo Stato anche su questo versante
(ma lo vedremo poi).
Veniamo ora alle limitazioni riguardanti il trattamento degli stranieri, e questo si
articola più precisamente in 3 profili:
I. Trattamento degli stranieri intesi come persone fisiche e giuridiche (ed
i suoi beni): concentrandosi sulle regole consuetudinarie del diritto
internazionale classico possiamo essenzialmente ricavarne tre:
“dell’attacco sociale”:
- La regola
Lo Stato territoriale non può imporre allo straniero delle prestazioni che non
siano giustificate da un sufficiente collegamento (o attacco sociale) dello
straniero con la comunità territoriale. Un primo esempio può essere quello
relativo al fatto che ad uno straniero non può essere imposto il servizio militare,
poiché richiede quel massimo attacco sociale rappresentato dal vincolo di
cittadinanza. Un secondo esempio è il fatto che ad uno straniero possono essere
imposte delle richieste in ambito fiscale solo se lo straniero svolge delle attività
o possiede dei beni sul territorio dello Stato. Un terzo esempio deriva dall’ipotesi
di se e come un giudice italiano può giudicare uno straniero. Riguardo a questo
territorialità
vanno seguiti tre criteri: il criterio della quando lo straniero ha
compiuto un reato sul territorio italiano. Viene previsto anche il criterio di
nazionalità passiva, che significa che uno straniero diventa “giudicabile” da un
giudice italiano se commette un reato (anche all’estero) solo se la vittima è un
51 nazionalità attiva
cittadino italiano. Il principio della viene invece applicato nel
momento in cui un cittadino italiano commette un reato particolarmente grave
all’estero (la vittima quindi è straniera) e dunque è giudicato da un tribunale
italiano. Questi tre criteri giustificano quindi un attacco sociale.
“protezione dello straniero”:
- L’obbligo di
Significa che lo Stato territoriale è tenuto ad adottare le misure idonee a
prevenire reprimere
e le offese nei confronti dello straniero e dei suoi beni. Ma
come fa uno Stato a prevenire ciò? L’obbligo si considera adempiuto nel
momento in cui lo Stato ha un apparato di polizia normalmente funzionante e in
grado di mantenere l’ordine, ma in talune situazioni specifiche (come nel caso
in cui ci sia un gruppo di stranieri presenti sul territorio che necessita di
particolari attenzioni: es. atleti israeliani, visita di organi ufficiali…) si potranno
richiedere misure ad hoc. E per quanto riguarda la repressione delle offese nei
confronti dello straniero e dei suoi beni? Come agisce lo Stato? Tramite
l’esistenza di un apparato giudiziario funzionante al quale lo straniero possa
rivolgersi per ottenere giustizia e ottenere risarcimento dei danni subiti.
Il versante relativo ai beni dello straniero è un po’ complesso; il problema si
espropriazione nazionalizzazione
pone soprattutto alle ipotesi di o di dei beni
stranieri. L’ipotesi più ricorrente è quella relativa a una compagnia
multinazionale che avendo la casa madre normalmente in un paese avanzato,
compia degli investimenti sul territorio di un altro Stato ma può verificarsi che i
beni di proprietà di questa società vengano espropriati o nazionalizzati dallo
espropriazione
Stato territoriale. Per si parla di solito in riferimento a singoli
nazionalizzazione
beni, mentre di si parla con riferimento a intere categorie di
imprese (nazionalizzazioni sovietiche dopo la nascita dell’Urss). Quindi lo Stato
si appropria di beni appartenuti a stranieri; ma questo può farlo? Sì, ma lo Stato
territoriale è tenuto a versare un indennizzo, il problema però si pone sulla
grandezza di questo indennizzo. Nel caso di paesi avanzati esso deve essere
adeguato, pronto ed effettivo (quindi deve corrispondere al valore di mercato
dei beni nazionalizzati); nel caso invece di paesi in via di sviluppo spetta allo
Stato autore dell’espropriazione stabilire l’entità dell’indennizzo tenendo conto
anche di altri fattori. Il dibattito su tutta questa faccenda è stato molto grande
particolarmente per quanto riguarda gli anni ’80 e ’90. Sul piano convenzionale
c’è oramai una fittissima rete di accordi bilaterali in materia di investimenti
(detti BIT), per i quali praticamente qualunque Stato avanzato conclude con
paesi in via di sviluppo per tutelare in qualche modo gli investimenti che
imprese stabilite nel paese avanzato compiono in un paese in via di sviluppo; e
normalmente in materia di indennizzo questi trattati prevedono che esso debba
essere considerato come “indennizzo effettivo”.
