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COUNSELING
Libri
- Counseling: prospettive e applicazioni. Come nasce il counseling e come si sviluppa in Italia, con
relative problematiche; specificità del counseling psicologico clinico. Empatia, per l’inquadramento della
relazione clinica nel counseling.
- Un breve viaggio nella propria mente. Lavori di due servizi di Londra: Tavistock Clinic, con relativo
modello di lavoro; Brent Consultation Centre, modello diverso ma parametri simili (autosegnalazione
come elemento molto importante per la relazione; alleanza con le parti adulte del cliente per sviluppare
le risorse come intervento di sostegno; uso del concetto di transfert e controtransfert per capire i
modelli relazionali disfunzionali che possono essere all’origine del disagio attuale; lavoro sulle ansie di
separazione che vengono riattivate nel setting di counseling che prevede 4 incontri), si rivolge agli
adolescenti lavorando su 8-10 incontri e si è trasformato in servizio per adolescenti gravemente
disturbati per inviarli in psicoterapia.
- Counselling psicodinamico con adolescenti e giovani adulti. Interventi di counseling a volte
sovrapponibili a psicoterapia breve. Presenta un modello che va da poche sedute a qualche anno. È
psicoanaliticamente orientato, si rifà a teorie psicodinamiche. Viene data importanza alla storia
personale, alla realtà interna ma anche a quella esterna: importanza dei meccanismi inconsci che
portano a relazioni disfunzionali. Utilizzo del concetto di lutto con perdita della centralità del sé in
adolescenza.
Counselling significa consolare, confortare, venire in aiuto, consigliare. È tradotto in italiano col verbo
consultare, come ricorso a competenze superiori per necessità contingenti. Il termine counseling è stato
genericamente esteso a tutte le relazioni d’aiuto.
Il counseling in realtà è diverso dal consiglio: nel primo caso la relazione è con un esperto ed è finalizzata alla
ricerca di una strategia per rendere possibili scelte o modifiche, creando le condizioni perché la persona trovi
da sé soluzioni; nel secondo caso la relazione è paritetica e si tratta di suggerire. C’è una relazione
asimmetrica rispetto al problema in questione. Il risultato è che la competenza delle due persone si avvicina e
una delle due soffre di meno, diventa meno disabile, meno confusa. L’aiuto può assumere diverse forme,
perciò la relazione d’aiuto è un ambito vasto.
Ci sono relazioni professionali che implicano l’aiuto non improntate a dare beneficio psicologico, ma che ne
danno come risultato secondario (insegnanti, medici). Il counseling ha come obiettivo specifico il cambiamento
psicologico, con attenzione a dimensioni psicologiche, emotive, cognitive e relazionali. Deve esistere un
contratto specifico tra operatore e utente sul come mai si trovano lì.
La competenza del counselor non si occupa del problema, ma dello sviluppo delle risorse e capacità del
cliente. È difficile portare il cliente a una nuova consapevolezza, più facile sarebbe consigliare o seguire un
percorso di analisi approfondita. Per aiutare la persona nel counseling si può promuovere collegamenti tra le
cose che emergono.
Il tempo che trascorre tra le sedute è importante che non sia troppo lungo né troppo breve perché bisogna
dare modo al paziente di pensare, lavorare su di sé. Importante è rispettare la capacità del cliente di
autodeterminarsi.
Be-frending: professione in cui l’operatore assume un ruolo di amico nei confronti di persone socialmente
isolate.
Giudance o orientamento: setting più definito.
Counseling skills: competenze utili per migliorare il proprio lavoro nel proprio ambito professionale.
Nel counseling la relazione è lo strumento usato esplicitamente.
In Italia nasce l’AURAC per dare un’organizzazione ai servizi di counseling che stavano nascendo nelle
università.
Definizione del counseling che specifica gli aspetti di comunicazione come strumento centrale, verbale e non
verbale; concetto di crisi, identificare e trovare soluzioni a momenti di crisi specifici, non si occupa di
psicopatologia; distinzione tra specifica relazione professionale d’aiuto e attitudine individuale di aiuto.
La nascita del counseling
Intorno agli anni Venti del ‘900. Nasce negli USA. Le figure che fanno counseling iniziano a essere presenti nel
settore del disagio sociale, iniziano ad operare in modo spontaneo e provengono anche dal campo educativo.
In Italia arriva ottant’anni dopo la sua comparsa nei paesi anglosassoni.
Nasce dalla psicologia delle differenze individuali. Nasce all’interno delle attività di orientamento (per
ricollocare professionalmente i soldati al rientro dalla guerra).
Parson si rende conto che il counseling comincia a raccogliere anche altre esigenze oltre a quelle di
orientamento. Diventa presto anche counseling personale per adolescenti e giovani adulti in contesti educativi.
Il primo riferimento ufficiale al termine counseling si ha nel 1939. Nel 1946 l’APA crea la divisione di
Counseling and Guidance, quindi cominciano a porsi le questioni sulla formazione degli operatori. In USA i
counselor cominciano a identificarsi sempre più come psicologi, inizialmente comportamentisti poi ad
orientamento psicodinamico.
1942, Carl Rogers: counseling come psicoterapia di consultazione per disagi di adattamento; per evitare la
protesta degli psicoterapeuti che erano medici usa il termine cliente anziché paziente.
