Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
I diritti, solennemente proclamati come diritti originari, finiscono per essere collocati in una
posizione subalterna alla legge: il legislatore è un soggetto onnipotente e la concezione dei diritti
è una concezione strettamente legalistica. Sul versante della giurisdizione, si afferma infatti
un’idea del potere giudiziario del tutto subordinato alla legge (il giudice “bocca della legge”).
Per far sì che i diritti siano uguali per tutti, il legislatore dovrà operare delle scelte di
bilanciamento, sia all’interno dello stesso diritto in capo a persone diverse, sia tra diritti
diversi.Tutte le scelte che il legislatore opera sono, per definizione, legittime.
L’esperienza americana affonda le sue radici nell’esperienza inglese e nei Bill of Rights, e si
• colloca nel contesto della rivoluzione americana, in cui le colonie richiedono alla madrepatria la
concessione di maggior prerogative. L’esperienza inglese e la concessione delle prerogative ai
parlamentari a scapito della corona, che sull’isola britannica non avevano portato alla scrittura di
testi costituzionali, hanno trovato invece un seguito in America: infatti, la forma dei Bill of Rights
verrà usata per scrivere la Costituzione Americana.
Le colonie, resesi indipendenti dalla madrepatria con la Dichiarazione di Indipendenza, si danno
una loro Costituzione, autonoma rispetto alla madrepatria. Questi atti costituzionali delle colonie
riconoscono alcuni diritti fondamentali, secondo un contrattualismo di impronta lockiana, e
disciplinano i pubblici poteri. Un esempio è la Dichiarazione dei Diritti della Virginia (1776), in cui
vengono condensati in modo chiaro i tratti caratterizzanti della concezione dei diritti naturali
dell’uomo: l’art. 1 della Dichiarazione afferma infatti che Tutti gli uomini sono per natura egualmente
liberi ed indipendenti ed hanno alcuni diritti innati, dei quali non possono privare i loro posteri: sono il
godimento della vita e della libertà, il possesso della proprietà, il perseguimento ed il raggiungimento di
10
, mentre l’art. 5 afferma la separazione dei poteri.
felicità e sicurezza
L’esperienza americana si discosta però da quella francese, perché l’atto legislativo non è visto
come un tratto da esaltare, ma quasi come un nemico da combattere.
Secondo il modello francese, ai diritti deve essere data attuazione dal legislatore, mentre
secondo il modello americano i diritti sono il limite che il legislatore incontra: il garante dei diritti è
perciò il potere giudiziario.
L’obiettivo politico dell’esperienza francese era quello di instaurare un nuovo ordinamento,
tramite la legge. L’obiettivo politico dell’esperienza americana è invece quello di contrastare le
leggi della madrepatria, affermando che i diritti costituiscono un limite inviolabile per il legislatore.
Nell’esperienza americana, perciò, a differenza che in quella francese, non vi è un legame tra
diritti e legge, bensì una separazione tra diritti e legge.
La violazione dei diritti, che era residuale e straordinaria nell’esperienza francese, è invece
un’eventualità fisiologica ed ordinaria nell’esperienza americana, alla quale dovrà rispondere la
tutela giurisdizionale. Vi è quindi l’affermazione della superiorità dei diritti (e della Costituzione)
sulla legge ordinaria e la nascita del sistema di controllo diffuso della legittimità
costituzionale delle leggi.
Il modello americano può essere definito giurisdizionale, in contrapposizione al modello francese,
che poteva essere definito legicentrista.
Nelle scelte di bilanciamento, lo spazio occupato dalla legislazione tende a coincidere con lo
spazio occupato dalla giurisdizione. In nome di un diritto fondamentale ogni scelta legislativa è,
per definizione, sindacabile da un giudice.
L’esperienza delle Costituzioni del secondo dopoguerra è un modello nel quale si ritrovano,
• combinati, i tratti delle esperienze precedenti: quella legicentrista francese e quella
giurisdizionale americana. L’esperienza dello Stato Costituzionale abbandona la fiducia nell’atto
legislativo che aveva caratterizzato l’esperienza francese: il ‘900 si caratterizza infatti per le
degenerazioni dello Stato di Diritto, con l’esperienza dei totalitarismi, che hanno dimostrato come
la legge possa essere profondamente ingiusta. L’esperienza costituzionale, screditando i
possibili contenuti aberranti dell’atto legislativo, non nega però che l’atto legislativo sia una
dimostrazione fondamentale dei diritti che vi stanno dietro e della rappresentanza politica.
Si afferma perciò il principio di rigidità costituzionale, per fare in modo che la legge si collochi
in un ruolo subordinato rispetto alla Costituzione. La Costituzione subordina quindi l’atto
legislativo ai diritti. I diritti recepiscono perciò la forza della Costituzione medesima e sono un
limite ed un obbligo per il legislatore.
Nelle Costituzioni del secondo dopoguerra la legge è comunque un atto che gode anch’esso di
una propria garanzia costituzionale, in quanto la legge è pur sempre espressione del circuito
della rappresentanza politica e, perciò, del diritto di voto. La Costituzione prescrive quindi che sia
garantita la discrezionalità politica: infatti, a seconda del voto dei cittadini i contenuti della
legge possono essere diversi.
