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APPUNTI di
DIRITTO COMMERCIALE
Imprenditore, Impresa, Società
Appunti di Davide Piccato
DIRITTO COMMERCIALE
CAPITOLO 1:
L’IMPRENDITORE
Nel nostro sistema giuridico è fondamentale la figura dell’imprenditore, del quale il codice civile da una definizione generale all’art. 2082. La disciplina non è però identica per tutti gli imprenditori. Il codice civile distingue infatti diversi tipi di imprese e imprenditori in base a tre criteri:
- L’oggetto dell’impresa, che determina la distinzione tra imprenditore agricoloe imprenditore commerciale.
- La dimensione dell’impresa, in base al quale si possono individuare il piccolo imprenditore e l’imprenditore medio-grande.
- La natura del soggetto che esercita l’impresa, tale criterio determina la tripartizione tra impresa individuale, impresa in forma di società e impresa pubblica.
La nozione generale di imprenditore.
Secondo l’art. 2082 “ è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi” Tale nozione traccia una linea di confine tra chi è imprenditore e chi non lo è. Traccia la linea di confine tra la figura dell’imprenditore e quella del semplice lavoratore autonomo. L’art 2082 fissa i requisiti minimi che devono ricorrere perché un soggetto sia esposto all’applicazione delle norme del codice civile per l’impresa e per l’imprenditore. Da questo articolo si ricava che l’impresa è un’attività, ed è caratterizzata sia da uno specifico scopo ( produzione o scambio di beni o servizi) sia da specifiche modalità di svolgimento (organizzazione, professionalità ed economicità).
CAPITOLO 2
A. IMPRENDITORE AGRICOLO E IMPRENDITORE COMMERCIALE
Imprenditore agricolo e imprenditore commerciale sono le due categorie di imprenditori che il codice civile distingue in base all’oggetto dell’attività. Chi è imprenditore agricolo è solo sottoposto alla disciplina prevista per l’imprenditore in generale. È invece esonerato dall’applicazionedella disciplina propria dell’imprenditore commerciale: tenuta delle scritture contabili, assoggettamento al fallimento e alle altre procedure contrattuali. L’imprenditore agricolo gode perciò di un trattamento di favore rispetto all’imprenditore commerciale. Trattamento di favore che è poi accentuato dalla legislazione speciale attraverso una serie di incentivi e agevolazioni volti a promuovere lo sviluppo di tale settore fondamentale dell’economia. Stabilire se un dato imprenditore è agricolo o commerciale serve perciò a definire l’ambito di operatività di tale trattamento di favore.
L’imprenditore agricolo. Le attività agricole essenziali
Il testo originario dell’art.2135 del codice civile stabiliva che: “È IMPRENDITORE AGRICOLO CHI ESERCITA UN’ATTIVITA’ DIRETTA ALLA COLTIVAZIONE DEL FONDO, ALLA SILVICOLTURA, ALL’ALLEVAMENTO DEL BESTIAME E ATTIVITA’ CONNESSE”; e specifica al secondo comma che: “si reputano attività connesse le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”. Le attività agricole possono perciò essere distinte in due grandi categorie: a) attività agricole essenziali; b) attività agricole per connessione. Questa distinzione è stata mantenuta anche nella nuova nozione di imprenditore agricolo. Tuttavia, coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento del bestiame sono attività che dal 1942 ad oggi hanno subito una profonda evoluzione. L’impresa agricola fondata sul semplice sfruttamento della produttività naturale della terra cede sempre più il passo all’agricoltura industrializzata. Basti pensare, per esempio, agli allevamenti in batteria, o ai mangimi chimici. In breve, oggi anche l’agricoltura può dar vita ad ingenti investimenti di capitali e pertanto si è animato il dibattito per decidere se l’imprenditore agricolo sia sempre e comunque sottopatto al fallimento e, più in generale, alla disciplina dettata per l’imprenditore commerciale. Al riguardo si è delineato un netto contrasto di opinioni:
a) Aver avuto nei tre esercizi precedenti alla data di deposito dell'istanza di fallimento un attivo patrimoniale di ammontare annuo non superiore a trecentomila euro.
b) Aver realizzato nei tre esercizi precedenti alla data di deposito dell'istanza di fallimento ricavi lordi per ammontare annuo non superiore a duecentomila euro.
c) Avere un ammontare di debiti non superiore a cinquecentomila euro.
