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PROCEDIMENTO
Nell’articolo 8 sono stati inseriti solo successivamente il c bis ed il c ter. con i quali la legge si vuole
assicurare la conclusione espressa e tempestiva del procedimento amministrativo: per cui, la comunicazione
di avvio del procedimento deve contenere tutte le informazioni necessarie e possibili sul responsabile del
procedimento (chi è, dove si trova, come fare per contattarlo ecc…); in più, il procedimento deve essere
concluso entro un determinato limite di tempo (ad es. 30 giorni) e se entro quel limite di tempo il
procedimento non si conclude, si può presentare istanza e richiedere un indennizzo. E questo è il sistema
utilizzato in tutte le amministrazioni moderne, a cominciare da quelle europee: se non vengono date le
informazioni necessarie, si ha un risarcimento. Dunque, nella comunicazione di avvio del procedimento ,
anche ad istanza di parte, bisogna indicare:
responsabile del procedimento
a.
b. data di presentazione dell’istanza
termini entro i quali si deve concludere il procedimento
c. azioni che possono essere esperite dal privato nel caso di silenzio dell’amministrazione.
d.
Nei procedimenti ad iniziativa di ufficio la comunicazione di avvio del procedimento viene sempre data,
anche se, solitamente, non vengono inserite proprio tutte le informazioni. Ciò, però, ancora non si verifica
nei procedimenti ad iniziativa di parte. Infatti, l’omissione di taluna delle comunicazioni (co. 4 art. 8) può
essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista; quindi, per agire e per
contestare serve un interesse diretto ed attuale.
Nei diritti amministrativi più evoluti, il funzionario tutela il pubblico anche contro se’ stesso. In Italia, ciò
ancora non accade.
Comma 3 art. 8: la norma contenuta in tale articolo è particolarmente infelice per i grandi centri urbani;
infatti, solitamente le pubbliche amministrazione, ad es. nel caso dell’espropriazione, quando essa è
superiore ad un determinato numero, l’amministrazione procede a dare la comunicazione degli atti relativi
all’esproprio mediante pubblicità su un quotidiano nazionale, su due quotidiani locali e affiggendo manifesti:
però, mentre ciò risulta più agevole in un piccolo comune, non sarebbe, invece, altrettanto agevole in un
grande comune come quello di Milano. Infatti, questa è una norma di semplificazione dell’amministrazione,
ma particolarmente antidemocratica: perché, le amministrazioni dovrebbero, soprattutto in materia
espropriativa, dare sempre comunicazioni individuali. Ma queste norme creano difficoltà di conoscenza da
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parte dei singoli cittadini, perciò sono di più facile applicazione nei piccoli centri piuttosto che in quelli
grandi. ART. 9: INTERVENTO NEL PROCEDIMENTO
Una volta che si è avuta una comunicazione, si ha una specificazione dettagliata dell’intervento nel
procedimento. La commissione aveva fatto una bozza sull’intervento nel procedimento che prevedeva che
chiunque potesse intervenire nel procedimento amministrativo, ma il termine “chiunque”, inizialmente,
veniva inteso come chiunque avesse interesse. Tuttavia, successivamente la commissione Nigro intese questo
“chiunque” come “qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati”. Ovviamente,
nell’intervenire in un procedimento amministrativo vi deve essere un minimo di interesse, tra i quali vanno
esclusi gli interessi di tipo illecito, quelli meramente irrilevanti (come quelli informativi). Quindi, la
partecipazione viene consentita solo a tutti coloro che abbiano effettivamente un interesse allo svolgimento
di quel determinato procedimento amministrativo (es. rilascio del passaporto). Dunque, un minimo interesse
viene richiesto, seppur non tipizzato, per la partecipazione al procedimento. Oggi, tutto sommato la
giurisprudenza è molto aperta su tale punto e, quindi, concede la partecipazione nel procedimento purché vi
sia un interesse anche non tipizzato o anche indiretto.
L’Italia, però, ha sempre avuto un deficit nella partecipazione al procedimento amministrativo, soprattutto in
tema di pianificazione, di scelte (es. alle scelte di tipo urbanistico): questo deficit è causato dall’idea che chi
si trova in quel momento a fare il sindaco o il consigliere, allora ha il potere; cioè, l’interesse pubblico è, in
Italia, individuato esclusivamente nelle persone fisiche che rivestono il ruolo di pubblici funzionari in un
determinato momento; manca, cioè, la partecipazione popolare.
