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NE
Prestazione prevalentemente personale
o
Sempre il d.lgs 81/2015 permette di stabilizzare i lavoratori autonomi estinguendo gli illeciti amministrativi,
contributivi e fiscali connessi all’erronea qualificazione del rapporto di lavoro.
Il rapporto di lavoro subordinato
La relazione di lavoro subordinato nasce da un contratto. Il contratto di lavoro subordinato si colloca tra i
contratti a prestazioni corrispettive che fa sorgere obbligazioni reciproche. Tuttavia questo contratto ha due
peculiarità:
• L’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, le cui esigenze possono cambiare e che
necessitano di flessibilità di tipo organizzativa. Il datore di lavoro potrà quindi cambiare l’oggetto
del contratto, ovvero la prestazione richiesta al lavoratore
• Nel contratto di lavoro il lavoratore è implicato nel rapporto con tutta la sua persona, in quanto non
ha come oggetto un bene o una somma di denaro. C’è quindi in gioco la vita e la dignità del
lavoratore
In ragione di questi elementi, il diritto del lavoro si pone come obiettivo quello di limitare, regolamentare e
procedimentalizzare i poteri del datore di lavoro.
Per datore di lavoro intendiamo soprattutto l’impresa, ma può anche essere una persona fisica (per i
lavoratori domestici), un’organizzazione che non persegue scopi di lucro, ma opera nell’ambito politico,
culturale o religioso, e infine può essere lo Stato.
Per lavoratore intendiamo invece una persona che ha almeno 16 anni o che ne abbia 15 e che abbia firmato
un contratto di apprendistato.
Il contratto di lavoro subordinato si materializza attraverso la lettera d’assunzione che contiene mansioni,
retribuzione, orario e luogo di lavoro. Il contratto di lavoro a tempo indeterminato è a forma libera e non
è richiesta la forma scritta. In aggiunta si prevede l’indicazione del CCNL eventualmente applicato. Dopo
la sottoscrizione del contratto il DdL comunica a INPS e Ministero del Lavoro l’attivazione di un nuovo
rapporto di lavoro. In assenza di tale comunicazione il lavoratore sarà stato assunto in nero.
3
Nei contratti a tempo indeterminato è spesso prevista una clausola di prova cui le parte condizionano lo
svolgimento e la prosecuzione del rapporto. Si tratta di una clausola accessoria e il rapporto di lavoro è
subordinato all’espletamento della prova con soddisfazione da ambo le parti. Durante questo periodo il
rapporto può essere interrotto in qualunque momento. Il patto di prova è soggetto a limiti: è richiesta la
forma scritta e può durare per un periodo massimo stabilito dal CCNL. Se l’impresa non applica alcun CCNL
o se questo nulla dice a proposito, la legge stabilisce che il periodo di prova non può eccedere i sei mesi.
Poteri e obblighi delle parti
Nel rapporto di lavoro subordinato la posizione del datore di lavoro è prevalente per via dell’attribuzione di
tre poteri:
• Potere Direttivo: è il potere di impartire direttive al lavoratore nell’ambito dello svolgimento della
prestazione di lavoro e prevede anche l’esercizio dello jus variandi, ovvero il potere di modificare le
mansioni unilateralmente
• Potere di Controllo: è il potere di controllare il corretto svolgimento della mansione, garantendo
però la dignità e la riservatezza del lavoratore
• Potere Disciplinare: è il potere di impartire sanzioni disciplinari in caso di inadempimento
contrattuale. È anche questo un elemento peculiare rispetto a tutti le altre forme contrattuali. La
legge prevede tale possibilità perché l’interesse del DdL è la funzionalità dell’impresa che potrebbe
essere danneggiata da un comportamento del lavoratore. Tale potere è dunque fornito per prevenire
l’inadempimento.
A questi poteri sono opposti gli obblighi del lavoratore:
• Obbedienza
• Diligenza (ex art.2104): seguire le direttive in maniera diligente, corretta ed efficace
• Obbligo di fedeltà (ex art.2105): non svolgere attività in concorrenza con la propria impresa
attraverso comportamenti infedeli. Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, in conto proprio o
di terzi, in concorrenza col datore di lavoro. Non deve divulgare notizie che attengono
all’organizzazione ai metodi e all’organizzazione dell’impresa o utilizzare tali notizie per recare
pregiudizio al datore di lavoro.
Tuttavia l’ordinamento riconosce anche alcuni diritti
• L’articolo 2094 c.c. riconosce la retribuzione come elemento fondante. La retribuzione non è stabilita
liberamente dalle parti. L’articolo 36 della Costituzione prevede che la retribuzione sia sufficiente ad
assicurare una esistenza libera e dignitosa
• L’orario di lavoro non può eccedere un certo limite in modo da non pregiudicare la salute del
lavoratore 4
Affrontiamo ora nello specifico i poteri datoriali
Potere direttivo e Jus Variandi
Come abbiamo già visto il potere direttivo è il potere di impartire direttive al lavoratore nell’ambito dello
svolgimento della prestazione di lavoro e prevede anche l’esercizio dello jus variandi, ovvero il potere di
modificare le mansioni unilateralmente. Il legislatore nel 2015 ha ampliato notevolmente la possibilità di
cambiare le mansioni del lavoratore allo scopo di rendere più flessibile il rapporto di lavoro. Tutto parte
dall’art. 2103 c.c. modificato dall’art.13 della legge 300/1970 rimasto inalterato fino al 2015.