La tecnica di bilanciamento, perciò, non è più improntata all’ottima proporzione, bensì alla
garanzia del contenuto essenziale dei diritti: i diritti sono concepiti essenzialmente come uno
spazio, limite oltre il quale il legislatore non può spingersi. La Costituzione e i diritti in essa iscritti
delimitano un perimetro: entro quel perimetro, vi è il territorio della discrezionalità politica, entro il
quale il legislatore può muoversi, combinando in modo diversi i vari diritti. Egli dovrà soltanto
evitare di sacrificare completamente un diritto a scapito di un altro.
Come l’esperienza costituzionale del secondo dopo guerra ci ha insegnato, il problema del diritto
costituzionale contemporaneo è stabilire, di volta in volta e in riferimento a tutti i possibili
bilanciamenti a cui è chiamato il legislatore, il contenuto essenziale dei diritti configgenti nel caso
concreto.
La sentenza 85/2013 della Corte Costituzionale rappresenta un recente esempio di tentativo di
bilanciamento di diritti confliggenti: in particolare, questa sentenza riguarda il caso dell’Ilva di
Taranto, che è un’azienda che opera nel settore siderurgico e che produceva un sensibile
inquinamento ambientale, con forti ricadute sulla salute degli abitanti della zona. Nel 2012 la
magistratura aveva sequestrato parte degli impianti dell’Ilva, bloccando l’attività della stessa
azienda e facendo perdere il lavoro a molte persone. Vi erano quindi esigenze contrapposte, di
rilievo costituzionale: l’esigenza della salute e quella dell’occupazione. Il governo, con un decreto
11
legge, ha autorizzato l’Ilva, qualificandola come attività di interesse nazionale, a proseguire
l’attività, nonostante l’intervento della magistratura. I giudici hanno quindi impugnato questo
decreto davanti alla Corte Costituzionale, per violazione del principio di uguaglianza e del diritto
alla salute. La Corte Costituzionale ha applicato il bilanciamento improntato al contenuto
essenziale dei diritti. Partendo dalla topografia del conflitto ed individuando i diritti costituzionali
contrapposti (il diritto alla salute, art. 32, ed il diritto al lavoro, art. 4), la Corte ha stabilito che
l’intervento del legislatore non era né irragionevole né sproporzionato, perché vi era un
compromesso tra il diritto alla salute e il diritto al lavoro e non si ledeva completamente nessuno
dei due diritti. 12
5. Il problema delle lacune e l’interpretazione giuridica
Francesco Carnelutti ha detto che l’incoerenza implica che vi sia una norma di troppo e quindi
una esuberanza normativa, mentre l’incompletezza implica che vi sia una norma di meno e quindi
una deficienza normativa. Il rimedio per l’incoerenza è la “purgazione” del sistema, mentre il
rimedio per l’incompletezza è l’integrazione del diritto.
Altri, tra cui Norberto Bobbio, dicono invece che la lacuna è la mancanza di una norma certa,
ossia di una disposizione che va con certezza applicata al caso concreto (lacuna normativa):
secondo questa impostazione, magari una norma c’è, ma vi è incertezza sull’applicabilità di quella
norma.
La sentenza 347/1998 è una sentenza importante, perché ha dato l’impulso al Parlamento per far
approvare la legge sulla procreazione medicalmente assistita (l. 40/2004). L’art. 235 c.c. prevede il
disconoscimento di paternità, che può essere causato dall’impotenza generale. Nel caso di specie,
una coppia era ricorsa all’inseminazione artificiale eterologa, ma, successivamente, il marito ha
cambiato idea ed ha chiesto il disconoscimento di paternità, adducendo alla sua impotenza. Il
giudice ha quindi richiesto l’intervento della Corte Costituzionale.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 347/1998, ha dichiarato l’inammissibilità della questione,
perché l’art. 235 non disciplina il caso concreto, in quanto la ratio della norma era quella di
garantire ai mariti impotenti di riuscire a dimostrare il tradimento delle donne che avevano avuto il
figlio con altri uomini. Siamo quindi di fronte ad un caso di lacuna normativa, perché il caso in
questione non è disciplinato da alcuna norma.
Nella sentenza 138/2010 la Corte Costituzionale si è pronunciata in modo simile, sul caso dei
matrimoni omosessuali.
In questi casi si può notare la presenza di una lacuna reale, che si ha, come nell’impostazione di
Carnelutti, quando effettivamente manca la disciplina per il caso concreto. In casi come questi, ove
vi sia una lacuna reale, deve intervenire il legislatore, perché la giurisdizione non può pronunciarsi
in nessun modo e non può ricorrere all’interpretazione.
La sentenza 454/1998 si è invece occupata di un caso di diritto al lavoro per gli invalidi. La norma
in questione si occupava di una lista di collocamento per i casi di invalidità civile, che non
prevedeva lo stesso trattamento per gli invalidi extra-comunitari. La Corte Costituzionale ha
emanato una sentenza interpretativa di rigetto, dicendo che non bisogna leggere soltanto la norma
in questione, ma bisogna andare a vedere altre norme, sia a livello nazionale che comunitario,
dove emerge chiaramente che il legislatore garantisce il diritto al lavoro a tutti, a prescinder