ART. 10: DIRITTI DEI PARTECIPANTI AL PROCEDIMENTO
I diritti di coloro che intervengono nel procedimento sono contenuti nell’articolo 10 L. 241/90. Dalla norma
di tale articolo si deducono, infatti, i diritti dei partecipanti al procedimento (c.d. diritti partecipativi) che,
però, sembrerebbero molto limitati. Questo perché tali diritti avrebbero, secondo questa norma, due
accezioni:
1. quella di prendere visione degli atti del procedimento: infatti, vi è un diritto di accesso ex art. 22 ss.,
ma esso è piuttosto limitato durante il corso di procedimento amministrativo, perché spesso le
amministrazioni decretano il procedimento amministrativo e non danno accesso ai suoi documenti primo
che esso sia concluso; quindi, ciò significa che non c’è un divieto di accesso agli atti di amministrazioni,
ma solitamente le P.A. tendono a non far accedere ai propri atti fin quando il procedimento non si sia
concluso;
2. possibilità di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare
ove siano attinenti all’oggetto del procedimento amministrativo: a questo punto, si ha una
partecipazione documentale da parte del privato cittadino. Questa partecipazione consiste in un accesso
di tipo documentale, attraverso la quale il cittadino interviene nel procedimento. Questa forma, però, è
molto poco utilizzata: tendenzialmente si ricorre ad essa quando il cittadino ha sicuramente ragione e
l’amministrazione è totalmente fuori strada o quando è la stessa amministrazione ad avere ragione.
Questa forma di partecipazione ha poca applicazione perché fondamentalmente é mancato il c.d. ,
AUDIT
l’audizione personale. L’art. 41 della Carta di Nizza, che riguarda il diritto alla buona amministrazione,
stabilisce come diritto europeo quello di essere ascoltati prima che nei propri confronti venga adottato un
provvedimento pregiudizievole: tale è alla base del principio del contraddittorio, il quale è
profondamente sentito nell’ambito del diritto. Tuttavia, nel nostro Paese, il principio del contraddittorio
è previsto in forma documentale, ma non nella forma dell’audizione personale: cioè, non è prevista una
forma di oralità, ma solo una forma documentale, il che è una limitazione nel far valere le proprie
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ragioni. Invece, l’audit (audizione personale) è necessario nel contraddittorio di altri paesi, anzi la forma
dell’oralità è considerata una vera e propria forma di garanzia della partecipazione dei diritti dei
cittadini. L’audizione personale, infatti, è alla base particolarmente dei processi penali, i quali si basano
sulla partecipazione e sull’oralità. Però, essa dovrebbe necessaria ed obbligatoria in ogni tipo di
procedimento. Quindi, il cittadino può partecipare al procedimento chiedendo dei documenti e
presentando memorie, scritti difensivi, relazioni, documenti e consulenze tecniche e legali. Però,
l’audizione personale è importante sempre, sia quando l’amministrazione si muova su un erroneo
presupposto, sia quando l’amministrazione si muova su un presupposto fondato.
ART. 10 BIS: COMUNICAZIONE DEI MOTIVI OSTATIVI ALL’ACCOGLIMENTO
DELL’ISTANZA
Tale articolo è l’unica vera e propria forma di partecipazione che, oggi, si ha nell’ordinamento giuridico
italiano. Nei procedimenti ad istanza di parte (es. richiesta di passaporto), il responsabile del procedimento,
l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo (es. non posso rilasciare il
passaporto), comunica tempestivamente agli istanti (coloro che hanno presentato la domanda), i motivi che
ostano l’accoglimento della domanda.
Quadro della situazione di fatto e della situazione giuridica: se un cittadino chiede all’amministrazione un
permesso di costruire (interesse pretensivo); l’amministrazione svolge la sua istruttoria ed assume una
decisione, ma prima di esplicitare tale decisione con l’adozione di un provvedimento formale negativo (cioè
non può essere rilasciato il permesso di costruire), essa comunica al cittadino i motivi per cui essa non gli
può rilasciare il permesso (ad es. altezze troppo elevate rispetto a quelle previste dal piano regolatore). A
questo punto, il cittadino può intervenire dire che ciò non è vero poiché egli possiede i requisiti per i quali è
abilitato a richiedere il permesso di costruire.
Questi esempi fanno capire come l’art. 10 preveda che l’amministrazione prima di assumersi delle
responsabilità, prima che la sua decisione diventi inoppugnabile (e pertanto richieda un’impugnazione
dinanzi al giudice amministrativo), viene data una comunicazione. Cioè, la legge specifica che prima
dell’adozione del provvedimento finale, venga prevista l’audizione, sempre in forma documentale, del
cittadino. L’art. 10 bis è solitamente applicato, proprio perché contiene una norma sulla partecipazione
importantissima: grazie ad essa l’amministrazione “chiede” al cittadino se egli ha da dire qualcosa
sull’eventuale negazione di un provvedimento (es. ti nego il rilascio del passaporto), prima di andare ad
emanare, però, il provvedimento definitivo. Inoltre, la norma contenuta nell’art. 10 bis è molto utile per altri
vari motivi. Innanzitutto, è una norma che consente di evitare il contenzioso; è, infatti, una norma deflattiva
del contenzioso dei processi amministrativi, che costano sia ai cittadini che alle istituzioni, ed deflattiva per
numerosi ragioni: ogni anno, infatti, si evitano molteplici contenziosi perché dei provvedimenti
amministrativi vengono annullati, ma non per corruzioni, concussioni o abusi o altri reati, ma semplicemente
perché le amministrazioni sbagliano in buona fede nell’adottare quel determinato provvedimento (ad es.
sbagliano ad interpretare una norma o nella misurazione di qualcosa, nel seguire un procedimento anziché un
altro ecc…). Questa norma, quindi, serve in primo luogo ad evitare l’errore o a correggerlo, perché aiuta
l’amministraz