Basta aver superato anche solo uno degli indicati limiti dimensionali per essere sottoposto a fallimento. A differenza che in passato anche le società commerciali possono essere esonerate dal fallimento se rispettano tali limiti dimensionali.
L'impresa artigiana.
Fra i piccoli imprenditori rientra anche l'imprenditore artigiano. La legge 860 affermava che il dato caratterizzante l'impresa artigiana risiedeva nella nature artistica o usuale dei beni o servizi prodotti e non più nella prevalenza del lavoro familiare nel processo produttivo. Perciò, l’impresa doveva ritenersi artigiana e sottratta al fallimento anche quando non era più rispettato il criterio della prevalenza individuato dall’art. 2083 del codice civile. La legge 860 venne abrogata dalla legge quadro per l’artigiano. La nuova legge contiene una propria definizione dell’impresa artigiana, definizione basata:
- Sull’oggetto dell’impresa, che può essere costituito da qualsiasi attività di produzione di beni o di prestazione di servizi.
- Sul ruolo dell’artigiano nell’impresa, richiedendosi in particolare che esso svolga in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo. Non è però richiesto che il suo lavoro prevalga sugli altri fattori produttivi.
Oggi il riconoscimento della qualifica artigiana in base alla legge quadro non basta per sottrarre l’artigiano allo statuto dell’imprenditore commerciale. È necessario anche che sia rispettato il criterio della prevalenza fissato dall’art. 2083 e che non siano superati i limiti dell’art. 1 della legge fallimentare. In
Gli orientamenti manifestati in tema di inizio dell’impresa erano in passato riproposti in modo speculare per la fine dell’impresa. L’esatta determinazione del giorno di cessazione dell’attività di impresa aveva particolare rilievo per l’imprenditore commerciale ai fini dell’applicazione dell’art. 10 legge fallimentare. Tale norma nella versione originaria prevedeva che l’imprenditore commerciale poteva essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’impresa. Per quanto riguarda l’imprenditore individuale, la giurisprudenza affermava che la qualità di imprenditore si perdeva solo con l’effettiva cessazione dell’attività. Tuttavia non è così semplice determinare l’esatto giorno di cessazione dell’attività, perché è da tenere presente che la fine dell’impresa è di regola preceduta da una fase di liquidazione più o meno lunga, durante la quale l’imprenditore completa i cicli produttivi iniziali (vende le giacenza, licenzia i dipendenti e definisce i rapporti pendenti. Nessuno dubitava che la fase di liquidazione costituisse ancora esercizio dell’impresa e che perciò la qualità di imprenditore si perdesse solo con la chiusura della liquidazione, chiusura che avviene solo con la definitiva disgregazione del complesso aziendale. Ma per l’imprenditore individuale la giurisprudenza correttamente riconosceva che non era necessario che fossero stati riscossi tutti i crediti e pagati tutti i debiti relativi. Se l’impresa dovesse ritenersi ancora in vita fin quando sopravvivono passività, l’art.10 legge fall. sarebbe stata norma pressoché priva di significato: l’anno per la dichiarazione del fallimento sarebbe cominciato a decorrere da quando l’insolvenza in pratica non era più possibile essendo stati soddisfatti quanto meno tutti i creditori di impresa. Per le società, la giurisprudenza affermava che, benché cancellata dal registro delle imprese, doveva ritenersi ancora esistente ed esposta al fallimento fin quando non fosse stato pagato l’ultimo debito. Una società poteva essere dichiarata fallita a distanza di anni dalla definitiva cancellazione dal registro delle imprese. L’art. 10 legge fall. era così cancellato per le società Questa disparità di trattamento che si era venuta a creare generò alcuni problemi. Dapprima l’art. 10 legge fall. venne dichiarato incostituzionale. Successivamente tale norma venne riformata nel 2006 e poi nel 2007. L’attuale art. 10 legge fall. prevede che gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione del registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata precedentemente alla medesima o entro l’anno successivo.
Incapacità e incompatibilità.
La capacità all’esercizio di attività di impresa si acquista con la piena capacità di agire e quindi al compimento del diciottesimo anno di età. Si perde in seguito ad interdizione o inabilitazione.