Cominciamo però ad introdurre alcuni concetti chiave come quello di mansione, categoria legale,
inquadramento e livello contrattuale.
• La mansione è il contenuto della prestazione di lavoro, ovvero l’attività svolta dal lavoratore e
indicata nella lettera d’assunzione. Il lavoratore che stipula un contratto ha tra i suoi diritti quello di
svolgere le mansioni per le quali è stato assunto. Tanto è vero che un lavoratore lasciato volutamente
inattivo può pretendere il risarcimento del danno alla propria dignità e professionalità, che consiste
nel bagaglio di conoscenze teoriche e pratiche accumulate e impiegate nello svolgimento della
propria mansione. La professionalità deve essere analizzata da un ulteriore punto di vita: è quel bene
che consente di trovare una nuova occupazione nel caso in cui si perda il posto di lavoro. È quindi un
bene che l’ordinamento di propone di tutelare e le limitazioni alla variazione delle mansioni sono
volte a tutelare tale bene
• L’inquadramento: le mansioni hanno contenuti e livelli di responsabilità diversi. L’articolo 2095
c.c. prevede che alla diversità di mansioni siano riconosciuti livelli diversi. Sulla base di questi livelli
si articolano le categorie legali di dirigenti, quadri, impiegati e operai.
Alle categorie legali si affiancano i mansionari dei CCNL, che consentono l’individuazione delle mansioni
più frequenti delle imprese di un determinato settore e il conseguente inquadramento da parte delle parti
sociali. I CCNL hanno il compito di dividere gli inquadramenti in livelli cui corrispondono livelli di
retribuzione minimi.
Jus Variandi
La disciplina dell’articolo 2103 c.c. è stata modificata dall’articolo 3 del d.lgs. 81/2015. Prima di tale
importante modifica era in vigore la disposizione così come modificata dallo Statuto dei Lavoratori nel 1970,
la quale andava a creare una disciplina molto rigida per la quale i limiti imposti al datore di lavoro erano
invalicabili (“ogni patto contrario è nullo”). L'art. 2103 c.c. pre Jobs Act prevedeva che il prestatore di
lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria
superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente
svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione.
La ragione di tale scelta era semplice: non si può concedere al datore di lavoro un potere più ampio di quello
della legge per via della debolezza del lavoratore nel rapporto di lavoro. Il lavoratore può essere deputato a
mansioni equivalenti da parte del datore di lavoro, il quale esercita un potere unilaterale cui il
lavoratore non si può opporre.
È quindi il concetto di equivalenza a costituire il limite posto al potere del datore di lavoro. Tuttavia questo
concetto non era definito dalla legge ed è stato quindi oggetto dell’interpretazione giurisprudenziale. Molte
sentenze portarono a orientamenti diversi, ma un unico filo conduttore sembrava individuare come
equivalenti quelle mansioni che per essere svolte necessitano di una simile professionalità, intendendo per
professionalità sempre quel bagaglio di conoscenze teoriche e pratiche accumulate e impiegate nello
svolgimento della propria mansione. E’ bene però sottolineare come equivalenza non significhi uguaglianza
e che il concetto di eguaglianza debba essere articolato in due accezioni:
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Il primo approccio fu quello dell’equivalenza oggettiva, secondo il quale due mansioni sono equivalenti ai
sensi dell’articolo 2103 cc. se sono inserite dal CCNL nello stesso livello di inquadramento. È quindi già
intervenuta una valutazione delle parti sociali cui il giudice si uniforma. Questa interpretazione nasconde
però il rischio che mansioni profondamente diverse tra di loro, come il cuoco e l’operaio metalmeccanico
impiegati presso la stessa azienda, siano inserite nello stesso livello di inquadramento. A tal proposito la
giurisprudenza capisce che l’approccio oggettivo è molto scivoloso ed espone i lavoratori cui viene cambiata
la mansione al notevole rischio di inadempimento: per rimanere all’esempio di cui sopra, difficilmente un
cuoco assegnato alle mansioni di operaio metalmeccanico sarà in grado di non risultare inadempiente dal
punto di vista contrattuale e dunque esposto a sanzioni (e viceversa per l’operaio assegnato alle mansioni di
cuoco). La giurisprudenza tentò dunque la strada dell’equivalenza soggettiva secondo la quale il lavoratore
può essere assegnato a mansioni dello stesso livello di inquadramento, ma che per essere svolte richiedano il
medesimo bagaglio professionale. Il giudice deve quindi fare una valutazione tra le mansioni precedenti e
quelle nuove. In questo caso il CCNL è utile, ma non permette di risolvere completamente la questione.
Proprio a tal proposito, nel 2006 la Cassazione interviene sulla clausola del CCNL delle Poste che inseriva
nello stesso livello di inquadramento lo sportellista e il postino. Quindi prima del 2015 tutto ruotava
attorno al concetto di equivalenza.
Secondo l’articolo 2103 c.c. il lavoratore può pretendere la retribuzione conforme alle mansioni
effet