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Tutta la distinzione tra ciò che, da un punto di vista morfologico, è etichettato come naturale,
prevedibile, motivato, e ciò che non lo è, viene ripresa in una visione contemporanea. Tra il 1980 e
il 1990, si è sviluppata una scuola di pensiero chiamata Morfologia naturale, i cui sostenitori
ricercano degli elementi di naturalezza e iconicità nella grammatica con strumenti diversi. Gli
studiosi austriaci Dressler, Wurzel, Mayerthaler hanno fondato questa corrente di pensiero e hanno
portato sempre nuove documentazioni a supporto della loro teoria, i cui presupposti sono l’iconicità
(così come viene intesa dai semiotici come Peirce), la diagrammaticità e la marcatezza. Questi tre
studiosi sono degli strutturalisti e inscrivono tutte le loro concezioni in opposizioni, perché non si
può l’uno senza l’altro. Ciò che è naturale è prevedibile e facilmente processabile dalla mente
umana. I concetti della diagrammaticità e della marcatezza sono strettamente correlati
Diagrammaticità secondo Jakobson: high – higher – highest c’è diagrammaticità, perché il
significante e il significato aumentano contemporaneamente.
Per quanto riguarda la marcatezza, si tratta di un concetto chiave dello strutturalismo, che nasce in
fonologia: un fonema può essere marcato rispetto a un altro non marcato. Si coglie la marcatezza
anche ai livelli grammaticale e lessicale: dogs è marcato rispetto a dog, così come b è marcato
rispetto a p per la presenza di sonorità, studenti è non marcato (perché si indicano sia uomini sia
donne), studentesse è marcato. Anche in questi casi si riconosce una certa diagrammaticità, perché
gli elementi marcati sono più lunghi, la marcatezza è percepibile.
Questi presupposti si possono disporre secondo una scalarità, in quanto le opposizioni includono
molteplici termini, che mettono in evidenza proprio la gradualità. La marcatezza può essere di
diversi gradi: dogs è marcato (naturale) rispetto a dog, wives (meno naturale) è ancora più marcato,
perché rispetto a wife subisce anche la trasformazione della desinenza; in feet (ancora meno
naturale, imprevedibile) la marcatezza è ancora maggiore, perché è molto diverso dalla forma
singolare foot.
In italiano: cane – cani avviene una sostituzione e nessuna aggiunta, quindi, non è molto naturale
Uomo – uomini è una forma parallela a wife – wives, perché presenta un allungamento della forma
al plurale (che nella normalità è considerato come un plurale irregolare, ma nell’ambito di questa
teoria, uomini è più naturale di cani).
Tuttavia, c’è anche chi si muove in un ambito completamente opposto a questo, definendo la
morfologia, considerata in blocco, come qualcosa di assolutamente innaturale, come una malattia
delle lingue, che le fa funzionare male e le rende difficilmente fruibili. Lo studioso che sostiene
questa visione è il morfologista americano Mark Aronoff, che scrive sulla rivista Language,
l’organo ufficiale della Linguistic Society of America, di cui è stato anche presidente ed editore. La
concezione della morfologia come una patologia è dimostrata dal fatto che ci sono lingue come
l’eschimese o il navajo, lingue amerindiane, che funzionano molto peggio di altre, perché hanno
molta morfologia, e dall’esistenza di lingue che funzionano bene anche senza morfologia. In questa
posizione, Aronoff esprime un giudizio di valore sul funzionamento delle lingue, che rovescia
assolutamente i termini canonici. Per tutto il XIX secolo e per gran parte del XX secolo, le lingue
flessive, con molta morfologia, sono state considerate migliori rispetto alle altre. Le lingue senza
morfologia sono le lingue isolanti, in cui c’è soltanto lessico. Le lingue polisintetiche sono
considerate come lingue iperflessive, in cui le parole (definite anche frasi in alcuni casi) presentano
varie determinazioni che normalmente vengono veicolate da lessemi che intervengono nella frase, è
come se ci fosse un concentrato di morfologia in una parola.
XII Lezione – 11.04.17
Una scuola di pensiero concepisce la morfologia come qualcosa di economico, funzionante e
funzionale ai processi mentali, infatti, si parla di morfologia naturale. Tuttavia, c’è anche un’altra
scuola, che sostiene una visione diametralmente opposta e considera la morfologia come una
malattia e come qualcosa di disfunzionale. In realtà, in questi discorsi non c’è semplicemente un
livello descrittivo, ma ci sono anche dei giudizi di valore. Aronoff dichiara che la morfologia non
sia naturale e confacente ai meccanismi mentali, questo comporta un capovolgimento dei giudizi
attribuiti ai diversi tipi morfologici. Per cui, in questa visione il tipo isolante, cioè senza morfologia,
sarebbe un tipo sano; il tipo agglutinante sarebbe malaticcio, mentre il tipo flessivo sarebbe
malatissimo. Le lingue isolanti sarebbero funzionali, perché presentano un modello a entità e
disposizioni, cioè esistono le entità, che sono i lessemi, e non c’è morfologia. Si opera soltanto la
disposizione degli elementi, ovvero la sintassi, quindi, morfologia e sintassi coincidono così come
morfema e parola. Le parole sono tendenzialmente monomorfematiche e le forme sono tutte libere;
per questo motivo una lingua isolante è facilmente gestibile ed è considerata una lingua perfetta.