La non limitazione per quanto riguarda l’ammissione e l’espulsione di stranieri
– :
Lo Stato territoriale rimane, sempre dal punto di vista consuetudinario, libero di
regolare l’ingresso e l’eventuale esclusione di cittadini stranieri. L’unico obbligo
di diritto internazionale generale è rappresentato dal fatto che lo straniero non
può essere espulso con modalità oltraggiose e qualora si decidesse di farlo,
bisogna dargli un minimo di tempo per fargli concludere i propri affari. E inoltre
secondo alcuni ci sarebbe una regola consuetudinaria che vieta l’espulsione di
una persona verso Stati dove rischierebbe la vita o rischierebbe la violazione dei
diritti umani.
52 istituto
Ma cosa succede se uno Stato viola queste norme? Entra in gioco l’
della protezione diplomatica (NON è la protezione che riguarda gli agenti
diplomatici); lo straniero che ritenga che un determinato Stato abbia violato nei
suoi confronti obblighi relativi al trattamento degli stranieri, deve cercare di
ottenere la tutela del proprio diritto sul piano giudiziario interno allo Stato
territoriale che ha compiuto la violazione, ma laddove non ottenga questa
tutela, può rivolgersi alle proprie autorità diplomatiche e chiedere a queste di
intervenire a sua tutela. Lo Stato che violi le regole sul trattamento degli
stranieri (es. Stato straniero che non protegge adeguatamente un cittadino
italiano), dal punto di vista del diritto internazionale sta compiendo un illecito la
cui controparte (cioè quella lesa) è lo Stato italiano, dunque il cittadino può
richiedere l’intervento dello Stato italiano. Come? Con i normali strumenti che
vengono usati nei casi di controversie internazionali, o ancora ricorrendo a
contromisure, con lo scopo ultimo di ottenere una riparazione dell’illecito
(risarcimento del danno, ma dato allo Stato leso, che eventualmente lo “girerà”
alla singola persona). La fondamentale condizione per cui si possa verificare
questo istituto della protezione diplomatica è quella del cosiddetto “previo
esaurimento dei ricorsi interni”; lo straniero deve prima rivolgersi all’apparato
giudiziario dello Stato straniero ed esaurire i possibili gradi di giudizio. Il titolare
del diritto alla protezione diplomatica non è la persona lesa, ma lo Stato di cui
questa persona ha la cittadinanza.
protezione diplomatica
Nel caso di delle persone giuridiche, nell’individuazione
dello Stato competente ad esercitare la protezione diplomatica ci possono
criterio formale,
essere due possibilità: possiamo ragionare secondo un in base
al quale si stabilisce la nazionalità di una persona giuridica (nazionalità data in
base al luogo di costituzione della società o della sede principale), si può
criterio sostanziale
ragionare secondo un (nazionalità data allo Stato della
maggioranza dei soci). A quest’ultimo proposito il Caso Barcelona Traction: essa
era una società costituita in Canada e in cui aveva la sua sede principale; i cui
soci però erano belgi. La società era attiva in Spagna nel settore della
distribuzione elettrica fino al momento in cui il governo spagnolo ne dichiara il
fallimento (che per i soci belgi è da considerarsi come un’espropriaz