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ENI: Struttura e attività

ENI è una società che opera in diversi settori:

  • Produzione: AGIP
  • Importazione e trasporto: SNAM
  • Distribuzione e vendita: ITALGAS e imprese degli enti locali, le municipalizzate

Il legislatore si trova di fronte ad un blocco di ENI che pervade tutte le fasi della filiera, ostacolando la concorrenza e l'apertura del mercato. Questa situazione rende difficile attuare misure pro concorrenziali, in quanto si tratta di una situazione di fatto e non di diritto. Per risolvere questa problematica, è necessario intervenire sul regime societario e proprietario, oltre che sul regime legislativo.

Si evidenzia subito l'obiettivo, vista la peculiarità della situazione del mercato, di separare le attività commerciali (produzione, importazione e vendita) dalle attività di gestione delle reti (trasporto e distribuzione). Questo perché nel settore delle reti la precondizione per la concorrenza è rendere autonome la gestione delle reti rispetto alle attività di mercato.

Proprio tenendo conto di questa situazione, viene approvato il d.lgs. 164/2000, anche conosciuto come decreto Letta.

che da un parte recepisce la direttiva 30/1998 sulla liberalizzazione del settore del gas naturale e quindi introietta nell'ordinamento nazionale le disposizioni della normativa comunitaria in materia di liberalizzazione; dall'altra stabilisce una serie di disposizioni dirette a disciplinare il mercato italiano alla luce della situazione di fatto in essere. Stabilisce quindi che la vendita del gas può essere svolta solo da società che non svolgono altre attività nel settore, tranne la produzione, l'importazione e l'esportazione: la stessa società operante sul mercato del gas può quindi produrre, vendere e importare, ma non svolgere altre attività del settore, cioè trasporto, distribuzione e stoccaggio (il gas si può stoccare!). Viene quindi stabilita una separazione societaria nel settore; questa previsione impone necessariamente una ristrutturazione del gruppo ENI, che invece operava in tutte le fasi della filiera.

Attraverso le sue società partecipate e dopo 17 anni abbiamo un quadro abbastanza chiaro della ristrutturazione del gruppo ENI che si è consolidata ed evoluta negli anni.

ENI oggi è un gruppo concentrato essenzialmente sulle attività up stream (=a monte della filiera, produzione e importazione) e sulla vendita; non si occupa invece più della gestione di reti, né direttamente né indirettamente.

Abbiamo quindi una separazione sia societaria sia proprietaria rispetto alle attività di gestione di reti: non solo ENI come società non svolge attività di gestione di reti, ma non è nemmeno proprietaria di società che svolgano queste attività.

Il gruppo che si occupa di reti in Italia è il gruppo SNAM, che ora è un gruppo societario autonomo; sia ENI sia SNAM sono società in controllo pubblico, ma sono ora tra loro separati. Nel 2016 c'è stata un terza scissione nel settore: ITALGAS.

che fino ad allora faceva capo a SNAM, si è separata ed è tutt'ora il principale operatore nel settore della distribuzione ed è ora quotata in borsa, a Milano. • Le fasi della filiera del gas La produzione nazionale Ci avviciniamo alla tematica della produzione di idrocarburi in generale (=gas e petrolio); parlando di produzione nazionale dobbiamo distinguere varie attività dal momento che è necessario trovare un giacimento, per cui sono necessarie alcune procedure prodromiche acquisite; per questo l'attività di produzione si sviluppa in fasi progressive: 1. Prospezione: 2. Ricerca: 3. Coltivazione: Le prime due fasi sono prodromiche allo sfruttamento del giacimento: la prospezione consiste in una serie di rilievi del sito, diretti a trovare il giacimento di idrocarburi, escluse le operazioni di perforazioni (=la prospezione non consente la trivellazione). La ricerca invece consiste di tutte le operazioni volte all'accertamento

Della presenza di idrocarburi, incluse le perforazioni meccaniche. Una volta che si è trovato il giacimento vi è la fase di coltivazione, che comprende tutte le operazioni necessarie alla produzione di idrocarburi. Chiaramente per poter svolgere queste attività bisogna tener conto che i giacimenti di idrocarburi sono beni pubblici ex lege (=del patrimonio indisponibile), per cui queste attività sono tutte disciplinate dalla normativa pubblicistica di settore, con la previsione del rilascio, per poterle svolgere, di appositi titoli minerari, che hanno una disciplina tradizionalmente diversa per le attività in terra ferma e per quelle in mare (=cd 'offshore').

