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B)
Se l’azione di petizione ereditaria – con cui l’erede vero chiede la restituzione dei beni al 3° - è esperita
dopo 5 anni dall’acquisto del 3°, entra in gioco un’altra disposizione: art. 2652, n. 7 valida per i beni
immobili e per i beni mobili registrati
“7) le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte.
Salvo quanto è disposto dal secondo e dal terzo comma dell'articolo 534, se la trascrizione della domanda è
eseguita dopo cinque anni dalla data della trascrizione dell'acquisto, la sentenza che accoglie la domanda
non pregiudica i terzi di buona fede che, in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla
trascrizione della domanda, hanno a qualunque titolo acquistato diritti da chi appare erede o legatario”: si
fanno salvi gli acquisti dei terzi in buona fede a qualunque titolo (anche a titolo gratuito), purché questo
acquisto sia stato trascritto prima della trascrizione della domanda.
Requisiti: 1. Atto idoneo al trasferimento a qualunque titolo
2. La buona fede che è presunta
3. Apparenza
4. La trascrizione dell’avente causa
5. Il periodo di 5 anni trascorsi 35
I rapporti tra l’erede vero e il 3° acquirente sono regolati dall’ art. 535 co. 2 “Il possessore in buona fede,
che ha alienato pure in buona fede una cosa dell'eredità, è solo obbligato a restituire all'erede il prezzo o il
corrispettivo ricevuto. Se il prezzo o il corrispettivo è ancora dovuto, l'erede subentra nel diritto di
conseguirlo.”
Contro chi abbia acquistato in mala fede si ricorre ai principi generale: pagamento dell’indebito e
arricchimento senza causa – altre fonti delle obbligazioni, coperte dall’ art. 2038, co. 2.
Il certificato successorio europeo
Lo introduce il regolamento comunitario 650/2012, che è entrato in vigore in agosto 2015.
É un atto emesso da notai valido per le successioni aperte dopo il 17 agosto di quest’anno.
É una novità di grande importanza. La sua provenienza comunitaria significa:
a) Il certificato diventa uno strumento uniforme, presente in tutti gli ordinamenti facenti parte dell’Ue
b) Il certificato è e deve essere riconosciuto da tutti gli stati membri automaticamente, senza alcun
procedimento di approvazione o di esecuzione
Uk, Irlanda e Danimarca non hanno aderito.
Questo certificato si inserisce nel diritto internazionale privato in materia di successioni. Perché questo è
innanzitutto una norma del diritto internazionale, perché si fa riferimento a successioni non puramente
interne ma a successioni che fanno riferimento ad un altro stato membro.
Il certificato è anche uno strumento di diritto sostanziale nel nostro ordinamento: è il primo esempio in
materia di successioni di uniformazione del diritto sostanziale fra gli stati membri.
Il certificato vuole essere un documento che attesta la qualità di erede, legatario, esecutore testamentario
o di amministratore dell’eredità, e i loro rispettivi poteri.
É stato definito in prima battuta come una prova della qualità di erede in tutti gli stati membri – quindi
come uno strumento probatorio.
Il CSE (certificato successorio europeo) non è uno strumento esclusivo – non esclude cioè la compresenza di
altri strumenti probatori – le autorità nazionali possono continuare ad emettere forme diverse di
attestazione di erede. In Italia la prassi era quella dell’atto di notorietà: una dichiarazione in cui il notaio
dichiarava che quel soggetto era erede/legatario e lo attestava sulla base di testimonianze e indagini
documentali [in realtà non solo l’atto di notorietà affermava la qualità di erede, poiché nelle province
autonome vige un sistema di pubblicità costitutiva ed esiste un certificato successorio molto simile al CSE].
L’atto di notorietà ha un valore probatorio molto ridotto rispetto al certificato, perché da un punto di vista
processuale vale come un indizio – non crea neanche un’inversione dell’onere probatorio.
Presupposti per poter pretendere un CSE:
1. Essere legittimati attivi: eredi, legatari, esecutori testamentari, amministratori dell’eredità
[es. il chiamato all’eredità in possesso dei beni ereditari].
2. Deve trattarsi di una successione con carattere transfrontaliero. Ciò si ricava anche dall’art.
62 del regolamento “il certificato viene rilasciato per essere utilizzato in un altro stato
membro” e art. 63 “il certificato deve essere utilizzato da … che hanno necessità di far
valere la propria qualità in un altro stato membro”.
Tuttavia: 36
i. Non è spiegato esattamente in cosa debba consistere l’elemento di
transnazionalità. Non viene specificato nemmeno che ci debba essere un elemento
di transnazionalità, ma si presuppone che il legittimato attivo abbia necessità di far
valere la propria qualità e i propri poteri in altro stato membro.
ii. Questo scopo, che dev’essere fatto presente al notaio per giustificare l’emanazione
del CSE, non è elemento costitutivo del CSE stesso, cioè il certificato può tacere
sullo scopo per il quale esso è stato chiesto.