Aronoff fa riferimento al vietnamita, considerato come lingua isolante per eccellenza, perché
presenta molte caratteristiche di isolamento grammaticale. In vietnamita, la frase quando giunsi a
casa del mio amico, cominciammo a preparare la lezione è costituita da 12 elementi lessicali
separati e monomorfematici. C’è un elemento, toi, utilizzato per il pronome personale e come
aggettivo possessivo di prima persona; questo dimostra l’economicità e la funzionalità della lingua,
poiché uno stesso lessema viene usato in modo motivato in funzioni diverse. Inoltre, toi ritorna
anche quando si fa riferimento al pronome personale plurale noi: toi-chung, in cui chung è la marca
di pluralità. Il suppletivismo è presente sempre nei pronomi personali, che vanno sempre distinti. In
quasi tutte le lingue, i pronomi singolari e plurali si manifestano con radicali diversi. Per esempio,
l’uso in inglese del pronome you sia per il singolare sia per il plurale è molto atipico; tuttavia, si
tratta del pronome di seconda persona, quelli di prima persona sono diversi.
Nell’ottica di Aronoff, questa caratteristica del vietnamita è molto significativa, servirebbe a
mostrare come una lingua può funzionare senza morfologia, in modo economico, utilizzando gli
stessi lessemi in combinazione con altri. Nelle lingue agglutinanti, lo schema a entità e disposizioni
si perde, perché emergono due tipi di entità, il morfema lessicale e il morfema grammaticale,
quindi, il morfema e la parola non coincidono e ogni morfema è portatore di un determinato valore
grammaticale. Per esempio, in ungherese, i morfemi si aggregano al nucleo lessicale: kert significa
giardino, kertben significa in giardino, -ben è sempre la marca di locativo, non è la base a
selezionare una marca di locativo diversa. Kertekben significa nei giardini, il morfema ek è la marca
del plurale. In questo senso, l’ungherese non è proprio malatissimo, perché la morfologia è
abbastanza semplice. Le parole delle lingue agglutinanti sono formate da molti morfemi, che sono
tuttavia facilmente processabili e analizzabili, in quanto non si verificano fenomeni di fusione.
Inoltre, si riconosce sempre il valore grammaticale di alcuni elementi, perché è sempre lo stesso.
Nelle lingue flessive, per indicare nei giardini, si ha una forma come hortibus, in cui -ibus è marca
di plurale e locativo. Questo sarebbe, per Aronoff, un tratto di malattia, perché diventerebbe di
difficile gestione per il parlante. Le lingue flessive, nell’ottica degli autori greci, porterebbero un
altissimo grado di anomalia.
Negli studi legati all’ideologia linguistica, si è evidenziato come alcune lingue siano più capaci di
altre di esprimere certi contenuti, ma in realtà questa supposizione è infondata, in quanto tutte le
lingue possono esprimere tutti i contenuti e le relative sfumature semantiche.
La morfologia naturale si concentra sui tratti che sono naturali, in quanto, da un punto di vista
cognitivo, sarebbero più facili per il parlante. Gli studiosi della scuola austriaca individuano tre
principi di naturalezza morfologica e che sarebbero trasversali in tutte le lingue; quindi, si
allontanano dall’ottica di Aronoff della tipologia linguistica, perché il loro discorso è trasversale.
Questi principi sono: l’iconicità di costruzione, l’uniformità di codifica o biunivocità, la trasparenza
morfotattica e morfosemantica. Con l’iconicità di costruzione si intende dire che le forme, costruite
in modo tale per cui ci sia una correlazione tra la forma e il contenuto, sono più naturali. Quando si
fa riferimento all’iconicità, si riprende la diagrammaticità di Jakobson. Per esempio, una forma
costruita in modo iconico è una forma del plurale più lunga di quella del singolare. In quest’ottica, è
innaturale che il pronome personale noi sia espresso da due lessemi separati, toi-chung, non si
coglie la pluralità della forma. La correlazione tra espressione e contenuto fa sì che queste forme
siano iconiche e, quindi, analogiche. Invece, le forme delle lingue isolanti sono digitali, perché sono
delle cifre separate. Quindi, l’iconicità può essere più o meno marcata.
Da un punto di visto fonico, le forme del plurale iconiche devono essere più lunghe di quelle del
singolare; quindi, Dressler afferma che queste forme possono essere disposte secondo una scalarità,
partendo da ciò che è più iconico, più naturale fino ad arrivare a ciò che è meno iconico.
La forma del plurale altamente iconica è la creazione del plurale dei nomi in indonesiano, perché si
esprime attraverso il raddoppiamento della parola. Orang uomo – orang orang uomini (iconicità
massima è la proprietà, che le diverse parti del linguaggio possiedono, di raffigurare, come
un’icona, i valori semantici).
Al secondo livello, la forma del singolare è più breve rispetto a quella del plurale: kert – kertek, dog
– dogs.
Al terzo livello, non avviene un aumento della forma del significante: cane – cani, foot – feet,<