Recentemente la materia della ricerca e coltivazione di idrocarburi è stata interessata da plurime novelle legislative: una nuova disciplina diretta ad incentivare l'attività di produzione nazionale di idrocarburi, al fine di valorizzare la produzione interna e ridurre la

di approvvigionamento dall'estero, e quindi a fomentare investimenti e attività volte a questo fine; i riferimenti normativi sono: - 133/2014, cd 'sblocca Italia'; - art. 1 co. 239-240 l. 208/2015, legge finanziaria per il 2016. Questa nuova disciplina ha innovato la regolamentazione dei titoli minerari stabilendo che per la prospezione è sufficiente un permesso del ministro per lo sviluppo economico; ha unificato ricerca e coltivazione, che prima erano oggetto di concessioni separate, per cui è ora sufficiente un titolo concessorio unico, l'attività di ricerca può durare per 6 anni, prorogabili, e l'attività di coltivazione può essere svolta per 30 anni, prorogabili. La competenza al rilascio di questi titoli spetta: a. Titoli di terra ferma: competenza ministeriale del ministro dello sviluppo economico, con l'intesa con le regioni interessate ( meccanismo di concertazione necessario); b.Titoli offshore: la competenza è esclusivamente del ministro dello sviluppo economico. Il d.l. 133/2014 ha stabilito che le attività finalizzate alla produzione di idrocarburi comportano la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori: chi svolge queste attività ha un canale preferenziale per l'espropriazione delle aree interessate; è interessante perché il suddetto decreto è stato impugnato davanti alla Corte Costituzionale da varie regioni, che contestavano che lo stato in una materia di potestà concorrente (=produzione di energia) avesse disciplinato nel dettaglio la materia e i procedimenti amministrativi, compresa la dichiarazione di pubblica utilità dei titoli minerari, in violazione delle disposizioni costituzionali in materia di riparto di competenza. Nelle materie di competenza concorrente o residuale lo stato può intervenire, stabilendo anche il dettaglio della disciplina con.la ‘chiamata in sussidiarietà’: per esigenze unitarie lo stato può attribuire a sè stesso una funzione amministrativa, anche nelle materie residuali e concorrenti, ex art. 118 Cost. In questo caso però l’attrazione della competenza amministrativa allo stato comporta che possa disciplinare con legge quella funzione amministrativa. Le regioni in questo caso contestavano il fatto che lo stato avesse disciplinato nel dettaglio il procedimento amministrativo dei titoli minerari (=funzione amministrativa in materia concorrente in teoria no disciplina statale di dettaglio), senza prevedere meccanismi di coinvolgimento delle regioni. La Corte Costituzionale ha però respinto questi ricorsi e rigettato le prospettazioni censurate delle regioni: - Titoli di terra ferma: non è vero che non vi è coinvolgimento regionale perché lo stato per rilasciarli deve acquisire l’intesa della regione. - Titoli offshore: le regioni non possono

Pretendere nulla perché vi è una competenza esclusiva dello stato. La Corte con la sent. 170/2017 richiama sul punto un'altra sentenza, la 39/2017, che aveva già statuito questo principio: le regioni non hanno titolo per essere coinvolte ai fini del rilascio dei titoli in mare. L'art. 1 co. 239 l. 208/2015 è la disposizione che è stata oggetto del referendum dell'aprile 2016; ha una duplice portata, infatti racchiude due previsioni che si andavano ad integrare nella ratio legis:- da un parte prevedeva un divieto assoluto di tutte le attività di produzione di idrocarburi nelle zone di mare entro le 12 miglia dalla costa, lungo tutto il perimetro costiero nazionale e all'interno delle aree marine costiere protette; al fine di evitare e prevenire il fenomeno della 'subsidenza', cioè l'abbassamento del livello del suolo, determinato da varie cause, sia naturali sia antropiche, e che studi scientifici pongono

in relazione diretta con l'estrazione di idrocarburi. Dall'altra parte stabilisce che i titoli già rilasciati, nella fascia delle 12 miglia marine, sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. Quindi da una parte si vietano nuovi titoli, dall'altra i titoli già rilasciati vengono prorogati, perché sono fatti salvi non fino alla loro scadenza, ma fino alla vita utile del giacimento, per cui se la vita utile supera la scadenza possono essere esercitati anche al di là della scadenza originaria. Contro la disposizione hanno proposto referendum abrogativo 9 regioni, volto ad abrogare la seconda parte della disposizione; il referendum del 17 aprile 2016 non ha però raggiunto il quorum, per cui la norma è rimasta in vigore. Alcune regioni (Veneto e Puglia), non paghe di questo tentativo, hanno impugnato la disposizione davanti alla Corte Costituzionale.

contestando che la legge statale aveva previsto una proroga senza intesa, in materia di potestà legislativa concorrente, con conseguente violazione dell'art. 117 co. 3 Cost. La Corte, con sent. 114/2017, ha rigettato i ricorsi delle regioni, ritenendo che le regioni avessero sbagliato nell'individuazione della materia in cui lo stato era intervenuto: lo stato non ha esercito la propria competenza in materia di energia (concorrente), ma ha esercitato la propria potestà esclusiva in materia di ambiente, ex art. 117 co. 2 lett. s). Le regioni avrebbero quindi individuato un parametro di riferimento sbagliato.

La Corte ha quindi respinto i ricorsi e anche questo secondo tentativo di eliminare dall'ordinamento giuridico la 'norma sulle trivelle' è fallito.

  • Dati sulla produzione nazionale di idrocarburi nel 2016
  • È calata rispetto all'anno precedente
  • Copre il fabbisogno nazionale per circa l'8%
  • Il 29% proviene da

giacimenti a terra, in particolare d

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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher CriUniTn di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'energia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Manica Sandro.