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IL COLLEZIONISMO COME FORMA CULTURALE

Il curatore di una mostra prende il contesto e fa in modo che gli oggetti della mostra vadano a comporre

una composizione o narrazione → fa in modo che quegli oggetti appaiano in un certo modo.

Bisogna quindi andare a vedere quelle tante persone che interagiscono tra loro per creare quella cosa

chiamata arte che non è individuale e privata ma anzi, è qualcosa di collettivo e di condiviso.

Fare una mostra avere un buget → un finanziamento.

Si tratta di andare a capire come è nato e come è stato reso possibile realizzarlo.

C’è il curatore dei cataloghi, i grafici e si cerca di dare un titolo alla mostra → una volta trovato il titolo si

cerca di dargli una visualizzazione grafica.

Fare una mostra significa avere una comunicazione → perché si vuole suscitare un coinvolgimento emotivo

nelle persone e attrarre gli spettatori per far vedere la mostra e possibilmente rientrare nelle spese della

mostra.

Fare una mostra significa proporsi degli obiettivi molto concreti.

La mostra “l’Africa delle meraviglie” → ha raggiunto l’obiettivo di 40.000 visitatori.

Questo vuol dire che si tratta di una mostra abbastanza di nicchia.

Le mostre che attraggono un gran numero di visitatori → sono quelle mostre che non rischiano, che non

sono particolarmente elaborate ed inseguono i gusti dei consumatori.

La grafica, l’immagine, i colori → nella è a caso, tutto è pensato e costruito per rivolgersi ad un certo

pubblico.

È rivolta ad un pubblico abbastanza raffinato, classico, che rifulge gli eccessi, un pubblico acculturato,

medio borghese → è tutto molto misurato, calibrato, patinato.

Il titolo squilla un po’ di più perché c’è questa idea della meraviglia → è ciò che lascia senza parole, a bocca

aperta.

Per coinvolgere le persone non gli si propongono dei concetti.

Intercetta un modo di vedere o di sentire che sono condivisi da un numero significativo di persone. 17

Si tratta di intercettare le aspettative, l’immaginario che gli italiani hanno sull’Africa → come noi vediamo

l’Africa.

Il tema su cui era costruita la mostra è → il modo in cui in Italia, attraverso le collezioni d’arte, si costruisce

un rapporto con l’Africa → i collezionisti svolgono una funzione di intermediari → costruiscono

un’immagine dell’Africa che è rappresentativa del modo di vedere l’arte africana da parte degli italiani.

L’Africa ci attrae proprio perché ci aspettiamo che ci stupisca, che ci sorprenda.

L’Africa per noi è sempre il territorio di ciò che è totalmente altro rispetto a noi.

È prevedibile che mi aspetti l’imprevedibile.

Se vado a vedere una mostra di arte africana è perché voglio vedere qualcosa di eccessivo, qualcosa che

non trovo qui, qualcosa di esotico.

C’è un’idea di Africa: Africa immaginata dagli italiani.

La prima cosa di cui dovevamo meravigliarci è il fatto che quegli oggetti stavano qui in Italia e non in Africa.

Video: prima sensazione “meraviglia” (non contemplativa, piacevole, godibile) → quindi smarrimento.

Il collezionismo è ossessivo (ripetizione a modo di disco rotto) → il video è piuttosto aggressivo con un

ritmo incalzante.

L’immagine della saracinesca finale → ti faccio vedere dove questi oggetti dopo la mostra ritornano!

Parte della vita di quegli oggetti è in Africa e parte in Italia.

Se la mostra è di arte africana dobbiamo anche chiederci da dove saltano fuori questi oggetti.

L’oggetto della locandina è molto sobrio, molto classico, misurato → un oggetto che corrisponde ad un

gusto particolare quando ci rivolgiamo all’arte africana vediamo una certa Africa, poi vi è un’altra Africa che

è quella delle miserie, delle malattie che non vediamo perché è l’Africa brutta.

Non è tutta l’Africa, è un pezzo!

Ma siccome gli oggetti provengono da collezioni italiane, ci raffiguriamo come vediamo L’africa, ma anche

come vediamo noi stessi → l’Italia ha un passato coloniale che è avvenuto proprio in Africa ma non

abbiamo memoria storica di questo passato coloniale.

Anche il nostro passato in Africa è fatto di torture, stermini, campi di concentramento → abbiamo un’idea

di noi stessi come “brava gente” → che ovunque noi siamo andati, tutto sommato ci siamo sempre

comportato bene.

Questo può avvenire solo perché abbiamo cancellato la nostra memoria storica riguardo le conquiste

coloniali.

Occuparsi solo di una persona e della sua collezione avrà un interesse circoscritto.

L’antropologia cerca di creare delle reti, per confrontare cose diverse.

Possiamo allargarci dal singolo collezionista al collezionismo italiano d’arte africana → collezionismo

internazionale d’arte africana → collezionismo esotico → collezionismo nella modernità occidentale →

collezionismo come attività umana trans culturale.

Collezionare significa costruire un rapporto con gli oggetti che è diverso dal rapporto che si ha con qualsiasi

altro oggetto → è un rapporto di possesso, esclusivo, di gelosie e di invidie.

