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CONVENZIONE D'ARBITRATO NON TRA TUTTI I LITISICONSORTI NECESSARI
Ipotesi più problematica, ma più frequente. Abbiamo due valori in gioco e tra loro confliggenti:
- Idea per cui alcune parti hanno deciso di stipulare la convenzione d'arbitrato, ma l'hanno deciso tra di loro, nella loro forma soggettivamente ridotta;
- La controversia è unica e unitaria, controversia che non può essere decisa solamente nei confronti di alcuni soggetti, ma nei confronti di tutti. Non si può pensare di imporre il processo e la decisione solamente ad alcuni soggetti.
La dottrina ha cercato di porre rimedio a questa situazione:
- Alcuni hanno sostenuto che in questi casi in radice la convenzione dovrebbe considerarsi invalida e il giudizio arbitrale dovrebbe essere considerato inammissibile o comunque improcedibile per l'assenza di una parte necessaria. Questa tesi è troppo rigorosa e radicale perché non tiene conto che...
questa situazione potrebbe trovare una sanatoria —> il terzo potrebbe venire a conoscenza comunque del procedimento arbitrale e, anche se non ha partecipato alla convenzione, può decidere di partecipare spontaneamente al procedimento. In questo caso non vi sarebbe più motivo di considerare invalido l'arbitrato e non si dovrebbe neppure porsi il problema sulla validità della convenzione d'arbitrato.
Abbiamo altri problemi —> se il terzo vuole partecipare all'arbitrato, ma le parti si oppongono. Abbiamo due tesi:
- le altre parti potrebbero sempre impedire l'accesso al terzo: le parti potrebbero dire che quella prevista dalla convenzione sia la corretta visione soggettiva della lite e che non ravvisano alcun interesse del terzo. Il terzo potrebbe proporre opposizione di terzo. Secondo questa tesi comunque sarebbe da privilegiare la decisione della parte di non integrare il terzo perché l'arbitrato è un sistema scelto,
la volontà delle parti è secondaria alla utilità del procedimento. Altri problemi -> le parti si accorgono di aver sbagliato e di non aver introdotto il terzo nella convenzione d'arbitrato. Inizia l'arbitrato, gli arbitri sottolineano lo sbaglio, le parti chiedono al terzo di partecipare, il terzo si rifiuta di partecipare. Non si può più salvare l'arbitrato perché nella convenzione il terzo non c'era -> il terzo non è vincolato dalla convenzione d'arbitrato e potrebbe comunque rifiutarsi. A questo punto il procedimento dovrà essere rimesso all'autorità giudiziaria ordinaria. L'arbitrato è improcedibile.
Intervento volontario principale
Come nell'arbitrato si gestisce l'istituto dell'intervento di terzi. Art. 105 cpc -> un terzo può intervenire in un processo per far valere nei confronti di tutte le parti o ad alcune di essi un diritto
relativo al titolo o all'oggetto dedotto dal processo medesimo. L'intervento principale -> nei confronti di tutte le parti. innovativa La portata dell'intervento è sempre perché il terzo fa valere un proprio diritto che deve essere autonomo, incompatibile e prevalente al diritto fatto valere dalle parti. Si amplia la portata del processo. Essendoci una portata innovativa, non si può immaginare di far entrare un terzo se le parti non sono d'accordo, quindi in passato, in mancanza di una disciplina ad hoc, si diceva che l'intervento è comunque art. 816 quinquies inammissibile. Il legislatore ha stabilito una normativa ad hoc per l'interno di terzi: occorre il consenso di tutti i soggetti -> il terzo, le parti e anche arbitri perché comunque loro hanno assunto un incarico limitato alle questioni della domanda d'arbitrato nei confronti delle parti, non anche nei confronti del terzo -> gli arbitri
si potrebbero opporre anche se è molto raro perché la controversia si complica e quindi potrebbero chiedere un compenso più alto. È sempre ammesso intervento adesivo dipendente e intervento litisconsorte necessario. Intervento litisconsorte Terzo che fa valere un diritto solamente nei confronti di alcune delle parti -> esempio tipico è caso di sinistro che ha causato danni ad una serie di soggetti -> in questa ipotesi il processo può anche essere instaurato da un solo di questi soggetti, ma gli altri possono intervenire per connessione con il titolo della causa. Intervento del colegittimato -> delibera assemblea del condominio. Nel caso dell'arbitrato, valgono analoghe regole per l'intervento volontario -> art. 816 quinquies non distingue tra intervento principale o litisconsortile quindi valgono per entrambi le stesse regole. Intervento adesivo dipendente Art. 105 secondo comma. L'intervento nonè mai innovativo perché il terzo interviene nel procedimento perché di solito è titolare di un rapporto giuridico dipendente, legata a quella di una delle parti in causa tale per cui questa è pregiudiziale. Esempio —> subconduttore processo che riguarda conduttore principale e proprietario casa.