Nel UK inizialmente settore educativo – orientamento; 1976 viene fondata la British Association for
Counseling. Negli anni ’80 però vengono identificate col termine counseling attività fatte da operatori diversi
per far fronte al disagio di quel periodo.
Si arriva infine a considerare il counseling sotto tre punti di vista: professione indipendente, counseling skills,
counseling psicologico. Il counselor professionale deve ottenere un diploma o seguire un master in
counseling, cui si accede con una laurea qualsiasi o esperienza professionale. Il counselor psicologico invece
deve avere un master universitario triennale cui si accede con una laurea in psicologia.
In Italia attualmente il counseling on è una professione regolamentata. Al momento dell’arrivo del counseling
non c’è una regolamentazione nemmeno per la psicoterapia. Nasce negli anni ’80 quando ci si trova a gestire i
problemi derivanti dall’AIDS: si iniziano a realizzare corsi sul counseling per professionisti come attività di
sostegno e informazione. Nel 1989 viene regolamentata la psicoterapia, ma il counseling viene escluso.
Diverse prospettive teoriche rientrano nel counseling: psicologia umanistica, interventi per trovare soluzioni ad
un problema specifico, quindi forma di intervento non direttivo rivolto al cliente, finalizzato alla chiarificazione,
si basa sull’ascolto empatico; teoria psicoanalitica, offre uno spazio di ascolto per avviare una diversa
percezione e accostamento alle difficoltà, attenzione all’importanza del setting (esterno ed interno);
orientamenti che si occupano della separazione psicologica, processo di adattamento nell’arco della vita, ruolo
dei processi cognitivi; comportamentismo e cognitivismo.
Nel counseling il transfert non può essere interpretato in senso genetico, cioè dentro la storia dell’individuo.
I CONCETTI PSICODINAMICI ALLA BASE DEL COUNSELING
I modelli del counseling psicodinamico sono quelli delle relazioni oggettuali, poiché le relazioni disfunzionali
possono essere all’origine dei problemi portati. Non esiste un determinismo causale, ma ciò che è intercorso
nelle primissime relazioni condiziona le esperienze successive.
In un modello bio-psico-sociale esistono caratteristiche individuali e ambientali in interazione continua.
Secondo la Klein il modo in cui ci relazioniamo col mondo esterno dipende dalle pulsioni innate, è innatista;
Winnicot invece è ambientalista (madre sufficientemente buona), ciò che siamo dipende dalle cure che
abbiamo ricevuto.
Ciò che interessa è la dinamica mondo esterno- mondo interno: il mondo interno è il sistema attraverso cui
leggiamo il mondo esterno. Le crisi spesso intervengono quando le aspettative sul mondo esterno sono
violate. Tutti i comportamenti sono logici e significativi all’interno di uno specifico sistema personale.
A volte crescita cronologica ed emotiva non vanno di pari passo; la mancanza di congruenza può portare a
crisi, che spesso si verificano quando si desidera rimanere ancorati a qualcosa di precedente, non si vuole
affrontare il cambiamento.
Il sintomo può essere la punta di un iceberg. La personalità non è un sistema dato una volta per tutte, ma
esiste una dialettica che include le relazioni con gli altri, i propri valori e la relazione con se stesso. L’equilibrio
viene ristrutturato continuamente. Il sintomo può anche derivare da meccanismi di difesa inefficaci (acting out,
razionalizzazione, identificazione proiettiva). Qualunque aspetto patologico rappresenta sempre il miglior
compromesso che la persona è riuscita a trovare fino a quel momento.
Spesso il solo parlare per la prima volta di una cosa già porta un cambiamento, perché crea collegamenti tra
le cose che sono presenti nella mente del soggetto che da solo non riusciva a fare.
Per Winnicot un ambiente che sia costante e prevedibile, anche se in senso negativo, è meglio che un
ambiente imprevedibile o che cambia radicalmente da un certo momento in poi. Importante è il sistema di
aspettative che ci creiamo perché a volte cerchiamo cose che le rispettino, anche se ciò può essere
improduttivo.
Ci si è resi conto che non è tanto l’evento traumatico eclatante a lasciare il segno, ma le piccole esperienze
ripetute e durature, che poi agiscono a livello conscio e inconscio.
Il nostro sistema inizia a costruirsi dalle primissime relazioni, poiché inizialmente il bambino ha una vaga idea
del suo mondo interno e del mondo esterno. La Noonan riprende alcune teorie oggettuali dello sviluppo: fase
globale, non c’è vera differenziazione tra interno ed esterno, nell’ottica di Winnicot c’è senso di onnipotenza
del bambino, idea magica di creare il mondo in base ai suoi bisogni perché quando piange il caregiver
interviene per la maggior parte delle volte in modo corretto; fase buono o cattivo, posizione schizo-paranoide
secondo la Klein, differenziazione netta tra ciò che fa star bene o no; differenziazione interno- esterno e
categorie intermedie tra buono e cattivo, riconosce se stesso e gli altri come esseri autonomi. Si può rimanere
bloccati ad una fase per due motivi: il bambino non ha risolto le ansie presenti in quella fase o non è stato
gratificato; la gratificazione è stata molto s