Art. 62 co. 3 “il certificato successorio una volta rilasciato per essere utilizzato in altro stato membro,
produce i suoi effetti anche nello stato membro in cui le autorità lo hanno rilasciato” una volta che il
certificato c’è, non è vincolato ad essere utilizzato solo all’estero.
3. Assenza di contenzioso o di una decisione contraria: il notaio non può rilasciare il certificato
se c’è un contenzioso in merito o se c’è una sentenza/transazione che esclude la qualità di
erede del richiedente.
4. La competenza: i notai italiani sono competenti con riguardo a quali successioni?
Innanzitutto non esiste una limitazione di competenza territoriale [si può chiedere a
qualsiasi notaio sul territorio nazionale].
Il notaio italiano è competente quando è competente per quella successione il giudice italiano ai sensi del
regolamento – si fa rinvio ai criteri di competenza giudiziaria.
Il giudice italiano è competente se la residenza abituale del de cuis era in Italia. La residenza abituale = il
luogo in cui la persona dimora con l’intenzione di farlo e con l’intenzione di permanere: la prospettiva della
volontà di radicare in quel luogo i propri interessi, rende l’abitualità della residenza.
Restano tuttavia ipotesi problematiche: casa al confine che va in altro stato membro dove ha le sue attività
e i suoi rapporti.
Il criterio della residenza abituale valorizza l’integrazione dell’individuo e non il dato puramente formale
della cittadinanza, ma quello del radicamento della persona in un luogo.
La residenza abituale muta in ragione degli spostamenti del soggetto interessato, quindi si può avere un
fenomeno particolare di cambiamento della competenza con eccezione della disciplina che riguarda la
forma dei testamenti.
La convenzione sulla forma dei testamenti prevale sul regolamento europeo e fissa delle regole favorevoli
alla validità del testamento (è sufficiente che il testamento sia valido secondo la legge in cui il testamento
viene redato).
Chi valuta la competenza del notaio? Il notaio stesso, ma è onere del richiedente di convincerlo di essere
competente. Questo pone il notaio idi fronte a compiti del tutto nuovi rispetto a quelli che è abituato a
fare. Esistono dei casi eccezionali in cui per una successione sono competenti i giudici di uno stato membro,
ma la legge applicabile alla successione non è quella dello stato membro in cui è adito il giudice. Il
regolamento ha tentato di scongiurare questi casi e concentrare in uno stesso luogo ius e foro. Questo caso
potrebbe verificarsi nell’art. 21, paragrafo 2: “se in via eccezionale dal complesso delle circostanze del caso
concreto risulta chiaramente che al momento della morte il defunto aveva collegamenti manifestamente
più stretti con uno stato diverso da quello della sua residenza abituale, la legge applicabile alla successione
è la legge di tale altro stato” si prospetta l’ipotesi di un soggetto che ha la residenza abituale nello stato
A ma risulta che al momento della morte, ma risulta che al momento della morte avesse collegamenti
manifestamenti più stretti con lo stato B, in questa ipotesi eccezionale la legge applicabile sarebbe quella
dello stato B – ma poiché questa clausola non si trova nella sezione riguardante competenza dei giudici,
sono competenti i giudici dello stato A, ma devono applicare la legge dello stato B. In questa ipotesi il
37
notaio è tenuto a uniformarsi alle norme degli altri stati membri ma con il limite dell’ordine pubblico
interno e internazionale. Il problema in Italia si pone sulle disposizioni lesive delle quote dei legittimari – es.
una diseredazione: non c’è uniformità di vedute in dottrina, sul fatto che la disciplina della riserva sia ordine
pubblico interno, si va nella direzione di dire che la riserva non sia ordine pubblico.
Procedimento per il rilascio del CSE:
a) Occorre una richiesta da parte dei soggetti legittimati nella quale il richiedente deve
provare lo scopo per cui il certificato è chiesto e la competenza del notaio
b) Il notaio verifica i dati e fa un’istruttoria per vedere se ci sono i presupposti per il rilascio
del CSE.
L’istruttoria è un problema complicato, il regolamento fa riferimento ad un’autorità
generica di rilascio che faccia l’istruttoria. Ma questo tipo di istruttoria non appartiene al
notaio, nel regolamento si delinea un tipo di istruttoria propria dell’autorità giudiziaria e il
modello infatti è quello tedesco, dove il certificato viene emesso da un giudice.
c) L’autorità emette un certificato standard predefinito dal regolamento. L’originale è tenuto
dal notaio e rilascia a chiunque le richieda delle copie. Le copie hanno validità di 6 mesi.
Chi contesta un certificato può fare ricorso davanti ad un’autorità giudiziaria.
Effetti del certificato:
Il certificato è uno strumento probatorio. Si potrebbe sollevare qualche critica a questa qualifica: si provano
fatti, non qualità.
Verosimilmente il CSE va visto come un atto di accertamento, più che come uno strumento di prova, i cui
effetti sono indicati nell’art. 69.
par. 3 chi consegna un bene a chi risulta legittimato a ricevere dal certificato è considerato aver agito
con la persona legittimata, cioè è liberato dall’obbligazio