Feticismo → proprio in generale delle religioni, soprattutto africane, si eleva in maniera errata una cosa

materiale a Dio → si scambia la parte per il tutto → c’è una sorta di deviazione dell’affetto che si concentra

su una cosa anziché un’altra.

Oltre la dimensione effettiva → le collezioni rappresentano un modo per costruire il sapere del mondo.

Come nel collezionismo scientifico non è assente la dimensione affettiva così anche nel collezionismo

privato non è assente il desiderio di conoscenza.

Quando parliamo di collezione parliamo della creazione di un ordine → e li dove c’è ordine c’è sapere.

La collezione si basa su quest’ordine ma allo stesso tempo sulla ricerca, sulla scoperta → manca sempre

qualcosa! 18

Il desiderio del collezionista è quello di arrivare fino in fondo, ma una volta arrivato, la collezione si svuota

di quel sentimento. Quindi il collezionista non vuole arrivare mai fino in fondo perché non vuole smettere

di collezionare.

Il cofanetto è la parte più importante e che fa la collezione → una volta che si ha il cofanetto sei agganciato

e sei dentro la collezione → devi riempire quel cofanetto altrimenti hai fallito!

Il collezionismo è diffuso e si trova dentro alla nostra cultura, ma è anche un prodotto culturale

programmato e pensato per vendere merci.

Il collezionista è anche colui che sacrifica i suoi risparmi in nome della collezione.

Gli oggetti della collezione sono oggetti che vengono sottratti al mondo delle merci per diventare un fine.

Qualunque collezionista in qualche modo adora la propria collezione → vede qualcosa che altri non vedono.

Rende quell’oggetto unico anche se un oggetto non è mai fino in fondo unico poiché è messo in relazione

ad altri oggetti che fanno parte della collezione → il suo valore è stabilito in base anche agli altri oggetti

della collezione.

Anche la casa può essere considerata come una mostra delle nostre collezioni (l’arredamento) poiché

siamo noi a stabilire che cosa entra e che cosa esce.

La collezione è un tentativo di rimanere in vita (molto spesso le collezioni vengono ereditate → molto

spesso non hanno solo un valore economico ma anche affettivo).

Molti prima di morire donano le loro collezioni ai musei in cambio che la sala espositiva sia a loro dedicata

(non è solo un gesto altruistico) → è un momento funebre a loro dedicato.

Nonostante la gente continui a nascere e morire, abbiamo comunque un senso di continuità → una cultura

che passa da una generazione all’altra → questa continuità temporale è dovuta alle collezioni.

Non sono i collezionisti a possedere gli oggetti ma gli oggetti a possedere loro → loro sono solo i custodi.

Gli oggetti possono possederci perché li pensiamo come vivi.

Questo significa che in alcune culture questa cosa viene pensata in altre viene negata ma in realtà fa

comunque parte di noi.

L’idea del costruire sta nel concetto che gli oggetti ci sopravvivono e quindi il nostra possesso è solo

momentaneo.

Il dirsi custode è un modo per nobilitare la propria funzione (si cerca di conservare, preservare una cultura

che sta scomparendo) → è un modo per difendersi dalle accuse che gli vengono rivolte riguardo al fatto che

questi collezionisti contribuiscono ad un mercato illecito → poiché si tratta in genere, di oggetti rubati,

trafugati → portando alcune culture e religioni all’estinzione.

MERCATO DELL’ARTE CONTEMPORANEA

Le modalità con cui questi oggetti possono arrivare in Occidente sono piuttosto oscure → questo viene

criticato perché possono essere segni di disgregazione di determinate culture anziché un modo per

preservare.

Proteggere il valore artistico, affettivo dell’oggetto significa lasciare da parte quell’altra dimensione.

Plattner → sceglie St. Louis (città di provincia degli Stati Uniti) anche New York (centro del mercato

mondiale e centro degli Stati Uniti).

Scegli St. Louis perché l’antropologia parte dall’assunto che per capire certi meccanismi è meglio partire

dalla “periferia” → un ambiente circoscritto e ben identificato.

Il mercato dell’arte → «un mercato in cui i produttori non hanno come primo scopo la vendita, dove gli

acquirenti spesso non hanno idea del valore di ciò che comprano e dove i mercanti esigono il pagamento

per cose che non hanno mai visto e da compratori che non hanno mai incontrato. Benvenuti nel mercato

dell’arte contemporanea!» 19

Partendo da una situazione molto particolare e circoscritta escono fuori delle questioni generali sul posto

che l’economia occupa nella nostra società ed il rapporto tra l’economia ed il mercato dell’arte.

Il mercato dell’arte di New York è un mercato internazionale mentre quello di St. Louis non attira persone

da fuori ma solo gli interessati del posto.

Il guadagno non è detto che deve essere percepito in termini di soldi.

La stessa economia ad un maggiore rischio è connesso un calcolo → maggiore guadagno.

L’antropologo non da un giudizio alla qualità dell’arte ma va a vedere cosa ne pensa chi fa parte di quel

mondo → va a vedere quell’oggetto che è socialmente rilevante.

Gli oggetti hanno una storia → all’inizio sono una cosa, poi diventeran

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
27 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rosea di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia Culturale e dello Sviluppo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano o del prof Bargna Ivan.