Intervento principale, litisconsortile o del colegittimatto sono ammissibili solo a condizione che vi sia il consenso delle parti, terzo e arbitri.
L’intervento in vece adesivo dipendente deve ritenersi sempre ammesso perché comunque il terzo sarebbe soggetto all’efficacia dellla sentenza, titolare di una situazione solamente del soggetto, non ampia il thema decidendum della causa, ma interviene solamnte a sostegno di una delle parti e quindi non cambia, non innova, non ha portata innovativa rispetto all’arbitrato già instaurato.
Intervento coatto
Su istanza di una parte —> regolato da art. 106 e 107 cpc.
Art. 106
Intervento su istanza di parte, ha luogo soprattutto in tema di comunanza di causa, connessione e ipotesi di garanzia. Nell'arbitrato è difficile applicare l'art. 106 perché il giudice si limita ad autorizzare nel processo ordinario la chiamata di parte senza l'uso di potere di imperio, ma nell'arbitrato l'arbitro non può fare uno di imperio e se la chiamata è già prevista dalla convenzione di arbitrato e il terzo consente non ci sono problemi, se invece la chiamata non è prevista dalla convenzione gli arbitri non possono autorizzarla. Quindi il legislatore non distingue il caso dell'intervento coatto con la chiamata di parte -> art. quinquies stabilisce che l'intervento volontario o per chiamata occorre il consenso di tutti i soggetti. È molto difficile che si verifichi una situazione del genere. L'art. 107 è ancora più complicato -> il giudice, quando ritiene
che la causa debba svolgersi anche nei confronti di un terzo a cui la causa è comune, ordina l'intervento. Norma di chiusura che è di rara applicazione. Nell'arbitrato, l'intervento ad opera del giudice presuppone poteri coercitivi del giudice, quindi si tende a dire che questa disposizione non possa essere applicata se non con il solito accordo tra tutte le parti. Idea per cui questa disposizione presuppone un accordo comune. Riforma del diritto processuale societario Nelle liti societarie abbiamo una pluralità di soggetti, soci e società. Il legislatore ha introdotto nel 2003 con la riforma del diritto processuale societario ha introdotto delle innovazioni anche per quanto riguarda l'arbitrato e la conciliazione. La cosa curiosa è che la riforma del diritto processuale societario è stata poi abrogata, mentre la normativa sull'arbitrato è rimasta in vigore -> art. 34 e 35 del d gli. 5/2003. Una di questanorme ha anche dato una disciplina specifica in caso dell'intervento proprio sulla base del presupposto che nelle liti societarie l'esigenza di un rito plurisoggettivo è più sentita perché la controversia coinvolge fisiologicamente una pluralità di soggetti.
La norma ha distinto le categorie:
- l'intervento volontario di un terzo è ammesso per chiunque perché i soci già sanno che accettano una lite che ha una pluralità di risvolti soggettivi e qualunque altro soggetto che è titolare di diritti connessi deve intervenire nella lite;
- Più ristretta la soluzione che il legislatore ha scelto per l'intervento coatto: soluzione di compromesso. Si può costringere un soggetto a partecipare solamente se questo è un soggetto talmente legato alla società da subire per forza delle conseguenze - come per esempio i soci. La chiama in causa può essere disposta solo nei